"Frontiers – Ai confini dell'inferno", di Xavier Gens

Arriva con un po’ di ritardo sui nostri schermi uno degli horror più interessanti degli ultimi anni: un film che è un gesto di resa nei confronti degli orrori del mondo, una dichiarazione di sconfitta globale che riguarda tutti. Un cinema che ancora non ha paura di utilizzare la carne, il sangue e il fango come strumenti dialettici per trasmettere un’idea e una visione: indubbiamente derivativo, ma con classe.

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Prima di realizzare in America un blockbuster come Hitman, il francese Xavier Gens ci aveva deliziati con uno degli horror più violenti e sanguinosi degli ultimi anni, quel Frontiers che, insieme a A l’intérieur di Alexandre Bustillo e Julien Maury, ha spostato sulla Francia l’attenzione di appassionati e di una certa fetta di critica. A Gens l’originalità della trama non interessa, e infatti il suo film si muove all’interno di un universo che lo spettatore conosce a menadito: comincia con le immagini degli scontri nella banlieue parigina, richiamando allo stesso tempo reportage televisivi di scottante attualità e atmosfere più vicine a L’odio di Kassovitz, per poi sterzare violentemente verso l’horror. Quello nuovo (Hostel) e quello meno nuovo (Non aprite quella porta): insomma, la classica ripetizione dei soliti clichè. O forse no, forse c’è dell’altro. Forse dietro tutta la violenza e il sangue che Gens mette in scena si nasconde qualcosa di più, ma non tutti sembrano pronti (o desiderosi) di cogliere il sottotesto che sta dietro il film. Sottotesto che non è quello politico che sembrerebbe emergere dal plot, contestualizzato in una realtà soggiogata da un regime para-fascista: no, Frontiers non è questo, per fortuna. Frontiers è in realtà un grido disperato, non di allarme ma di resa: è la presa di coscienza di una sconfitta globale e non limitata a un contesto unitario, che riguarda quindi qualsiasi individuo. Un film che si arrende all’orrore che dilaga

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inarrestabile, e dinanzi al quale non si può far altro che alzare le braccia (come nell’ultima inquadratura) e prenderne atto; un viaggio angosciante negli abissi della follia, e quindi del mondo, di questo mondo, il nostro, nel quale si fugge da un orrore solamente per poi sprofondare in un altro più grande, senza possibilità di evasione. Un cinema che, inaspettatamente e coraggiosamente, si immerge fino al collo nel fango nel sangue come mai era capitato di vedere negli ultimi tempi, e se fa ciò non è mai per colpire lo spettatore in maniera fine a sé stessa: in pochi avranno il coraggio di ammetterlo, ma la violenza in Frontiers non è mai gratuita, bensì necessaria. Già, necessaria. Il gore, lo splatter o il sangue che dir si voglia, (ri)diventa strumento dialettico imprescindibile per comunicare con lo spettatore e metterlo in guardia, in maniera sicuramente diversa ma in qualche modo affine ai due Hostel di Eli Roth. L’orrore ci piace e ci attrae, l’orrore ci disgusta e ci spaventa: in ogni caso è una nostra creatura, e questo è il motivo per cui ne abbiamo (ancora) così tanto bisogno.

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Titolo originale: Frontière(s)

Regia: Xavier Gens

Interpreti: Karina Testa, David Saracino, Maud Forget, Samuel Le Bihan, Jean-Pierre Jorris

Distribuzione: Moviemax

Durata: 108’

Origine: Svizzera/Francia, 2007

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