FILM IN TV: "Uno, due, tre" di Billy Wilder

Con “Uno, due, tre!” Wilder si prende gioco dei regimi con l'insolenza del pessimista e del filosofo quasi nichilista. Il registro del film è dinamico, di incessante frequenza per un cinema trasgressivo e lucidamente sferzante, antiretorico e magistralmente eversivo. Giovedì 9 marzo ore 14 La 7.

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Esilarante e superlativa commedia in pieno tocco wilderiano, Uno, due, tre (1961) esaspera la commedia fino alla tensione assoluta nella accesa folgorazione dei dialoghi, nell'invenzione della trovate e nel piglio geniale con il quale l'autore affronta, da vero libero pensatore, il tema della guerra fredda che in quegli anni imperversava sui cieli d'Europa. Le parole sul cinema di Wilder non possono rendere il dovuto omaggio ad un genio assoluto dell'inganno e dell'irriverenza. Si è già scritto su queste stesse pagine di quanto il cinema di Wilder abbia contato nella tracciatura di una possibile mappa della profonda natura dell'uomo e di come la sua vena abbia toccato, ma con un volo alto e con lo sguardo distaccato, senza il coinvolgimento proprio della tragedia, ma con il colore della commedia, l'intima natura umana e il suo dispiegarsi all'interno di una ambiguità derivata e mai esplicita, sottintesa e mai urlata, feroce e sempre pungente. Qui Uno, due, tre  gioca ancora una volta su un registro dinamico di incessante frequenza dimostrando come la corruzione sia alla base del capitalismo, ma come non sia estraneo ai regimi di fede comunista e quindi connaturato a qualsiasi forma di potere, al quale Wilder fu eternamente allergico. Uno, due e tre intreccia così la riflessione politica al saggio morale sulla natura umana. Così, come accade sempre, dietro la patina leggera della commedia si trova il grosso della sostanza. Billy Wilder è così, il suo sguardo è apparentemente dritto, ossequioso delle regole dello spettacolo, ma il senso del suo cinema resta ricco di un intimo sentimento di obliquità, trasgressivo e lucidamente sferzante, antiretorico e magistralmente eversivo. Ciò valga a conferma della natura profondamente pessimista del suo cinema che non a caso ha trovato le sue icone nel faccione disilluso di Matthau, nel volto insicuro e dubbioso di Lemmon e in quello solare, ma intimamente doloroso di Marilyn Monroe.

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Con Uno, due e tre Wilder si prende gioco dei regimi con l'insolenza del pessimista e del filosofo quasi nichilista, senza rinunciare ad alcuni tratti tipici del suo cinema fatto anche di travestitismo (la trasformazione finale di Otto è esemplare) e di misoginia. Affoga tutto nella poliedrica incessante energia di Cagney, qui alla sua ultima interpretazione, che vuole portare la bibita del capitalismo nella Russia comunista e che soggioga il feroce comunista con il miraggio della scintillante ricchezza e avrà fatto così bene il suo lavoro da vederselo ritorcere contro. Maschera e trasgressione, cinema e passione per l'uomo. L'imperdibile occasione per vedere un film che utilizza al meglio la gioiosa occasione dello spettacolo per centrare ancora una volta, con il consueto scetticismo senza soluzione, lo sguardo sulle comuni umane debolezze. 


 


UNO, DUE, TRE! di B. Wilder (USA 1961);
con James Cagney, Horst Buchholz, Pamela Tiffin;
giovedì 9 marzo ore 14 La 7.

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