La prima notte di quiete, di Valerio Zurlini

Alain Delon alla ricerca del vento dell’aria del mare. Uno dei titoli più disperati e pieni di passione di Zurlini, uno dei film italiani più belli di sempre.

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Tutte le ore feriscono…l’ultima uccide. Si porta le cicatrici di Jean-Pierre Melville il professor Daniele Dominici di La prima notte di quiete. Uomo senza passato e senza futuro, sospeso tra la nebbia e il grigiore di una Rimini invernale, che attraversa la vita di provincia dove, dietro l’apparenza, si nasconde un sottobosco degno di un polar. La luce, l’ombra, Il giorno la notte. Le lezioni a scuola. la notte, tra le partite a poker, la discoteca, le serate che anticipano la tragedia.

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Daniele arriva a Rimini per lavorare come supplente di lettere in un liceo classico. Convive con Monica (Lea Massari), una donna che per lui aveva abbandonato anni prima il marito. Privo di una vocazione all’insegnamento, ha invece la passione per il gioco e inizia a frequentare alcuni vitelloni del luogo tra cui Giorgio Mosca detto Spider (Giancarlo Giannini), Marcello (Renato Salvatori) e Gerardo Pavani (Adalberto Maria Merli), quest’ultimo fidanzato con Vanina Abati (Sonia Petrova), una studentessa per cui Daniele perde la testa.

alain-delon-sonia-petrova-la-prima-notte-di-quieteNon c’è più la ‘dolce vita’ di Fellini anche se Zurlini, reduce dai flop di Le soldatesse e Seduto alla sua destra recupera soprattutto la vuotezza di quei festini, filmini proibiti, dialoghi per coprire il nulla esistenziale. La memoria intima di Cronaca familiare, il ritorno sulla riviera romagnola come luogo di isolamento e disperazione di La ragazza con la valigia, i frammenti della Guerra che arrivano smembrati da Estate violenta e Le soldatesse portano La prima notte di quiete in un punto di non ritorno del cinema di Zurlini. Come se ci fosse una frattura col suo cinema precedente, anche se accomunato da quell’atmosfera crepuscolare in cui c’è sempre una strettissima connessione tra i personaggi e i luoghi. E lo scarto di chi li attraversa e ci capita di passaggio e chi invece li vive da sempre. Con i suoi segreti nascosti evidenziati in una delle scene più forti del film, la scenata della madre di Vanina (interpretata da Alida Valli) a Daniele. Come se ci si trovassimo in una zona sospesa tra Bertolucci e Dario Argento. Ma era il 1972. Come Ultimo tango a Parigi anche La prima notte di quiete poteva apparire come un film suicida. Mentre in realtà oggi sono tra i titoli più forti, più irrinunciabili del cinema italiano di quel decennio. E non solo.

alain-delon-giancarlo-giannini-la-prima-notte-di-quieteZurlini sembra essersi buttato con tutto se stesso sul personaggio di Dominici. Gli ha dato il suo cappotto cammello e il suo maglione. Ne ha quasi costruito un doppio, senza però caratterizzarlo eccessivamente. Nel suo sguardo nomade, alla ricerca del vuoto, dell’aria, del vento, ci spinge Alain Delon. In un rapporto strettissimo, tanto che sul set sembra esserci stato più di un attrito tra regista e protagonista. Sempre sul precipizio di un abisso. Dove può cadere rovinosamente in ogni istante.

La nebbia, la camminata di Alain Delon sul molo. Dove il cinema di Zurlini abbraccia idealmente il Romanticismo. Lo fa già nell’immagine del mare in tempesta che sì, sembra arrivarti addosso lo schermo. Tumultuoso, come ciò che si agita nei personaggi nel cuore di una provincia che li tiene protetti ma che li isola. Ma anche attraverso la figura di Vanina – dove Zurlini contempla la bellezza di Sonia Petrova e la filma come se stesse componendo dei versi), ci sono dichiarate le reminescenze di Stendhal e del suo romanzo Vanina Vanini del 1829. Infine tutte le pulsioni di morte. Già segnate nella figura di Livia, la cugina Daniele morta suicida al quale il professore ha dedicato la sua raccolta di poesie, La prima notte di quiete appunto, verso che arriva da Goethe.

alain-delon-lea-massari-la-prima-notte-di-quieteUn viaggio sensoriale. Dove si scatenano gli elementi. Pioggia. Temporale. Folli corse in macchina. Estraneità al presente dove il movimento della contestazione diventa come impermeabile. Con le musiche di Mario Nascimbene (collaboratore di De Santis e dell’ultimo Rossellini che aveva già lavorato con Zurlini in Estate violenta) che potrebbe essere una partitura autonoma da concerto che richiama quelle immagini, a partire dalla camminata senza meta di Alain Delon. Un cinema quindi astratto. Che potrebbe essere anche una ‘maladie d’amour’ girato in costume. Ma al tempo stesso anche un horror gotico tra Bava e Barilli e un dramma sentimentale con le tracce di Pietrangeli (a cui aveva terminato il suo Come, quando, perché dopo la morte del regista di Io la conoscevo bene) evidente nel poster di Luigi Tenco e soprattutto nel grandioso gioco tra i movimenti del ballo lento e il gioco di sguardi a tre tra Daniele, Vanina e il fidanzato della ragazza Gerardo in discoteca sulle note di Domani è un altro giorno di Ornella Vanoni. La luce verde, blu e giallastra si alternano sui loro volti. Un continuo dondolio. La quiete prima della tempesta. Di uno dei film italiani più belli di sempre.

 

Regia: Valerio Zurlini
Interpreti: Alain Delon, Sonia Petrova, Giancarlo Giannini, Adalberto Maria Merli, Salvo Randone, Renato Salvatori, Lea Massari
Durata: 132′
Origine: Italia 1972
Genere: drammatico

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
5
Sending
Il voto dei lettori
4.22 (36 voti)
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