The Untouchables. Gli intoccabili, di Brian De Palma

La creazione di immaginario non sempre si armonizza con la struttura del film e il lavoro sui generi è il risultato più efficace.

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Abbiamo sempre considerato Gli intoccabili (1987) un film anomalo nella filmografia di De Palma, un film in cui il suo spirito immaginifico e propulsore di immaginario, come singolare cifra stilistica del suo regista, sembrava relegato nel racconto di una vicenda presa dal reale, in fondo poco confacente alle corde dell’autore qui alle prese con una combinazione di eventi più volte narrata dalla storia, dal cinema e dalla cronaca. Contribuisce a questa sensazione sicuramente l’origine televisiva dell’impianto e forse una struttura troppo ferrea non sappiamo quanto imposta da un teorico del cinema e della sua scrittura che è stato, soprattutto in quegli anni, David Mamet autore di soggetto sceneggiatura.
Il compito della task force messa in piedi da Eliott Ness (Kevin Costner) che ne fa parte, è quello di incastrare Al Capone (Robert De Niro) che nella Chicago degli anni 30 dominava il malaffare approfittando del proibizionismo. Fanno da supporto a Ness, l’incorruttibile Jimmy Malone (Sean Connery, unico oscar della sua carriera per il suo personaggio non protagonista), il contabile Oscar Wallace (Charles Martin Smith) e l’italo americano Giuseppe Petri/George Stone (Andy Garcia). Non sarà facile raggiungere il risultato e tutto a caro prezzo di sangue.
De Palma utilizza la storia e i personaggi per lavorare, come accade spesso nel suo

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Gli intoccabili, 1987

lavoro, su un’idea di cinema espanso e possibilmente onnicomprensivo. Per questo si è parlato di una certa tendenza ad una espressione barocca che però vogliamo qui intendere come una propensione alla stratificazione di significati. I film di De Palma introducono quale elemento leggibile dell’immagine costantemente aggiornata (si pensi agli esperimenti visivi attraverso i suoi supporti in Redacted): il cinema del passato, la letteratura, il senso dell’arte come espressione e costante informazione della costruzione della scena e ogni altro elemento che ne possa determinare una specie di ipertesto costante. In altre parole il suo cinema sembra avere anticipato una ulteriore modernità in virtù di questa tensione verso una espansione naturale di ogni forma testuale per le quali non bastano più la pagine, non è più sufficiente solo lo schermo.
Gli intoccabili nella sua agognata ansia di perfezione, porta a compimento questo compito restando però altrettanto costantemente, leggermente sottotono rispetto ad una maggiore sottolineatura che questo lavoro, così sotterraneo, avrebbe trovato in altri suoi film.

Ma non mancano le punte di eccellenza e se la sequenza della carrozzella che scende le scale della stazione di Chicago, resta icona immaginifica di questo film (come al solito De Palma l’immaginario lo crea non lo trasforma quantunque sia stato preso a prestito dal massimo Eiseinstein) è anche vero che è proprio questa immagine a far si che il film sembri “suicidarsi” nel momento del suo massimo splendore, assorbendo questa sequenza, per tutto il pubblico, più o meno accorto, più o meno cinefilo, tutto (o comunque gran parte) del piacere della visione, così come resta nella memoria, “solo chiacchiere e distintivo” che un Al Capone incastrato dalle sue responsabilità, ripete ossessivamente ai poliziotti quasi come un mantra salvifico.

A distanza di anni quindi resta questa sensazione di particolare anomalia di questo film, ma forse arricchita dalla considerazione che le incursioni della vena più creativa di De Palma, in questa storia così “americana” e che quindi vive già di propri miti, siano numerose e sicuramente efficaci per quanto forse più d’effetto che realmente permeanti la struttura del film. Si pensi invece al diverso risultato che il suo cinema aveva raggiunto con film come Vestito per uccidere o Omicidio a luci rosse o lo stesso Carrie. Il grande lavoro di raddensamento che De Palma ha sempre eseguito tendendo verso forme condensate di immaginario collettivo in cui sembra convergere tutta quella che viene definita cultura bassa, ma fortemente volta a creare mondi paralleli di espressività popolare, qui sembra, invece, a volte dissolversi e disperdersi. Il suo

Gli intoccabili, Costner

cinema si è sempre espresso attraverso i larghi riferimenti al cinema di Hitchcock. In quei casi la citazione, il riferimento, il dejà vu risultava pienamente metabolizzato, assorbito, assimilato e trasformato in altra materia, tanto da non distinguerle più all’interno delle singole sequenze. Forse tutto questo manca a Gli intoccabili che resta un film in cui De Palma ha lavorato in altro modo sui generi, ma senza il tentativo di produrre il sogno di un cinema totale e totalizzante. Non vi è dubbio che il regista americano abbia saputo in questo caso trasformare un classico gangster movie, in una vicenda che ha il sapore di un’epica classica tutta (di nuovo) “americana” in cui l’eterno scontro tra il bene contro il male, tra i giusti contro la prepotenza e la soverchieria lo assimila di diritto all’epica western, massima espressione di una legalità che in quel cinema si è sempre espressa a suon di pistole. Quindi Gli intoccabili si armonizza perfettamente con la classicità di un cinema di cui De Palma si è sentito e per certi versi lo è stato, sempre erede, ma un erede “degenere” che ha trasformato il lascito materiale in diffusa ed eterea cultura collettiva.

 

Titolo originale: The Untouchables
Regia: Brian De Palma
Interpreti: Kevin Costner, Robert De Niro, Sean Connery, Charles Martin Smith, Andy Garcia
Origine: USA, 1987
Durata: 120’
Genere: Poliziesco

 

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3.8

Il voto al film è a cura di Simone Emiliani

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Il voto dei lettori
4.33 (3 voti)
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