Fran Lebowitz: vivere e (non)scrivere la Città

“La donna più spiritosa del mondo”, “la scrittrice che non scrive”, leggenda metropolitana intrinsecamente legata a New York City. Ecco chi è la protagonista della docuserie Netflix di Scorsese

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Un po’ Dorothy Parker, un po’ George Sand, personaggio dallo stile inconfondibile con il caschetto arruffato, i suoi abiti maschili, le camicie su misura, i gemelli dorati, i jeans Levi’s, gli occhiali tartarugati e gli stivali da cowboy, la scrittrice Fran Lebowitz è ancora una volta, a distanza di dieci anni, protagonista di un documentario di Martin Scorsese dal titolo Fran Lebowitz: Una vita a New York. Già nel 2010, infatti, era stata al centro di Public Speaking, lavoro allora prodotto da HBO, in cui il regista accostava interviste più recenti a clip di repertorio per presentare al pubblico la sua amica di lunga data e per fugare, forse, definitivamente i dubbi di quanti si stessero ancora domandando, «Chi è Franz Lebowitz?».

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Ebbene, innanzitutto, e la nuova docu-serie Netflix ne è la conferma, non si può parlare di lei prescindendo dalla sua città, New York, che l’accoglie da quando a diciotto anni, cacciata da scuola, lasciò il New Jersey alla volta della Grande Mela. Per parafrasare il Woody Allen di Manhattan, «she adores New York City».  Creatura androgina, cinica e irriverente come solo una newyorkese doc (seppur d’adozione) può essere, in grado di destreggiarsi tra saggistica, sceneggiatura e storytelling, è conosciuta ai più per essere la più celebre «scrittrice non scrivente» della sua città, una sorta di leggenda metropolitana: dopo aver esordito negli anni Settanta come giornalista per varie riviste tra cui Changes e Mademoiselle scrivendo articoli di costume, fu chiamata da Andy Warhol in persona a scrivere sull’Interview la rubrica “I Cover the Waterfront”. I numerosi saggi e le riflessioni sulla vita cittadina e sulle curiose abitudini dei suoi abitanti, prodotte in questi anni sono confluiti successivamente in due volumi best-seller, Metropolitan Life e Social Studies, rispettivamente del 1978 e del 1981, che attirarono l’attenzione del pubblico e la fecero entrare di diritto negli ambiti circoli intellettuali del Village.

Gli anni Novanta che seguono, corrispondono alle difficoltà dovute al temuto spettro che grava sulle spallo d’ogni creativo, il «blocco dello scrittore», o «writer’s blockade» come Lebowitz lo definisce, da cui non è mai uscita, o meglio da cui non ne è mai uscita canonicamente. Sono anni infatti che il suo editore è in attesa di un libro che probabilmente non vedrà mai la luce, eppure la sua influenza è ben lungi dall’essere al tramonto. Attrice occasionale – ha preso parte alla serie cult Law and Order, di cui ha anche scritto alcuni episodi, ed ha recitato in The Wolf of Wall Street di Scorsese, di cui è co-sceneggiatrice – ma soprattutto oratrice abilissima nel ‘public speaking’ e stand-up comedian, ha fatto della sua debolezza una forza, facendo fruttare al meglio il suo non scrivere. D’altronde, parole sue «a nessuno di quelli che sanno scrivere piace scrivere, e quelli cui piace tanto scrivere in genere sono negati», con una sola eccezione. Provare per credere.

 

 

 

 

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