FUTURE FILM FESTIVAL 2004 – Tamburi di Guerra per le nuove colonne (sonore) del cinema italiano.

Notevole successo di pubblico per un inusuale, giocoso e passionale incontro con l'ultima generazione dei compositori di colonne sonore per il cinema e la televisione. Il digitale è il futuro, ma l'italico presente sfiora un malinconico "neorealismo" produttivo.

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Bisogna dire che i signori che fanno musica per molti dei film più apprezzati degli ultimi anni appaiono davvero molto simpatici e scanzonati. Iniziando dal decano dei Goblin di profondo Rosso, Claudio Simonetti (Il cartaio) che pare sempre giovane e sempre più vicino alla bonomia dolce e malinconica del suo grande padre Enrico, e proseguendo con le voci di Andrea Guerra (meritevolissimo rampollo di Tonino, lo sceneggiatore di Fellini), di Paolo Buonvino (L'ultimo Bacio), di Pivio e Aldo De Scalzi (Casomai, Distretto di polizia), di Ezio Bosso (Io non ho paura) e di Riccardo Giagni (Buongiorno Notte) ognuno di loro è riuscito, chi con poche battute chi con riflessioni più approfondite a fare percepire al pubblico ciò che si muove nel mondo sommerso della musica da film, con grande leggerezza.

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Naturalmente i temi affrontati riguardavano le tecnologie digitali, l'uso del surround, il 5.1 dei DVD, le frontiere della composizione sintetica, ma curiosamente ciò che emerso dalle risposte alle domande del moderatore non ha riguardato tanto il mondo del possibile quanto quello dell'improbabile o addirittura dell'impossibile. Le tecnologie migliorano il vostro lavoro? Andrea Guerra " Sicuramente, ma io compongo con la passione, ogni tecnologia nuova è solo una penna in più con la quale scrivere. Oltretutto molto spesso le tecnologie non sono conosciute da chi dovrebbe usarle creativamente e nemmeno la musica. Mi è capitato di lavorare con un regista che mi chiedeva una musica gialla. Gialla? Gli ho detto, va bene… la faremo gialla. Io cerco sempre di aiutare i registi a capire ai cosa si potrebbe fare per la colonna sonora, per l'ascolto al cinema, con il sourround; li prendo li metto al centro della sala e gli dico – la senti la musica che viene da dietro?". (Notevole). Riccardo Giagni delega al regista la responsabilità creativa sul film, ma ricorda dei grandi limiti che lo stesso modello produttivo italiano comporta. Buonvino, gli fa eco ricordando quanto sia inutile affaticarsi a creare un suono perfetto quando la metà delle sale italiane è ancora dotata della sola stereofonia, e in alcuni casi nemmeno quella. Pivio e Aldo De Scalzi polemizzano sui tempi concessi all'autore delle musiche:"In America, per missare un film, impiegano settimane, da noi qualche giorno e qualcuno dice, pensando al risparmio, che si potrebbe fare a meno delle orchestre e dei musicisti. A questo diciamo no!".(Giustissimo). Bosco chiede nuova dignità professionale per i compositori, compensi per il contributo professionale e non solo diritti  SIAE. Tutti sono perfettamente d'accordo sui guadagni inadeguati. Meglio pensare alle partiture per le suonerie dei cellulari.


Sembrano essere tutti assieme una bella ensemble di jazz impegnata in una session di vecchio bebop. Sicuramente hanno "groove".


Si è parlato più di quello che si potrebbe fare e non si fa (l'impossibile) e sorvolato su quello che si è costretti a fare (il possibile). La sensazione che hanno comunicato a chi scrive è quella di essere parte di quella vasta famiglia di grandi professionisti che giocano e vivono di cinema, che amano e odiano il proprio mestiere e si battono per esso con discrezione, mantenendosi qualche passo indietro, con la speranza che un miracolo permetta al loro ed al nostro cinema di crescere un po', di avvicinarsi qualche miglio alla terra di tutte le tecnologie e i sogni, per usarle bene, per poterli raccontare meglio.

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