FINE DI UNA STORIA










FINE DI UNA STORIA (The End of the Affair)








































Regia: Neil Jordan
Sceneggiatura: Neil Jordan dal romanzo "La fine dell'avventura" di Graham Greene
Fotografia: Roger Pratt
Montaggio: Tony Lawson
Musica: Michael Nyman
Scenografia: Anthony Pratt
Costumi: Sandy Powell
Interpreti: Ralph Fiennes (Maurice Bendrix), Julian Moore (Sarah Miles), Stephen Rea (Henry Miles), Ian Hart (Mr. Parkis), Jason Isaacs (Padre Smythe), James Bolam (Mr. Savage), Sam Bould (Lance Parkis)
Produzione: Neil Jordan, Stephen Wooley
Distribuzione: Columbia Tristar Films Italia
Durata: 109'
Origine: Usa/Gran Bretagna, 1999

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Tratto dal romanzo di Graham Greene "La fine di un avventura", Fine di una storia è la cronaca di un adulterio, la cui ossatura narrativa è intenzionalmente ridotta ai pochi momenti che consentono di dare una connotazione alla vicenda e allo stesso tempo renderla universale. Al regista non interessa entrare nelle maglie di una storia raccontata attraverso sfumature e complessità narrative, bensì limitare il racconto ad un canovaccio, prodotto da un rituale sempre uguale a se stesso, che puntualmente si ripete, per intersecarvi diversi piani di lettura e molteplici punti di vista. L'unica connotazione che può rendere, se non eccezionale, almeno particolare la storia è il contesto che ne rappresenta uno sfondo e che al momento opportuno diviene elemento narrativo, che interviene violentemente determinando una inversione di segno nella vicenda, una contrazione fatale che chiude il sipario sui protagonisti e sul commesso adulterio. Lo schema della narrazione è costituito da uno spazio temporale: la Londra della seconda guerra mondiale sotto i bombardamenti hitleriani, nel quale si consuma la passione fra lo scrittore Bendrix (Ralph Finnes) e Sarah Miles (Julianne Moore), moglie di un ministro appesantito dagli anni e dal gelo di un matrimonio che come tanti perde di smalto con il passare del tempo. In primo piano c'è la passione, esibita nel rapporto sessuale, rito che i due consumano durante i bombardamenti, che genera la folle gelosia di Bendrix incapace di credere che l'amore di Sarah per lui esista anche quando i due non sono insieme. Durante un bombardamento, il più violento, Bendrix cade in terra tramortito dall'esplosione e Sarah implora un miracolo a Dio offrendo in cambio la promessa di non rivedere più l'amante; lo scrittore si risveglia, i due si salutano come sempre accadeva al termine dei bombardamenti, ma passeranno due anni prima che si rincontrino. Questo è lo svolgersi lineare degli accadimenti, Jordan ridistribuisce gli elementi narrativi alternando sapientemente passato e presente e modificando i punti di vista. Inizialmente è lo scrittore a narrare la storia, e il regista fin dall'inizio sottolinea la parzialità dell'occhio (il film si apre su Bendrix alla macchina da scrivere che avvia la narrazione con l'incipit: " …questo è il diario di un odio"), il racconto di Bendrix è filtrato da un razionalismo esasperato che lo rende cieco e che non gli consente neanche di immaginare la verità. Solo l'occhio di Sarah potrà svelare i motivi che li hanno allontanati; attraverso il racconto di un sacrificio estremo Jordan parla di religione e di amore, ma il dolore, cifra narrativa del racconto di Sarah, è quello di tutte le donne. Manca però la sintesi, il punto di vista 'off', l'occhio meccanico che consenta allo spettatore di prendere le dovute distanze emotive (la macchina da presa, se si volesse arditamente accostare la scrupolosa indagine del regista a un linguaggio, quello del cinema, considerato nell'atto di catturare la realtà), Jordan assegna il delicato compito a un misurato e dolcemente impacciato Ian Hart (Mr. Parkis) nelle vesti di un improbabile investigatore privato, ingaggiato per seguire Sarah prima da Bendrix poi dal marito di lei. Il primo resoconto che Parkis fornisce allo scrittore dopo aver pedinato Sarah ha un sapore eccessivamente letterario, infatti più che un resoconto sembra un romanzo che l'investigatore racconta con commosso trasporto e il suo coinvolgimento è tale da non accorgersi che l'uomo visto in compagnia di Sarah è lo stesso Bendrix. A catturare i dettagli necessari per ricostruire i momenti che condurranno alla fine della storia è l'occhio di un bambino, il figlio di Parkis, l'unico in grado di vedere la verità di Sarah, l'unico che, in modo credibile, può incarnare la magia di un atto d'amore e la magia del cinema (durante un incontro fra Sarah e il bambino lei gli bacia l'enorme voglia che gli deturpa il viso, l'ultima inquadratura si chiude sullo stesso volto, ma la grossa macchia è scomparsa). Il procedimento che Jordan segue, come ogni grande regista, è quello di un'indagine, ma finalizzata a confrontare i diversi linguaggi da sempre utilizzati con lo scopo di raccontare la vita; la letteratura nutre il cinema e il regista rispetta la sua fonte di ispirazione, ma allo stesso tempo attribuisce al mezzo cinematografico il privilegio di possedere risorse tali da renderlo attualmente unico mezzo in grado di restituire una rappresentazione, la più complessa, della realtà. Il vero atto d'amore e quello che il regista compie nei confronti di un mezzo espressivo in cui sinceramente crede e che con grande consapevolezza dimostra di sapere usare.
Valentina Longari
 

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