FILM IN TV – La croce di ferro, di Sam Peckinpah

Opera atipica sin dai titoli di testa, da classico war-movie diventa una opera di denuncia sulla follia umana. Stasera, ore 23.55, Rete 4

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“Non gioire nella sua sconfitta, voi uomini per il mondo vi siete alzati e avete fermato il Grande Bastardo, Ma la cagna che lo portava in grembo è di nuovo incinta”.  Bertolt Brecht

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Ultimi bagliori del crepuscolo di Sam Peckinpah. Qualcosa dal retrogusto anarchico, il punto di vista dei tedeschi sul fronte orientale durante la Seconda guerra mondiale. Per citare Mel Gibson, un film che odia la guerra ma ama il suo guerriero Rolf Steiner (James Coburn) in conflitto filosofico e di classe con l’aristocratico prussiano Stransky (Maximilian Schell).

Un duello tra il talento dell’artista e il compromesso del politico, tra l’eroismo romantico e il rampantismo pragmatico, la fatica del povero e la ignavia del nobile. Ma anche un delirio allucinatorio che profetizza il futuro avvento dell’ Apocalypse Now (1979) di Francis Ford Coppola.

king of the belgiansOpera atipica sin dai titoli di testa con filmati d’archivio che mostrano senza sconti gli orrori della guerra mentre per sottofondo si sente la canzone per bambini Hanschen Klein di Franz Wiedemann: l’effetto è perturbante e richiama alla memoria la litania infantile che accompagna il delitto “primario” in Profondo rosso (1975). Qui sta il nucleo motore: l’innocenza dei bambini viene cancellata dagli orrori degli adulti, così come ne Il mucchio selvaggio, in mezzo alle sparatorie, i ragazzini si divertivano sadicamente a torturare gli scorpioni. E non è un caso che il primo ragazzo russo scampato all’attacco dei tedeschi assomigli in maniera impressionante all’Ivan di Tarkovskij: la sua infanzia/adolescenza è spazzata via da un colpo di mitragliatrice e la sua presenza/assenza costringe gli altri uomini a meditare sull’assurdità dei loro comportamenti.

la croce di ferroNella contrapposizione tra Steiner e Stransky, Sam Peckinpah inserisce la consueta demolizione del principio di autorità: nonostante le differenze di classe e di grado, in guerra qualsiasi regola viene stravolta e le norme del vivere civile vengono ribaltate: i due si trovano a loro agio perché anarchia e mediocrità possono svilupparsi senza ostacoli. Tanto da pensare che finita la guerra se ne aspetti una prossima per potere trovare una propria dimensione identitaria e sessuale. Steiner cita Carl Von Clausewitz: “La guerra è la continuazione della politica con altri mezzi” ma il conflitto bellico diventa anche una free-zone dove tutto è concesso, abbandonarsi agli eccidi, massacrare adolescenti, perpetrare stupri. Oppure come Stransky tradire la fiducia dei compagni per ottenere la croce di ferro, oggetto simbolo di una regressione infantile di fronte alle figure genitoriali/autoritarie. L’emergere delle pulsioni primordiali è magistralmente condensato nella scena dell’ospedale: Steiner vi si trova ricoverato dopo una commozione cerebrale e durante la degenza comincia ad avere allucinazioni uditive (si sente persino la voce di Adolf Hitler) e deliri che lo vedono prima tuffarsi in un fiume e poi sabotare la visita dei nazisti che inneggiano al Furher, a guerra ormai perduta. La redenzione sembra per un attimo possibile grazie alle amorevoli cure della infermiera Eva (stupenda Senta Berger) ma il senso dell’onore e la fedeltà al gruppo dei suoi figli/commilitoni ha il sopravvento. Anche la scena della tentata violenza sulle prigioniere russe che ha fatto scattare le accuse di misoginia (implicata la fellatio con evirazione) conferma invece questa immaturità maschile, alimentata dal particolare contesto ambientale e dalla negazione della propria omosessualità.

In questo condensato di temi tipici del cinema di Peckinpah, La croce di ferro da classico war-movie diventa una opera di denuncia sulla follia umana, in un mondo dove gli eroi non sono che bambini perduti nel labirinto dei loro errori. E se la madre dei bastardi è sempre incinta, allora Steiner e Stransky non possono che buttarsi nella mischia in una guerra improbabile, in una battaglia inutile per dimostrare d’essere ancora uomini, seppellendosi nella mediocrità di una ultima sovversiva risata.

Titolo originale: Cross of Iron

Regia: Sam Peckinpah

Interpreti: James Coburn, James Mason, Maximilian Schell, Senta Berger

Durata: 135′

Origine: Usa 1977

Genere: guerra

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