FILM IN TV – Il generale Della Rovere, di Roberto Rossellini

Nel dissidio interno tra realtà e rappresentazione, Rossellini passa miracolosamente dalla forma semi-documentaristica all’artificio della finzione scenica. Sabato 19 marzo, ore 2.59, Iris

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Gli ingredienti sono sempre quelli, il mondo e gli uomini. C´è un mondo che appartiene alla fantasia e uno che appartiene alla realtà: quello del documento, del neorealismo. E mi riferisco in questo caso proprio alla realtà più piatta, più polverosa, più umile. Perché per me la ricerca dell´umiltà è la cosa più importante, specie se ci si vuole dare un´etica, se si vuol raggiungere una certa morale”. Roberto Rossellini

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Il generale Della Rovere nasce su un doppio tradimento. Quello del racconto di Indro Montanelli nei confronti della realtà storica (la trasfigurazione della propria esperienza personale nel carcere di San Vittore nel 1944) e quello di Roberto Rossellini nei confronti di tale matrice letteraria con un ribaltamento dei rapporti vero-falso e della dialettica Cinema-Storia. Non è un caso la scelta di fare interpretare a Vittorio de Sica il truffatore Emanuele Bardone, costretto a indossare i panni di un partigiano illustre (il Generale Fortebraccio Della Rovere) assassinato dai nazisti ma fatto credere ancora vivo per stanare il capo della Resistenza milanese. Rossellini riflette sul neorealismo della sua trilogia della guerra (Roma città aperta, Paisà, Germania anno zero) e lo sconfessa parzialmente cambiando il punto di vista.

il generale della rovereLa scena cardine (poi tagliata nella versione distribuita nelle sale) è quella del commento del falso generale Della Rovere al murales dipinto da un detenuto pittore. Viene contestata all’artista la rappresentazione di Napoli senza i locali Zì Teresa e La Bersagliera e di Firenze senza il campanile di Giotto. Rossellini sta in realtà confutando il concetto di verosimiglianza fattuale ovvero della possibilità dell’artista a riprodurre fedelmente il reale: al contrario il Cinema può mantenere attraverso la verosimiglianza del possibile un legame con l’universale, mentre la Storia rimane irrimediabilmente legata al particolare. Non è un caso che Rossellini dopo Era notte a Roma (1960) virerà decisamente verso il documentario televisivo proprio per esaltare lo spirito didattico della sua produzione. Eppure proprio in questo dissidio interno tra realtà e rappresentazione, tra attore e personaggio storico realmente esistito, Rossellini riesce miracolosamente nell’ingrato compito di passare dalla forma semi-documentaristica all’artificio della finzione scenica riportando intatto un dramma collettivo. Quasi tutti gli esterni sono ricostruiti in studio e la scenografia riesce a rendere bene l’idea di una Genova bombardata e lacerata, percorsa dalla sirena degli imminenti attacchi. Il sapiente uso della luce rende gli interni del carcere di San Vittore claustrofobici; le scritte sulle pareti della prigione assumono un “memento mori” per il giocatore d’azzardo mediocre e pavido, costretto spalle a muro. Il percorso etico di Emanuele Bardone è ritmato dai bombardamenti, dalle urla, dalle torture, dalla solitudine delle vedove di guerra, dalla crudeltà del tradimento di due donne che continuano ad amarlo nonostante ne abbiano scoperto l’inganno (la ballerina Giovanna Ralli e la prostituta Sandra Milo).

Rossellini per la prima volta usa lo zoom per enfatizzare la completa aderenza del piccolo malvivente nel ruolo del grande generale: mentre le luci delle esplosioni sembrano annunciare il crollo definitivo della prigione, Bardone- Della Rovere erompe in un monologo trascinante che ribadisce la fermezza dei propri valori di fronte a un vile compromesso. Il regista-colonnello Muller (Hannes Messemer) utilizza lo stesso metodo di Bardone per un ennesimo gioco di prestigio, messo in atto nella stupenda scena dell’incontro con la vedova Della Rovere: davanti a una foto da album di famiglia, Bardone alla fine taglia i fili di marionetta ed è pronto per vivere la sua notte di redenzione.

vittorio de sica in il generale della roverePremiato a Venezia nel 1959 con il Leone d’oro ex equo con La Grande Guerra di Monicelli (con cui condivide più di un punto tematico), Il generale Della Rovere è l’ eccezionale documento di un regista che mette in discussione i presupposti filosofici del Neorealismo fornendo un parallelo emozionante sul potere della rappresentazione cinematografica e sulla drammaticità del destino del singolo individuo di fronte alla Storia. Al netto di tutte le critiche miopi che sono piovute da destra e da sinistra mostrando ancora una volta come Rossellini fosse almeno vent’anni avanti ai suoi contemporanei, Il generale Della Rovere è un film etico che fa della ricerca dell’umiltà il suo punto di forza: il personaggio crivellato di colpi sotto il murales della verisimiglianza è un attore baro che è rimasto abbagliato dallo splendore del vero. Nella sua perfetta interpretazione, De Sica non fa che resuscitare una figura meschina strappandola dall’oblio di una morte anonima. E cosi che l’emozione suscitata nello spettatore è quella della verosimiglianza del possibile che distingue la poesia del Cinema dalla oggettività della Storia.

Regia: Roberto Rossellini

Interpreti: Vittorio De Sica, Hannes Messemer, Sandra Milo, Giovanna Ralli

Durata: 133′

Origine: Italia 1959

Genere: drammatico 

Sabato 19 marzo, ore 2.59, Iris

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