FILM IN TV – Uomini e lupi, di Giuseppe De Santis

Un film abile nel coniugare, tra le pieghe della sua vicenda melodrammatica, i tratti inconfondibili di un cinema e al tempo stesso sociale. Venerdì 22 luglio, ore 8.50, Rai Movie

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Non sappiamo se il paesologo Franco Arminio abbia mai visto Uomini e lupi, film minore di Giuseppe De Santis del 1957. Certo se lo avesse visto avrebbe forse tratto dalla sua estetica popolare da presepio utili considerazioni antropologiche sulle comunità dei nostri villaggi di montagna all’alba del boom economico.
Il film è un melodramma di stampo classico. Scritto da Elio Petri con Tonino Guerra, dallo stesso De Santis, ma anche da Zavattini, Pirro, Pinelli, Perilli e Puccini, interpretato da Yves Montand, nei panni del bel cialtrone Ricuccio e da Silvana Mangano, la sensuale Teresa madre del vivace Pasqualino, ma resa opportunamente e prematuramente vedova di Giovanni, Pedro Armendàriz. Tutto si svolge nel borgo di Vischio che il cartello dell’incipit ci dice essere a 1200 metri di altitudine. I lupi imperversano e fanno razzie di pecore. Il comune mette una taglia incoraggiando l’uccisione degli animali. Qualcuno è attirato da questa opportunità. Giovanni e la sua famiglia e Ricuccio, lupari professionisti, si dovranno fronteggiare, ma Ricuccio sarà oggetto del desiderio di Bianca la giovane figlia del ricco allevatore del paese. La neve si scioglierà solo in primavera quando anche i sentimenti avranno trovato una soluzione.
Uomini e lupi non è un film per animalisti, ma un piccolo pezzo di cinematografia Uomini e lupi, Montand e Manganoitaliana, scomparsa da ogni teca, da ogni elenco e da ogni memoria e racconta di un’Italia sconosciuta e tutto sommato felice, anche se oppressa da una irresolubile povertà, ma lontana da ogni bisogno e da ogni necessità di consumo. Il film è del 1957 e le riprese, tutte realizzate negli scenari di quello che è oggi il Parco d’Abruzzo, restano una testimonianza delle eccezionali nevicate del 1956, anno che resta anche famoso per una copiosa nevicata su Roma. Era l’anno della nascita della 500, ma anche dei primi esperimenti dell’esplorazione dello spazio con il lancio dei rudimentali satelliti artificiali e poi, nella minuscola piattaforma RAI nasceva il mitico Carosello. In altre parole Uomini e lupi con la sua intima natura popolare e il suo essere cinema composto, nei colori pastello che smorzano ogni eccesso predisponendo lo spettatore ad un rapporto naturalmente armonico con i personaggi e la storia, sembrava distante da ognuna di queste istanze che annunciavano la modernità ormai pronta ad esprimersi in tutta la sua

Uomini e lupicarica tecnologica che avrebbe cambiato non solo le vite quotidiane, ma nel breve volgere di qualche decennio, anche il cinema. Ma il regista di Riso amaro e il comunista Petri e gli altri scrittori, sembrano ripiegare sui valori antichi di un’Italia sommersa e periferica, dove non sembrano giungere le istanze di aggiornamento, dove tutto resta fermo alla lotta perenne tra la l’uomo e la natura, dove vigono le leggi arcaiche dell’onore e dove nessuno sembra avere realmente bisogno della città come luogo di realizzazione dei propri desideri e della propria vita. Il personaggio di Bianca, la scontrosa innamorata di Ricuccio protagonista una gara sentimentale senza storia con la bella Teresa per conquistare il luparo guascone, è in realtà l’unica che manifesta questo desiderio, ma alla fine non ci andrà e rimarrà nel paese ad aspettare un altro inverno e un altro innamorato.
Quindi Uomini e lupi è un film che sarebbe meglio dimenticare? Crediamo tutt’altro, crediamo che lo sconosciuto film di De Santis resti una delle testimonianze di un cinema di radicamento sociale, un film abile nel coniugare, tra le pieghe della sua vicenda melodrammatica, i tratti inconfondibili di un cinema popolare in ogni Uomini e lupi, De Santissenso e significato e di un cinema sociale, documentaristico, che si tira fuori dal Neorealismo zavattiniano, restando ancorato ad un realismo necessario, filtrato da una composizione dell’immagine ricercata, forse troppo (da presepio, appunto), ma gradevole, come le stampe d’epoca, passate, ma dense di verità. Un cinema che quindi avevamo in casa e non ce ne siamo neppure accorti. Non troppo lontano, in fondo, da quanto qualche anno dopo, con la ruvida verità del bianco e nero avrebbe fatto De Seta con Banditi o Orgosolo. Su due versanti differenti il popolare De Santis che ha sempre puntato su un cinema strutturalmente melodrammatico e il politico De Seta con la sua storia umana guardata con l’occhio dell’antropologo, hanno raccontato un’Italia controcorrente, non accomodante e virtuosa, radicata nei propri luoghi d’origine e lontana da ogni sradicamento da emigrato. Hanno ricercato la bellezza di quelle origini, lasciandoci testimonianze preziose di un’Italia da paesologi.

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Regia: Giuseppe De Santis
Interpreti: Silvana Mangano, Yves Montand, Pedro Armendàriz
Origine: Italia. 1957
Durata: 100’

 

Venerdì 22 luglio, ore 8.50, Rai Movie

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