FILM IN TV: "Shaft il detective" di Gordon Parks

Shaft sta al cinema nero un po' come il rock'n'roll sta alla musica nera. Non è che prima di Shaft i neri americani non avessero un loro cinema, ma questo non aveva alcuna visibilità al di fuori della “comunità”, proprio come negli anni quaranta il rhythm'n'blues era trasmesso solo dalle emittenti di musica nera. Venerdì 16 giugno a Fuori orario.

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Shaft sta al cinema nero un po' come il rock'n'roll sta alla musica nera. Non è che prima di Shaft i neri americani non avessero un loro cinema (anzi c'erano militanti come Melvin Van Peebles che realizzavano film lucidi e spietati), ma questo non aveva alcuna visibilità al di fuori della "comunità", proprio come negli anni quaranta il rhythm'n'blues era trasmesso solo dalle emittenti di musica nera. Non che i neri non avessero i loro divi (il successo di attori come Sidney Poitier era piuttosto recente, e un film oggi incredibilmente datato come Indovina chi viene a cena? di Mike Nichols era di pochi anni prima), ma il cinema "nero" non era mai diventato un cinema per tutti gli americani. Con Shaft il detective, diretto da Gordon Parks nel 1971 (e scritto dallo stesso sceneggiatore de Il braccio violento della legge, Ernest Tydiman) nasce la cosiddetta stagione della blaxploitation, quei film di azione urbana – tanto amati da Quentin Tarantino – con protagonisti neri che rappresentarono una sorta di 'rivincita' (a livello di immaginario collettivo) degli afroamericani.

Shaft il detective fece un po' da spartiacque, complice anche la doppia Nomination agli Oscar per la colonna sonora e per la celebre canzone del titolo di Isaac Hayes, che vinse la statuetta e divenne un successo internazionale. Certo le tematiche "sociali" e le rivendicazioni politiche vennero inserite in un contesto di un cinema ad alto tasso di spettacolarità, ma questo non fece che accrescerne l'impatto sul pubblico, snaturandone in parte il contenuto eversivo ma diffondendone l'influenza. Intanto il riferimento, forse ironicamente, è al cinema noir degli anni quaranta, e Shaft è un detective privato dai modi spicci, sempre pieno di donne e piuttosto brutale nell'esercizio della sua professione, ma dotato di una sua moralità "alta". Più vicino a un Mike Hammer (il personaggio inventato da Mike Spillane) che a non a un Philippe Marlowe di Raymond Chandler, Shaft irrompe sin dai titoli di testa nel film, e il regista Gordon Parks lo mette al centro dello schermo mentre percorre le strade di New York a testa alta, spesso inquadrato dal basso come a rivelarne un'intima natura di gigante della giungla urbana. E' il suo ambiente, tutti lo conoscono e stimano, persino il tenente di polizia Andreazzi che sa bene che uno come lui può sempre essergli utile. La musica si sovrappone alle immagini e la canzone di Isaac Hayes ne celebra le gesta, quasi fosse un coro greco che commenta una tragedia classica.

E' questa tutt'oggi la parte migliore del film, quel personaggio preso all'interno di una comunità rispettato, ma anche temuto, da tutti. Il film esplicita la questione razziale in ogni momento, dal tassista che gli preferisce un bianco, al conflitto con i mafiosi italiani, al quartiere di Harlem, fino all'inserire le famose "Pantere nere" (gruppo politico di militanti neri degli anni 60 e 70) come elemento cruciale del film. Alla fine Shaft risulta più efficace e moderno (o forse solo "Cult") nelle scene di quotidianità, come quel "sesso facile" tipico del periodo ad esempio, che non quando si trasforma in un thriller vero e proprio, dove la convenzione impera (ed è forse uno dei segreti non tanto nascosti del successo del film di allora, unire convenzione narrativa con elementi innovativi tematici).

SHAFT IL DETECTVE
Regia: Gordon Parks
Interpreti: Richard Roundtree, Moses Gunn, Charles Cioffi
Origine: USA 1971
Durata: 102'
Venerdì 16 giugno a Fuori orario

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