Forever Young, di Fausto Brizzi

Con Forever Young, la battaglia fra i sessi che contraddistingue il cinema di Brizzi diventa una battaglia persa in partenza, con l’aggiunta della sindrome di peter pan alle idiosincrasie di coppia

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Con Forever Young, la battaglia fra i sessi che contraddistingue il cinema di Brizzi diventa una battaglia persa in partenza. Se in Maschi contro Femmine l’assunto di fondo, preso in prestito dal Troisi di Pensavo fosse amore invece era un calesse era che “un uomo e una donna sono le persone meno adatte a sposarsi tra di loro”, mai come in quest’ultimo film, scritto a sei mani con Marco Martani e Edoardo Falcone questa tesi diventa il definitivo epitaffio della coppia, quantomeno intesa in senso canonico, mentre la coppia degli anni duemila diventa un organismo informe ed irrequieto. E l’impossibilità è definitivamente suggellata perché come se non bastassero le nevrosi, le idiosincrasie e le incomprensioni quotidiane Brizzi, Martani e Falcone aggiungono un ulteriore elemento di separazione, ossia l’ansia dell’eterna giovinezza, una sindrome da Peter Pan che investe tanto gli uomini quanto le donne e che pur mostrata utilizzando la formula comica, di comico ha ben poco. La realtà rappresentata in Forever Young tramite il sorriso amaro ci avvicina piuttosto ad una dimensione tragica, mostrandoci personaggi che si muovono nella condizione dicotomica ed inconciliabile tra un perenne bisogno di cambiamento (un giovane amante a notte per la cinquantenne Sonia, il sentirsi libero a molteplici tradimenti per il cinquantenne Sandro) che nasconde un’immobilità di fondo, in uno stato di  perpetua impossibilità e mancanza.

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lorenza indovina e fabrizio bentivoglio in forever youngManca sempre qualcosa ad ognuno dei protagonisti di Forever Young e le coppie tra gli attempati e i giovanissimi risultano essere dei palliativi che alleviano da un vuoto che resta sullo sfondo ma aleggia costantemente nella allegra vacuità che caratterizza quasi tutti i personaggi del film. Se, come ha affermato Brizzi, le commedie devono giocare anche sui luoghi comuni, Forever Young coglie tramite i suoi personaggi gli stereotipi di oggi – con la consapevolezza che nascono spesso da un humus di realtà – e gli restituisce la giusta dose di spessore per renderli al contempo reali e “macchiettistici”. Così facendo entra a gamba tesa in un contemporaneo fatto di abbozzi e vaghi tentativi falliti, dove quasi tutti i personaggi del film preferiscono di gran lunga galleggiare sulla superficie della perenne spensieratezza e inebriarsi di un mondo glamour dove il tempo risulta magicamente sospeso, piuttosto che confrontarsi con la sfida quotidiana del “diventare grandi”. Sul fronte sentimentale solo i più cinici (o forse i più realisti) si mantengono a galla, mentre affondano le coppie nate da uno slancio più sincero. Forever Young è effettivamente il più cattivo tra i film di Brizzi, perché si pone come una fotografia lucida ed implacabile di quel luogo arido, fatto di apparenza e opportunismo, che è il contesto all’interno del quale si muovono i suoi protagonisti. Il terrore dell’invecchiamento viene mostrato con un’ironia acre e a tratti irresistibile, sottolineandone gli aspetti patetici (il dj interpretato da Lillo) o i fanatismi (l’anziano avvocato Franco, che non teme un secondo infarto pur di partecipare alla maratona) o vittoriosamente indifferenti, come il personaggio di Giorgio (incarnato da un efficacissimo Bentivoglio, con un sorriso sornione perennemente stampato in faccia) tramite il quale Brizzi e gli sceneggiatori ci mostrano un ribaltamento dell’idea di “scappatella” in chiave contemporanea.

Regia: Fausto Brizzi

Interpreti: Fabrizio Bentivoglio, Sabrina Ferilli, Teo Teocoli, Stefano Fresi, Pasquale Petrolo, Lorenza Indovina, Luisa Ranieri, Claudia Zanella

Distribuzione: Medusa

Durata: 95′

Origine: Italia 2016

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