FILM IN TV – Il ponte sul fiume Kwai, di David Lean

Lean sa unire grandi scene d’azione con originali sfumature psicologiche. Grandi incassi, 7 Oscar e Alec Guinness alla migliore prova della sua carriera. Oggi alle 22.45 e domani 8.30. Sky Classics

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“Sam Spiegel ed io sentivamo che Kwai aveva rivelato un certo modello: metteva in luce un tema generale esaminando da vicino la situazione di un uomo (l’eccentrico colonello Nicholson) posta dal destino in una interessante località straniera. Eravamo convinti che il modello in sé fosse artisticamente importante e che ora avremmo potuto esaminarlo in maniera più approfondita.” David Lean

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L’incontro di due culture, quella orientale e quella occidentale, e il percorso autodistruttivo di un uomo che varca i confini della ragione per percorrere i territori deserti del proprio cuore di tenebra. Il ponte sul fiume Kwai nasconde dietro l’impianto epico-spettacolare una lucida disamina sul circolo vizioso che alimenta conflitti privati e guerre globali: David Lean individua nel ponte l’immagine simbolo di questa contraddizione, una costruzione-distruzione compiuta al passo di una marcetta militare, “the Colonel Bogey March”, motivo entrato di diritto nella storia del cinema e omaggiato con la Marcia di Topolino di Stanley Kubrick nel finale di Full Metal Jacket.

alec-guinnes-sessue-hayakawa-il-ponte-sul-fiume-kwaiIl film è nettamente diviso in due parti: nella prima campeggia il duello tra l’ufficiale giapponese Saito (Sessue Hayakawa) e il suo prigioniero Nicholson (Alec Guinness); l’iniziale rudezza dell’orientale impatta con la forza del britannico che continua ad appellarsi alla convenzione di Ginevra e si rifiuta di prestare i propri ufficiali come manodopera per costruire lo strategico ponte. La fonte letteraria è l’omonimo libro di Pierre Boulle che racconta la creazione, tra Bangkok e il confine birmano, della “Ferrovia della Morte” che costò la vita a tantissimi prigionieri alleati durante la Seconda guerra mondiale; alla sceneggiatura collaborarono Carl Foreman e Michael Wilson, finiti fuori dai crediti perché nella lista nera di McCarthy. Dopo questo incontro-scontro tra Saito e Nicholson, fatto di minacce, torture, punizioni, l’orgoglio inglese ha la meglio sulla dignità giapponese. Emblematico il dialogo tra i due ufficiali alla conclusione del progetto con le parole rivelatrici, quasi Conradiane di Nicholson: “Purtroppo a un certo punto ci si accorge di essere più vicini alla fine che al principio e allora uno si chiede a cosa è servita la propria vita, quale traccia resterà sulla terra e se ne resterà traccia, specie pensando a quello che hanno raggiunto gli altri…” .

il-ponte-sul-fiume-kwaiAlec Guinness regala la migliore interpretazione della sua carriera assecondando, dopo alcuni contrasti, le direttive di Lean sulla grandezza tragica del personaggio. La seconda parte del film vede il tentativo degli americani, capeggiati dal falso maggiore Shears (William Holden) di introdursi nel territorio occupato dai giapponesi per fare saltare in aria il ponte. Lean approfitta del formato panoramico per mostrare il contrasto tra la natura e le sofferenze del conflitto bellico, spesso governato dalla irrazionalità e dalla mancanza di senso. I dialoghi non sono mai banali e gli avvenimenti si sviluppano nella sapiente alternanza di momenti più meditativi con altri più muscolo-tensivi. L’inquadratura frontale del ponte viene mantenuta più a lungo del solito: l’immagine si colora di sinistre sfumature, quasi fosse l’istantanea di un ricordo. Il finale è un trionfo di violenza e distruzione in cui il big crash coincide con la distruzione del set. Grandissimi incassi e ben sette Oscar: film (prima volta per una pellicola britannica), regia, miglior attore (Alec Guinness), fotografia (Jack Hildyard), montaggio (Peter Taylor), colonna sonora (Malcolm Arnold) e sceneggiatura (Pierre Boulle).

Il successo verrà ripetuto con Lawrence d’Arabia e Il Dottor Zivago e confermerà la grande capacità di David Lean di unire in una grande produzione le imponenti scene d’azione con originali sfumature psicologiche e percorsi interiori mai lineari, spesso aggrovigliati su sé stessi. Il punto di vista di David Lean, disperso nei campi lunghissimi del Cinemascope, non sembra appartenere ad alcun personaggio in particolare: forse è quello dell’aquila che vola nel cielo all’inizio e alla fine del film, e si allontana con indifferenza verso l’alto, via dalla follia distruttiva degli esseri umani, distante da una terra di sangue e polvere in cui si confondono i vivi e i morti.

Titolo originale: The Bridge on the River Kwai

Regia: David Lean

Interpreti: Alec Guinnes, William Holden, Jack Hawkins, Sessue Hayakawa

Durata: 100′

Origine: Gran Bretagna/Usa 1957

 

 

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