First Time: The Time for All but Sunset – Violet, di Nicolaas Schmidt
Dal Sicilia Queer Film Festival, un mediometraggio che sarebbe piaciuto tanto a Chantal Akerman. viaggio minimalista attraverso le discrasie del nostro tempo
Teniamo d’occhio Nicolaas Schimdt, potrebbe essere il nome nuovo del cinema tedesco. Il suo primo mediometraggio First Time (the time for all but sunset – Violet) parte da una idea semplice e insieme geniale: contrapporre i tempi ristretti di un videoclip pubblicitario degli anni 80 (è uno spot della Coca Cola sulle note spensierate di First Time di Robin Beck) con un frammento di contemporaneità, un viaggio sulla metropolitana anulare U3 di Amburgo. Se da un lato il tono è speranzoso e caratterizzato dal colore arancio che inonda lo schermo in un monocromo rasserenante, dall’altro il lungo piano fisso sul vagone della metropolitana, con i due ragazzi uno di fronte all’altro, mostra un crepuscolo dell’umanità, un tramonto occidentale la cui luce dominante è viola. La contrapposizione tra le figure all’interno dello scompartimento e il paesaggio che scorre al di là del finestrino rimanda simbolicamente al viaggio esistenziale. Il tempo interiore non si accorda quasi mai con quello esteriore, c’è forse un momento magico, uno sguardo più profondo poi si ripiomba dentro il silenzio di monadi apparentemente senza aperture o soluzioni di continuità. Tutti con lo smartphone tra le mani, il capo chino, gli occhi fissi sullo schermo e sulla tastiera. Nessuna comunicazione verbale, rumori di fondo, un sottofondo musicale incessante dalle cuffie o dai cellulari che svaria dal techno pop fino a Somewhere Over The Rainbow con evidenti sottolineature ironiche. Come il poster sul capitalismo che fa capolino in alto a destra dell’inquadratura. Eppure tra i due ragazzi qualcosa sembra nascere, c’è un bellissimo gioco di occhiate, un po’ timide, un po’ audaci, imbarazzi evidenti a fior di labbra, gesti quasi meccanici come spezzare un Kitkat o bere una Coca Cola. Nella totale incomunicabilità e indifferenza di un paesaggio umano desolante, questi due ragazzi sembrano gli unici a voler rialzare il capo e dare uno sguardo al di là del limitato campo visivo.
Tutta la tensione accumulata tra i due si risolve in una battuta velocissima e rivelatrice (“Nice Shirt!”) che mostra un riconoscimento e lo stato nascente di un sentimento. I due si incontreranno di nuovo? Si separeranno per sempre? Si rivedranno prima dell’alba o prima del tramonto o dopo la mezzanotte? La risposta è in un movimento di macchina che procede verso l’esterno e si apre al mondo urbano circostante. La risposta è in uno sguardo verso un cielo stellato notturno che indica The Straight Story.
Presentato a Palermo in occasione della dodicesima edizione del Sicilia Queer Film Fest, First Time è un viaggio minimalista attraverso le discrasie del nostro tempo. Tra suoni, rumori, musiche (stupendo il sound design circolare di Iason Roumkos), frasi impercettibili e luci in fondo al tunnel si fa strada silenziosamente un incontro di identità in formazione, un coming of age che toglie i dialoghi alla love story di Richard Linklater per trasformarli in vuoti cui dare il nostro significato. Un mediometraggio (50 minuti complessivi) che sarebbe piaciuto tanto a Chantal Akerman. Fuori dalla pubblicità in cui ogni immagine rimanda al falso, fuori dall’isolamento di una tecnologia incapace di cogliere le sfumature dei colori di un tramonto, fuori dalla disperazione di un circolo vizioso in cui continuiamo a lasciarci trasportare come passeggeri ipnotizzati.