Fiume o morte!, di Igor Bevinović
Il documentario punk del regista nativo di Rijeka (Fiume) ci ricorda come deridere oggi il fascismo sia un doveroso atto di resistenza. Vincitore del Tiger Award al Festival di Rotterdam 2025

Nel 1919, indignato per l’esito della Conferenza di pace di Parigi, che proponeva di consegnare la città di Fiume (Rijeka, Croazia) alla Jugoslavia, il poeta proto-fascista e ufficiale dell’esercito italiano Gabriele D’Annunzio decise di occupare la città. I successivi sedici mesi di occupazione rappresentano uno degli esperimenti di governo più bizzarri della storia del XX secolo.
“I miei colleghi italiani mi hanno avvertito di non menzionare troppo il fascismo nell’introduzione, quindi, per il bene degli spettatori italiani, mi fermerò qui”. Così Igor Bevinović, giovane regista nativo di Rijeka, introduce il suo documentario ibrido dal titolo Fiume o morte!, vincitore del Tiger Award e del premio FIPRESCI al Festival di Rotterdam 2025. L’obiettivo dell’autore non è solo quello di ricordare e ricostruire l’assurda impresa fiumana e i mesi di occupazione, ma soprattutto rintracciare cosa resta nella memoria collettiva della sua città e dei suoi concittadini. Ciò che fin da subito rende il progetto così intrigante è la scelta di coinvolgere la gente del posto, prima solo per delle interviste in strada e in seguito arruolati come interpreti del film. “Chi è Gabriele D’Annunzio?”, chiede Bevinović agli avventori del mercato di Rijeka. Molti non lo conoscono, qualcuno lo definisce “un fascista italiano che ha occupato la nostra città”, altri “un poeta e seduttore, amante della Duse”. Una donna che si definisce pioniera di Tito lo chiama “orribile fascista” e ricorda come ancora ce ne siano molti in giro, solo che al giorno d’oggi è molto più difficile riconoscerli. Fiume o morte! mette in luce la considerazione antitetica dei due paesi nei confronti di D’Annunzio; in Italia è un patriota e grande poeta a cui sono stati dedicati due monumenti, mentre in Croazia viene ricordato come un pazzo amante della cocaina con i denti marci. Dopotutto, lui stesso non fu mai tenero con il popolo occupato, come quando li definì “bastardi slavi” e “sporchi croati”.
L’autore decide così di rievocare in maniera surreale il poeta vate mettendo in scena tutte le tappe dell’impresa fiumana arruolando molti cittadini calvi per interpretarlo, ognuno a suo modo, un’operazione che ricorda quella ancor più paradossale di Quentin Dupieux per il suo DAAAAAALI!. La campagna di D’Annunzio prende vita grazie alla partecipazione di centinaia di cittadini e l’aiuto delle oltre 10.000 fotografie che il poeta aveva fatto scattare per lasciare un ricordo ai posteri. Bevinović ricrea molte di queste immagini, incoraggiando un dialogo tra passato e presente e consentendo deliberatamente a elementi anacronistici di infiltrarsi nelle ricreazioni storiche, come nella sequenza in cui il signor Cico, uno dei D’Annunzio, imbraccia una chitarra elettrica per accompagnare la “Santa Entrata” a Fiume. Oppure le foto dei legionari reinterpretate da donne tatuate e uomini con in mano degli smartphone, con inquadrature simmetriche e colorate che ricordano momenti del cinema di Wes Anderson. O ancora un D’Annunzio che cammina tra gli ultras croati con cui scatta dei selfie.
Un documentario punk, satirico e grottesco. Spesso ripetitivo nei concetti e autocompiaciuto, una conseguenza del divertimento che cast e troupe hanno provato durante le riprese. Ma deridere il fascismo è, in particolare oggi, un doveroso atto di sabotaggio, soprattutto quando a farlo sono quegli “sporchi croati” che D’Annunzio tanto disprezzava. Con Fiume o morte!, Igor Bevinović dirige un film dal potere liberatorio con cui ha tentato di esorcizzare il passato complicato di un popolo che ha fatto parte di otto paesi diversi, senza mai perdere la propria identità, come testimonia la vivace festa di Carnevale nei titoli di coda.