FILM IN TV – Matrimonio all’italiana, di Vittorio De Sica

Filumena Marturano è un personaggio quanto mai completo e complesso che riassume l’eterno femminino che appartiene culturalmente e antropologicamente ad un meridione mentale, De Sica ne trae un film carico di una componente di sottile sensualità, forse con qualche eccesso enfatico, ma il profilo passionale del melodramma è sostenuto da una coppia di interpreti il cui credibile sodalizio artistico è durato fino all’ultimo. Sabato 20 settembre, ore 21.00, Sky Classics

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Matrimonio all'italiana, De SicaDobbiamo attingere all’inesauribile Eduardo De Filippo per ritrovare, nella congerie dei suoi temi e caratteri, una donna che a tutto tondo restituisca il senso di una dimensione, universalmente condivisa e riconosciuta, che porta con se le tradizioni e il coraggio, la volontà e l’amore, l’autodeterminazione e il silenzio.

 

Filumena Marturano è un personaggio quanto mai completo e complesso che riassume l’eterno femminino della carnale sensualità della prostituta, dell’amore incondizionato della madre, della caparbia volontà che infrange ogni tabù sociale. La sua scelta coraggiosa e il suo desiderio di costruire un futuro per se e i suoi figli, ne fa un personaggio sempre ancorato ad una tradizione che appartiene culturalmente e antropologicamente ad un meridione mentale, ma comunque coraggiosa e, per i modi in cui il personaggio rivela le proprie qualità, ha costituito una svolta letteraria che ha anticipato i tempi infrangendo i canoni figurativi dei personaggi. Filumena è una donna che ama i propri figli, ma anche il suo uomo. Questa è la novità. Filumena non vuole rinunciare né all’uno, né agli altri. È la conseguenza di questi amori che attiva uno dei più emozionanti climax narrativi dell’epoca dentro il quale assistiamo alla mutazione della figura letteraria della donna meridionale. Il canone ci ha abituato ai personaggi femminili dolorosamente costretti a soccombere, vittime delle tradizioni, capri espiatori di una immutabile condizione sociale, in cui la bellezza e la sensualità sono orpelli occasionali sostituiti da una amore incondizionato, solitamente di madre. Filumena non soccombe, ma coraggiosamente stravolge la propria condizione e rialzandosi ferita, attacca. Riafferma la propria natura, senza mai scendere a compromessi.

Filumena Marturano, l'opera tetrale è del 1946 e nel 1951 lo stesso Eduardo ne fece una versione cinematografica con laMatrimonio all'italiana, Vittorio De Sica, 1964

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sorella Titina quale protanista, m ail film che in difinitiva ha esaltato il capolavoro eduardiano è sicuramente Matrimonio all'italiana del 1964 per la regia di Vittorio De Sica con Sofia Loren, mai così ispirata e carnale, e Marcello Mastroianni del ricco e stralunato don Mimì Soriano. due attori che fecero coppia molte volte, celebrati anche da Robert Altman, riuscendo sempre a creare un sodalizio credibile nella reale verità che sembra ammantarsi di malinconia in uno degli ultimi film che hanno interpretato, quel mai troppo lodato Una giornata particolare, paradossalmente, contraltare moderno del film di De Sica.

Matrimonio all’italiana sottolinea, fin dal titolo, una particolarità nostrana dei costumi e quando si parla di costumi non sono che quelli sessuali a suscitare interesse. Anche Divorzio all’italiana (1961) sottolineava, più rudemente, se vogliamo, questi aspetti sociali. Ma il film di De Sica nulla ha a che vedere con gli aspetti sociali. Il suo titolo sembra, con la carica ironica che si porta dietro, risvegliare segreti o usanze – che nascono spesso dai segreti – e così il film si carica di una forte componente di sottile sensualità. In questo la giunonica Loren, attrice ingombrante e difficilmente gestibile anche perché sembra molto difficile astrarla dalla veste di diva, ruolo che la allontana dalla popolanità in cui è invece pienamente immerso il personaggio di Eduardo. È forse duro dirlo – le pagine della storia del cinema l’hanno divulgato ben prima di noi – Matrimonio all'italianama Vittorio De Sica avrebbe voluto al suo posto Anna Magnani. La produzione del film, come di altri del regista abruzzese, per ragioni evidenti, trattandosi di Carlo Ponti, riuscì ad ottenere la presenza di Sofia Loren. Ma questo non vuole dire che l’attrice di Pozzuoli costituì un ripiego, anzi, riteniamo che ancora una volta ella seppe offrire al personaggio quella bellezza necessaria, quella forza vulcanica, quel sapore popolare e quell’alterigia non comune, che forse poche avrebbero potuto dimostrare.

Il film, nonostante la dura critica francese, le molte perplessità di De Sica e la delusione di Eduardo – solo Ponti ne era contento – resta un’opera con una sua epica particolare, con il suo enfatismo controllato, l’amor proprio e l’amore altrui messo in mostra senza vergogna, senza pudore. E a proposito di maschio da salutare con il liquidatorio tono di Marco Ferreri, come si è fatto su queste pagine, in tutto questo il Don Mimì di Marcello Mastroianni non fa una gran bella figura. Mastroianni, in un crescendo interpretativo, riesce a conferire al personaggio quella particolare scivolosa aura che lo rende dapprima impermeabile o quasi alle invettive della donna, della quale e per la quale sente l’amore profondo; per poi invece lanciarsi a sua volta nelle accuse nei suoi confronti, rifare marcia indietro e, per amore, smettere di domandarsi chi dei tre fosse il figlio suo.

Filumena sembra raggirare Don Mimì, ingannandolo nel fornirgli falsi indizi per identificare l’unico figlio nato dalla loroSofia Loren, Matrimonio all'italiana relazione. Ma tutto è al servizio della donna che mette alle strette il suo antagonista, lo spinge con le spalle al muro dimostrandogli che i soldi molto possono, ma non regolare gli affetti. Nun essere egoista Dummì nun pensà a te… nun pensà a me qui la rinuncia annunciata, a tutto, anche all’amore dichiarato nei suoi confronti (T’aggiu vuluto bene Dummì e oggi cchiù i prima) ma è disposta a tutto anche ad ucciderlo se i tre suoi figli fossero stati messi l’uno contro l’altro.

Se in mezzo alle molte pregevoli sequenze del film, c’è qualche accenno ad una didascalica dimostrazione di forza primigenia della donna, ambientando una delle scene madri dentro il sobollente Vesuvio, pur con qualche eccesso enfatico, sottolineato dalla musica di Armando Trovajoli, il vezzo è perdonato. Il profilo passionale del melodramma giustifica un insopportabile crescendo musicale e drammatico, riconoscendo dentro questi segni precisi la traduzione di un tormento insostenibile. Chissà quanti innamorati avrebbero voluto vivere quella scena dicendo alla donna statte zitta…statte zitta… statte zitta per poi baciarla appassionatamente.

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