FILM IN TV – "La metà oscura", di George A. Romero
Romero assorbe Stephen King, lo fa suo e lo lavora dall'interno, modulandone il tono pulp in una direzione noir, dove ogni elemento corteggia sempre l'idea di un dualismo, e ogni cosa può essere il suo contrario. Venerdì 25 Ottobre su RaiMovie alle ore 02.30.
Reduce dalle controversie produttive del pur splendido Monkey Shines, all'alba degli anni Novanta, George Romero decide di riprovarci, adattando un romanzo dell'amico Stephen King, insieme alla consueta squadra di collaboratori: il montatore Pasquale Buba, l'assistente Nicholas Mastandrea, lo scenografo Cletus Anderson, mentre la consorte (dell'epoca) Christine Forrest ha un piccolo ruolo nel cast (inizialmente deve essere più corposo, ma i produttori, sempre loro, pongono il veto). Romero ancora non lo sa, ma sarà l'ultima volta che potrà contare sul sostegno della sua factory, al punto che oggi possiamo vedere La metà oscura come il film terminale di un percorso iniziato fin dai tempi de La notte dei morti viventi.
Il prologo – e non ci sembra un caso – data proprio l'inizio degli eventi al 1968 quanto lo scrittore in erba Thad Beaumont ha il primo incontro con quello che diventerà il suo alter ego George Stark, generato dalle sue abilità di narratore e che infine si incarnerà in un doppio malvagio che tornerà a perseguitarlo da adulto. E' il tema del corpo morto che torna in vita, prettamente romeriano, ma è anche la nuova declinazione dell'apocalittico scontro fra la componente dionisiaca dell'esistenza e quella apollinea. Romero opta per un lavoro di mimesi con l'opera kinghiana, affida entrambi i ruoli a un ottimo Timothy Hutton, ma per il resto rispetta gli snodi alla lettera, tanto che la trasposizione rischia di apparire persino pedissequa. Ma il film lavora la fonte dall'interno, come fa Stark con Beaumont: laddove King lascia che Stark setti il tono “pulp” del racconto attraverso esplosioni di violenza che impattano sulla pagina in modo dirompente, Romero sembra più vicino alle inquietudini di Beaumont, che producono una tensione costante, capace di donare al film una sottigliezza hitchcockiana.
I tagli di luce della fotografia di Tony Pierce-Roberts, insieme al tappeto sonoro creato dal compositore Christopher Young ritagliano infatti uno spazio noir, che sembra iscrivere la vicenda nel reale, al punto che per metà narrazione si è portati a credere alla possibile spiegazione apollinea, basata sulla schizofrenia del protagonista (chiamata direttamente in causa nei dialoghi). Eppure è più invitante l'ipotesi che Romero parteggi per il lato dionisiaco, quello offerto dai sogni e dalle percezioni del protagonista, o meglio ancora dagli aiuti della professoressa Reggie, l'unico personaggio cambiato rispetto al romanzo e trasformato in un'occultista che indirizza Thad verso le “regole” necessarie a sconfiggere il suo doppio. Il film, in questo modo, corteggia sempre l'idea di un dualismo, dove ogni cosa può essere il suo contrario e l'Hitchcock de Gli uccelli può incontrare il finale stesso de La notte dei morti viventi nell'assalto finale. D'altra parte a tutelare la legge e l'ordine razionale c'è Michael Rooker, l'Henry di John MacNaughton (e il Mearle di Walking Dead), quindi inutili cercare facili scappatoie!