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Fuori la verità, di Davide Minnella

Un gioco al massacro in prime-time dopato (finalmente!) dal gusto per l’eccesso che demolisce le due istituzioni cardine della società italiana: la tv e la famiglia.

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I Moretti sono una famiglia romana all’apparenza coesa e benestante: i genitori gestiscono un’impresa dedita all’organizzazione di matrimoni mentre tra i tre figli c’è chi studia all’università e chi comincia ad affermarsi nel mondo dei social. Come se volessero testare la loro unione, i componenti scelgono di partecipare insieme a “Fuori la verità”, un classico game-show a premi che ha però la peculiarità di essere basato non su sfide fisiche o preparazione logico-culturale ma sul più puro e apparentemente semplice concetto umano: la verità. Per vincere il ricco montepremi di un milione di euro basta infatti “solo” rispondere con onestà alla serie di domande inerenti la propria famiglia la cui vita, nel corso dei mesi precedenti, è stata scandagliata in lungo e largo dagli autori tramite profilazione digitale, appostamenti e ricerche presso parenti e amici. Ma arrivare in fondo alle sei sezioni dell’evento in prime-time si rivelerà un’impresa ben più ardua del previsto, tanto da minacciare non solo gli equilibri interni ma perfino l’esistenza stessa della famiglia Moretti… Fuori la verità si pasce di un high-concept che sembra uno spin-off in salsa italica di Black Mirror: cosa succede al nucleo fondante della società italiana del 2025, ovvero una famiglia eterogenitoriale attraversata da istanze lbtq+ ed appartenente al favoleggiato ceto medio (in realtà ormai declinante da decenni) quando lo si mette sotto l’occhio di un reality show travestito dal formato più di successo in questa Italia ludopatica, ovvero il quiz time con esagerato montepremi finale?

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Il patto che Minnella e la sua squadra di sceneggiatori stringono con lo spettatore balla senza paura tra il confine del kitsch e del colpo di classe per tutta la prima parte, beccheggiando su una critica salace ma irrisolta. Ma quando il film, dopo la seconda prova, decide di mollare gli ormeggi della verosimiglianza cinematografica per la più iperuranica fantasia televisiva – il dramma da soap-opera con pluricornificati, gravidanze a sorpresa e dissesto finanziario – il sadismo da black-comedy comincia finalmente a dare i suoi frutti. “Il cinema è per le pippe, qui è tutto vero” – sentenzia infatti, con terminologia squisitamente da tubo catodico, lo showrunner Simone, egli stesso carnefice e vittima di un gioco al massacro che salomonicamente individua i suoi nuovissimi mostri tra pubblico (Marina Rock che dileggia i suoi telespettatori durante gli stacchi pubblicitari), partecipanti, autori e presentatori. Così il fatto che la famiglia borghese con più scheletri nell’armadio d’Italia concorra ad un gioco che richiede proprio di buttare giù il castello di bugie delle loro cinque esistenze svela la natura mai innocente del mezzo televisivo, capovolgendo la natura della denuncia iniziale. Il trash non è difatti il comodo specchio della nostra piccolezza morale ma il mezzo mediale con cui disintegrare il nostro male più esiziale: l’ipocrisia del perbenismo familistico. Ecco che l’happy-end finale assume allora senso catartico non tanto per lo scampato pericolo quanto perché esito necessario e ineludibile ottenuto grazie ai due format più falsi – e quindi veri, come insegnava uno che di mistificazioni era pratico – della galassia entertainment che è la vita pubblica ai tempi delle piattaforme.

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Regia: Davide Minnella
Interpreti: Claudio Amendola, Claudia Gerini, Claudia Pandolfi, Leo Gassmann, Eleonora Gaggero, Alice Lupparelli, Sara Drago, Lorenzo Richelmy, Massimo Wertmüller, Filippo De Carli, Eduardo Valdarnini, Tobia De Angelis, Michela Andreozzi, Daniela Virgilio, Luca Amorosino
Distribuzione: PiperFilm
Durata: 112′
Origine: Italia, 2025

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3.5
Sending
Il voto dei lettori
3 (9 voti)
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