Footloose, di Herbert Ross

I nuovi ribelli senza causa degli anni ’80, colpevolmente trascurato dalla critica quando è uscito, ha definitivamente lanciato Kevin Bacon. Oggi, ore 22.40, Sky Passion

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I piedi che ballano sui titoli di testa. Con effetti videoclip, quasi sulla scia dei folgoranti fasci di luce di Flashdance. Con cui condivide anche uno sguardo sulla città, in questo caso, Beaumont: la strada, la ferrovia abbandonata, il ponte, il magazzino. La musica diventa la fuga. Come La febbre del sabato sera che, dietro l’elettrizzante colonna sonora, era un potente affresco realistico di nuovi ‘ribelli senza causa’, personaggi poi alimentati all’inizio del decennio successivo dallo splendido dittico di Coppola, I ragazzi della 56° strada e Rusty il selvaggio.

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Ren (Kevin Bacon), si trasferisce a Beaumont da Chicago assiema alla madre. Lì la musica e il ballo sono stati aboliti. Il reverendo Moore (John Lithgow) pensa infatti che siano peccaminoso e li ha aboliti con l’appoggio di gran parte degli abitanti del luogo. Ben però non ci sta e si fa aiutare da Ariel (Lori Singer), scatenando una ribellione tra i coetanei.

All’epoca è stato un grandissimo successo di pubblico, trainato anche dalla colonna sonora capitanata dal brano del titolo di Kenny Loggins che ha avuto anche una nomination all’Oscar come miglior canzone. Inoltre ha definitivamente lanciato Kevin Bacon, con una prova tutta muscoli e nervi, dopo che l’attore aveva avuto piccoli ruoli in Animal House e Venerdì 13 e aveva già dato dimostrazione del suo talento in A donne con gli amici di Levinson.

Footloose è un film stratificato, esempio di un cinema criticamente trascurato quando è uscito, ma che in realtà contiene più livelli. Da una parte, come si sottolineava, c’è il ritorno di un certo cinema degli anni ’80 agli anni ’50. La scena della gara tra trattori, sottolineata da Holding Out for a Hero di Bonnie Tyler, è un evidente omaggio alla ‘corsa del coniglio’ di Gioventù bruciata. Ma Footlooose è un film che urla la sua rabbia dall’inizio. Ancora sulla strada. Già nell’impetuoso momento in cui Ariel sfida il pericolo mettendosi a metà tra l’auto delle amiche e un furgone. O lo fa anche attraverso le parole del reverendo, un ottimo John Lithgow, in cui compaiono gli effetti mélo che avevano già attraversato Due vite, una volta – altro film sulla danza, quindi sul rapporto tra il movimento e il tempo (Ross aveva infatti iniziato la carriera come ballerino) – e che ritorneranno ancora in Fiori d’acciaio e A proposito di donne.

Il modo in cui Footloose tratteggia la rimozione del lutto è esemplare. Invisibile e condizionante, quasi una sorta di maleficio nascosto nelle zone di un horror sotterraneo, evidente nella prova di Lori Singer, a tratti con gli occhi di fuori e indemoniata. Ma al tempo stesso diventa un’altra variazione su come conservare la memoria, La musica per Footloose è come i libri per Fahrenheit 451. Che, non a caso nel film si vedono e diventono l’altra, parallela, forma di proibizionismo nel momento in cui ne vengono bruciati alcuni peccaminosi della biblioteca. Fino alla memoria come tempo perduto. L’elaborazione del lutto, John Lithgow e Dianne Wiest, i genitori di Ariel, con la nostalgia del passato fuori al capannone dove si sta svolgendo la festa. Una delle  magie di un ballo che diventa già, dagli anni ’80, altro viaggio indietro nel tempo.

 

Titolo originale: id.

Regia: Herbert Ross

Interpreti: Kevin Bacon, Lori Singer, John Litgow, Chris Penn, Dianne Wiest, Sarah Jessica Parker

Durata: 107′

Origine: Usa 1984

Genere: commedia/drammatico

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