FILM IN TV – “Luci della ribalta”, di Charlie Chaplin

luci della ribalta

Con Luci della ribalta Chaplin archivia, pagando il dovuto debito di coscienza, la malinconia che ha segnato la sua comicità veicolata dalla fragilità del suo personaggio. Il film forse nulla aggiunge al tema della tristezza del clown, ma il suo valore risiede proprio in quel commovente intreccio tra vita reale e finzione cinematografica. Mercoledì 16 ottobre, ore 6,30, Rai movie.

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Luci della ribaltaQuando nel 1951 Charlie Claplin girò Luci della ribalta, il film sarebbe uscito l’anno successivo,  la sua carriera era già alle sue spalle. Il film appartiene quindi, al tragitto discendente della sua parabola artistica. Ma non è solo la collocazione temporale che ne fa un film da finis terrae, ma anche la storia che racconta. Calvero è un clown che dopo i fasti di un tempo, oggi è alla fine della carriera. L’incontro con la bella Terry che egli salva dal suicidio sembra riportarlo alla vita. Calvero se ne innamora, ma comprende che la donna è troppo giovane e si allontana da lei. Quando Terry avrà uno spettacolo tutto suo vorrà ripagare la generosità di Calvero,  ma il tragico finale chiuderà la vicenda artistica del clown triste.

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Il film attinge a piene mani dalla biografia di Chaplin, figlio di girovaghi in eterne ristrettezze economiche e nasce, come scrive lo stesso autore nella sua biografia, dall’incontro con un uomo di spettacolo irriconoscibile dopo i successi di un tempo.

Il senso di forte malinconica tristezza che domina il film è accentuato sia da questi riferimenti autobiografici, sia, probabilmente, dalla condizione del suo autore consapevole di una lenta discesa della sua vicenda artistica. L’uguale intensità di sempre, proprio del cinema di Chaplin, lavora sui sentimenti sottesi alla struggente narrazione, tutta volta a raccontare i fallimenti artistici ed esistenziali dei suoi (ma soprattutto, del suo) protagonista. Luci della ribalta, diventa quindi un rimedio per esorcizzare un futuro imminente e si definisce nella riflessione dell’artista che guarda in faccia il chiudersi del palcoscenico, che guarda lo spegnersi delle luci.

Con questo film Chaplin riesce pacificare il proprio rapporto con un altro genio del cinema. È l’occasione per dare spazio a Buster Keaton, nell’unica occasione in cui i due registi-attori si troveranno insieme in un film. L’avvento del sonoro non aveva favorito l’attore-regista americano e Chaplin volle aiutarlo facendolo partecipare al film. Il malinconico retroterra di questo incontro tra due vecchie tigri dello spettacolo aggiunge ulteriori elementi in favore di quella lettura necessariamente personale.

Ma la vera intenzione di Chaplin, in fondo, era quella di raccontare il lato oscuro e perdente di un uomo di spettacolo, utilizzando, ancora una volta una maschera, qui spogliata di ogni inutile sovrastruttura. Solo maschera e uomo. Il tema della tristezza del clown è argomento sul quale in molti hanno riflettuto e forse Chaplin nulla aggiunge nella sua messa in scena, ma il valore del film risiede proprio in quel commovente intreccio tra vita reale e finzione cinematografica.

Con questo film Chaplin archivia, pagando il dovuto debito di coscienza, la malinconia che ha segnato la sua comicità veicolata dalla fragilità del suo personaggio ed esce di scena. Il suo registro cambierà per le sue due ultime opere e come ogni clown che si rispetti morirà il giorno di Natale.

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