Fragments of Paradise, di KD Davison

Un’intera esistenza scomposta in frammenti d’immagine, meticolosamente assemblate da Davison con questo documentario dal grande cuore. Il giusto ritratto dell’artista. Orizzonti

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Un’intera esistenza scomposta in grandi, e talvolta anche molto piccoli, frammenti che hanno saputo anticipare e profetizzare di decenni la nuova narrativa del contemporaneo, del racconto/diario giornaliero costruito solamente attraverso le immagini. Mekas per la maggior parte della sua vita ha ripreso tutto ciò che lo circondava, a partire dai grandi luoghi artistici dell’America underground fino alle cenette familiari, forse arrivando a rappresentare uno dei punti più nevralgici e complessi della storia del cinema. Eppure il folgorante inizio di Fragments of Paradise ci mostra questo mastodontico artista afflitto oramai dalla vecchiaia e dalla solitudine che, in preda ad una vera e propria crisi identitaria, trae le conclusioni della propria esistenza, chiedendosi se tutto ciò che ha ripreso durante questi anni, tutto ciò che ha costruito e rappresentato, effettivamente abbia avuto un senso nel corso del tempo, una logica. E Davison, con il documentario presentato nella sezione Orizzonti, risponde simbolicamente alla triste domanda del regista con grande tatto e consapevolezza, realizzando un’opera capace di trattare lucidamente la vita del regista attraverso le istanze del suo vasto immaginario, anche grazie alle parole e agli sguardi delle persone che lo hanno accompagnato durante la sua lunga carriera. 

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Infatti ciò che colpisce di Fragments of Paradise è la volontà di raccontare il Mekas uomo piuttosto che il Mekas artista, quasi emancipandolo dal contatto morboso con la macchina da presa e a volergli dare una dimensione prettamente umana. Ovviamente tutta la forza divulgatoria e artistica di Mekas giustamente prevale, ma Davison sposta il suo fulcro d’interesse principalmente nel ritrarre la positività e le debolezze di un uomo situato costantemente nel limbo, restio dal mostrarsi realmente, dove solo l’obiettivo riesce a  catturare e successivamente a trasmutare le sue emozioni, facendolo comunicare con la bellezza che ha tanto agognato immortalare. E Fragments of Paradise non è altro che la passionale e struggente risposta alla pessimistica domanda che Mekas si rivolge all’inizio del documentario. Una bellissima lettera d’amore nei confronti di uno dei registi più avanguardisti e follemente innamorati della storia del cinema…

 

 

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3.8
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Il voto dei lettori
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