Flow. Un mondo da salvare, di Gints Zilbalodis

Il lungometraggio animato del regista lettone mostra una magnifica cifra stilistica ed estetica nel creare un mondo costretto dalla catastrofe a ritrovare la poesia di vivere.

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Il racconto di avventura vive di curiosità, di apnee, di pericoli che minacciano lo stato delle cose o della scoperta di un tesoro, di perle nascoste nei relitti. Nel cinema di Gints Zilbalodis, giovanissimo maestro dell’animazione, accade tutto questo: una apocalisse invade la terraferma, ridotta ad un’unica distesa d’acqua, e saltano le certezze, il cibo scarseggia, si lotta per la sopravvivenza. Protagonista della storia è un gatto, costretto dalla perdita dei suoi riferimenti ad imbarcarsi su un’arca sui generis, e vincere la sua atavica paura dell’acqua insieme ad improbabili alleati: un capibara, un lemur, un cane ed un uccello. Dell’uomo, possibile responsabile della catastrofe, poche tracce. In questo secondo lungometraggio, il regista lettone, dopo l’esordio autonomo di Away in cui ha curato ogni aspetto creativo e produttivo, trova sostegno economico e ed un minimo di aiuto nella realizzazione di un progetto di qualità e maturità impressionante, selezionato a Cannes nella sezione Un certain regard e premiato con ben 4 riconoscimenti ad Annecy.

Il mondo sommerso diventa un territorio da esplorare ed un cui specchiarsi, piombando in un baleno dentro uno sconosciuto ed antico modello giurassico, guidati da fughe prospettiche visive e sonore, piani sequenza spettacolari ad altezze irraggiungibili che stendono uno sguardo panoramico all’orizzonte, e testimoniano la notevole cifra stilistica dell’autore. Ammutinamenti, crudeltà, l’indipendenza da contrapporre al branco, il bisogno di superare la diffidenza, di guardare alla diversità come un’occasione per ritrovare fiducia negli altri. Non è certo nella novità la forza di Flow. Un mondo da salvare, trattando delle tematiche classiche, atemporale e necessaria didattica, rientra piuttosto nel novero della narrazione terapeutica, un regno animale antropomorfo, simile per certi versi alla declinazione meccanica della solitudine di Robot Dreams di Pablo Berger, come schema per ricominciare ad imparare dagli altri, ritrovare un senso collettivo. Ogni specie rappresenta quella chiusura da superare, dietro un radicamento di consuetudini che hanno origine dall’ansia e dallo spavento e non dalla genuina tradizione comunitaria. Guardare gli altri per conoscere qualcosa di sé stessi, e con uno scambio ed un incremento reciproco di esperienze trovare una chiave, un nuovo ingresso, una nuova strada. Un altro grande merito, in un mercato ossessionato dal target, il carattere e l’approccio multiage del film, ottimo per risvegliare negli adulti emozioni ed ideali in ottica politica, collegandolo al disastro ecologico oltre che alle dinamiche sociali di leadership e controllo da ottenere con la forza. Adottare uno sguardo infantile, innocente, è l’alternativa, da vivere con trasporto, e muovendosi in questa favola formidabile cogliere le sfumature, i dettagli fantastici del sogno estetico, e considerare le peripezie il prezzo da pagare per ritrovare la purezza, una fede finita in un angolo di cuore, sola, al buio.

 

Titolo originale: Flow
Regia: Gints Zilbalodis
Distribuzione: Teodora Film
Durata: 84′
Origine: Belgio, Francia, Lettonia 2024

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
4
Sending
Il voto dei lettori
4.43 (7 voti)
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