Fuori era primavera, di Gabriele Salvatores

Il film “collettivo” di Gabriele Salvatores formato dalle testimonianze degli italiani sulla vita del primo lockdown. Un racconto sospeso nel tempo, fondato sulla forza del montaggio. Su RaiPlay

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Presentato all’ultima Festa del Cinema di Roma, in seguito reso disponibile su RaiPlay (dove lo si può visionare tuttora), fino al passaggio televisivo del 2 gennaio, il documentario di Gabriele Salvatores, dal titolo esteso Fuori era primavera – Viaggio nell’Italia del lockdown, è in realtà, per bocca dello stesso regista, un film “collettivo”. Sulle orme dell’operazione già messa in piedi dall’autore per il suo Italy in a day, nel 2014, Salvatores ha infatti raccolto le diverse testimonianze giuntegli dalla popolazione sull’esperienza, stavolta, del “primo lockdown”, ossia quello consumatosi tra i mesi di Marzo e Giugno del 2020. Se allora nel caso precedente la sfida narrativa era partire dai diversi vissuti della stessa giornata (il 26 Ottobre 2013) per farne un racconto univoco, in questo caso, data la condizione pandemica per forza di cose universale e quindi comune, ci si muove esattamente all’opposto, cercando quindi la varietà (e verità) in ciò che già di per sé nasce come un’unica e drammatica prova “collettiva”. 

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Se dovessi rifarlo oggi, farei probabilmente un montaggio diverso” ha affermato Gabriele Salvatores, durante la presentazione che ha preceduto la messa in onda su Rai3. E non è difficile capirne il motivo, visto che il film si chiude con la fatidica data del 4 giugno che di fatto mise fine, almeno, al lockdown forzato, con la speranza, breve e fugace, che il peggio fosse ormai passato resa vana dall’arrivo della seconda ondata. Una difficile condizione, quindi, di cui non ci siamo ancora neanche lontanamente liberati del tutto, eppure, quasi a smentire le oneste parole del regista, Fuori era primavera non poteva giungere in un momento migliore, ossia all’inizio di un nuovo anno fatto di promesse e rinnovate prospettive. Perché se prima poteva essere “troppo presto” (vedasi le polemiche che hanno accompagnato l’uscita di Lockdown all’italiana di Enrico Vanzina), adesso sì che si può riflettere su cosa quei mesi di “reclusione” hanno significato per tutti, ricordandone le difficoltà e le sostanziali differenze con la situazione attuale, nel bene e nel male. In una realtà che in fondo muta da un giorno all’altro ad una velocità incredibile, come mai prima d’ora, adesso sì che la comunità intera può guardare e riconoscersi sullo schermo nel racconto di quando, invece, quel tempo si è drammaticamente fermato.

 

Ecco, proprio il tempo da una parte e l’esperienza collettiva dall’altra, sono gli elementi alla base tanto delle svariate testimonianze che compongono l’opera, quanto in fondo del cinema stesso. “Oggi, sommersi da qualsiasi tipo di immagine, non è forse il montaggio quindi il racconto, la vera anima di un film?” diceva non a caso lo stesso Salvatores commentando Italy in a day. Ed è proprio questa la peculiarità più evidente di Fuori era primavera, in cui la forza del montaggio e quindi del racconto cinematografico rappresentano la sua fondamentale differenza, specialmente rispetto agli infiniti approfondimenti delle trasmissioni e dei telegiornali televisivi, i video, i “post”, le denunce che che hanno affollato e dominato le nostre case, senza sosta, in tutto quest’anno nefasto, sancendo in questo modo l’esigenza, narrativa quanto artistica, di questo film. Sono tanti gli spunti offerti dalla pellicola, dai professionali ai famigliari, andando però oltre quei disagi sociali descritti poc’anzi, comunque ben presenti. La cronaca, le date, scandiscono il racconto, come fossero una realtà quasi esterna, per quanto opprimente e incontrollabile; aiutano ad inquadrarlo, ma non ne sono il fulcro. La scelta di Salvatores è infatti quella di concentrarsi sull’uomo, sulle sue impreviste fragilità e, nel frattempo, la riscoperta di quei punti fermi da cui ripartire, in questo suo nuovo e stravolto “ordine”, appunto. Contrapposto, poi, alla natura che nel frattempo si è riappropriata dei propri spazi, che è tornata a vivere ed abitare quei luoghi adesso lasciati vuoti, o meglio sospesi. Come questo “viaggio per l’Italia”, come le musiche che lo accompagnano, patrimonio immortale dell’umanità e senza tempo. 

Fuori era primavera è allora uno spaccato “piccolo” ed essenziale, ma che al tempo stesso riesce ad emozionare per il suo rivelarsi universale e completo. Anche lì quando dietro alcune testimonianze si intravede una chiara costruzione, si percepisce comunque una reale sensibilità, uno spirito di condivisione. Spogliato perciò di ogni possibile (e potenziale) retorica, il film di Salvatores restituisce un’immagine pura di un evento terribile, che ragiona sulla privazione della normale quotidianità. Nella sua assenza, ne ritrova l’infinito valore, arrivando a risaltare tutto ciò che può rendere “viva” l’esistenza di una persona.

Titolo originale: Fuori era primavera – Viaggio nell’Italia del lockdown
Regia: Gabriele Salvatores

Distribuzione: 01
Durata: 75′
Origine: Italia, 2020

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3

Il voto al film è a cura di Simone Emiliani

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Il voto dei lettori
5 (1 voto)
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