Fiuggi Film Festival: I film in concorso – Parte I

L’essere umano è al centro della scena in questa ottava edizione del Fiuggi Film Festival, che sviscera il dramma in tutte le sue forme, dal conflitto interiore alle leggi del desiderio

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L’essere umano è al centro della scena in questa ottava edizione del Fiuggi Film Festival, che sviscera il dramma in tutte le sue forme, dal conflitto interiore tra i desideri più profondi e la loro realizzazione concreta nel mondo esterno, alla giustizia irrisolta, fino ad arrivare all’isolamento e all’ossessione. Nel primo film in concorso, The Finishers, il dramma nasce all’interno del nucleo familiare, tra un ragazzo costretto sulla sedia a rotelle, ma impaziente di provare le stesse emozioni dei suoi coetanei, e suo padre, che lo incoraggia a superare la disabilità incitandolo a partecipare insieme a lui all’Ironman triathlon. Ma al di là dell’evento eccezionale e catartico della gara, Nils Tavernier, si concentra sulle difficoltà che presenta la disabilità all’interno di una famiglia e su come influenzi inevitabilmente i comportamenti di tutti coloro che ne vengono a contatto ogni giorno.p07-shoji-Finishers-a-20140829
Estremamente diverso è il conflitto interiore di Rebecca, la protagonista di A Thousand Times Goodnight, il film di Erik Poppe, presentato in anteprima nazionale, in cui l’amore per l’umanità e l’urgenza di comunicare attraverso le fotografie la sofferenza che attanaglia le zone meno battute del mondo, e i territori eternamente in guerra, si scontra con l’amore verso la propria famiglia e il bisogno di ascoltare anche il loro richiamo di aiuto. Saper catturare le emozioni in uno scatto è un dono prezioso, ma a portare il fardello di questo lavoro ad alto rischio è chi resta a casa, la famiglia. Poppe affonda le mani nel conflitto di intimo di Rebecca e in quello internazionale in cui è immersa, senza mai esprimere giudizi su quale sia la scelta giusta, e lascia la parola all’impatto emotivo delle immagini. 

binocheE se da una parte il tormento deriva da una ricchezza interiore incontenibile, dall’altra è il vuoto esistenziale dell’agente immobiliare Sébastien Nicolas dello straordinario Nobody from Nowhere di Matthieu Delaporte, l’uomo senza identità, che si appropria della vita degli altri per poter sopravvivere alla sua. Ne studia le movenze e i tratti del volto, li segue per settimane, fino a sostituirsi completamente alle vittime prescelte. Ma la corsa  alla personalità più carismatica si arresta bruscamente dopo l’incontro con il violinista misantropo Henri de Montalte, che calza perfettamente con lui, al punto che ad interpretarlo è lo stesso attore Mathieu Kassovitz. Giocando con le maschere umane, Delaporte narra l’ossessione del protagonista assecondando i toni cupi del thriller, con effetti sorprendenti, che richiamano il dramma pirandelliano dell’identità.un-homme-ideal-pierre-niney Mathieu, il protagonista di A Perfect Man di Yann Gozlan al contrario ha le idee chiare su chi è e chi vuole essere ma, non avendo il talento necessario per emergere nel mondo della letteratura, si appropria di un vecchio manoscritto e, da quel momento in poi, interpreta la parte che ha scritto su di sé fino alla sua morte interiore. I panni dello scrittore gli stanno stretti e il senso di colpa per rivestire un ruolo che non ha mai meritato lo tormenta giorno e notte, e gli si ritorce contro nella maniera più violenta possibile. Il suo paradiso artificiale si rivela un inferno di sangue e bugie, talmente soffocante che la vita nell’anonimato diventa all’improvviso la più desiderabile. Ancora una volta l’io entra in contatto con sé stesso, si disconosce e si riconosce, cercando disperatamente una parte da interpretare sul palcoscenico del mondo.

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