FUTURE FILM FESTIVAL 2009 – "Lo strano caso di Benjamin Button", di David Fincher
Il regista di Fight Club dimostra ancora una volta una qualità squisitamente umana come già nel precedente Zodiac e sfrutta la parabola di un “giovane vecchio” per rovesciare le prospettive e sottrarre la bellezza della vita all'ineluttabilità cui la condanna lo scorrere del tempo
L'ironia tagliente di Fight Club e la cupezza esasperata di Alien3, Seven, The Game e Panic Room probabilmente hanno nascosto la qualità più squisitamente umana del cinema di David Fincher, quella che aveva iniziato a emergere dal precedente Zodiac e che trova in questo nuovo progetto una sua più definita compiutezza. L'idea dell'uomo che nasce vecchio e conduce una esistenza “all'opposto”, ringiovanendo con il passare degli anni, ispirata a un racconto di Francis Scott Fitzgerald, acquista dunque senso laddove si eleva a paradigma di una condizione umana in perenne lotta con il tempo.
La storia di Benjamin Button si iscrive pertanto fra due eventi significativi: la fine della Grande Guerra, simbolico momento di rinascita per una generazione e un mondo, e l'arrivo di un tifone, destinato inevitabilmente a simboleggiare la fine di tutto. La fine e il principio sono in fondo elementi inevitabili dell'esistere, ma la parabola di Benjamin serve a rovesciare la prospettiva e a renderli meno centrali di quanto non fossero (e non siano) normalmente, per esaltare non la caducità dell'esistenza, ma la forza propulsiva del vivere, del tempo che trascorre fra questi due estremi.
L'amore sbilenco fra un vecchio che ringiovanisce (un ottimo Brad Pitt) e una giovane che invecchia (una luminosa Cate Blanchett) si consuma quindi in un continuo andirivieni temporale che si carica di brevi ma intensi attimi di felicità e momenti di inevitabile malinconia, più evidenti laddove l'accumulo del tempo è più forte: la lotta non è semplicemente “contro” il tempo, ma contro la sua considerazione e centralità, per l'esaltazione di ogni attimo come momento qualificante dell'avventura iscritta tra i due estremi della fine e del principio.
ottimo fincher come sempre. persino in panic room che tutti detestano. e soprattutto in zodiac, dove il regista sembra avere la massima libertà narrativa e produttiva (2h30 con il glorioso marchio warner, come TDK)eppure riesce a misurare il suo enorme talento all'interno di una struttura che richiama Tutti Gli Uomini del Presidente. Benjamin Button è un'opera molto matura, e una volta tanto la durata è funzionale al film, ma questa volta il nome dello sceneggiatore (Eric Roth)e il modello di riferimento (Forrest Gump)per quanto di altissimo livello tuttavia lasciano dubbi sulla genuinità dell'ispirazione. Sfido chi ha visto il film a non sorridere vedendo questo trailer, in realtà una video-recensione, che sarà sicuramente ripresa e integrata: http://www.funnyordie.com/videos/1d76506803/the-curious-case-of-forrest-gump-from-fgump44
"il film non l'ho visto ma la recensione non spinge di certo ad andare al cinema, ma chi l'ha scritta non poteva prendere ripetizioni di italiano?" ciao