G_d’s Pee AT STATE’S END! Musica per tempi pandemici

L’ultimo album dei Godspeed You! Black Emperor è uno straordinario spettro musicale della gamma d’emozioni che il Covid-19 esercita su di noi. Con un inno alla ribellione politica virato in 16mm

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I suoni del primo lockdown, quello di Marzo/Aprile 2020, potevano e sono stati registrati come una sinfonia “incredibilmente pacifica“, specchio musicale dello stato d’animo sperimentato dodici mesi fa all’insorgere della pandemia: saremmo usciti da questa emergenza sanitaria chiudendoci per un breve lasso di tempo nelle nostre case e tracciando cronache delimitate dalla Virusfera. Come sappiamo non è andata così bene come credevamo: abbiamo superato da poco la boa del primo anno di Covid-19 e navighiamo incerti nel procelloso mare delle vaccinazioni, con una meta d’arrivo che ancora non si scorge. A far fuoriuscire emozioni che ci attraversano carsiche in questo periodo di snervante stallo esistenziale provvede un album che ha tutte le (giuste) caratteristiche per definirsi un instant-cult, perfetta soundtrack di questi tempi pandemici.
Stiamo parlando di G_d’s Pee AT STATE’S END!, settimo album in studio del gruppo musicale canadese Godspeed You! Black Emperor, pubblicato il 2 aprile 2021. Come scrivono gli stessi componenti della folta band – attualmente composta da nove elementi ma che negli scorsi album è arrivata ad assembrare, è il caso di scriverlo, fino a venti musicisti – nel booklet digitale che l’accompagna su BandCamp, questo ultimo lavoro di intensi 52 minuti d’ascolto è stato scritto “in gran parte on the road, quando quello era ancora un posto. E poi registrato con le mascherine, distanziati all’inizio della seconda ondata. Era autunno, e il sole al tramonto era incredibilmente grasso e arancione. Abbiamo provato a evocare una resa dei conti più brillante, piegati sotto vari strati di disagio, preoccupazioni e stupore“.
Il gruppo progressive rock, da sempre autore di un mood apocalittico nei loro pezzi – The Sad Mafioso Part 1, parte centrale di East Hastings, accompagnava l’evocativa scena d’apertura del film 28 giorni dopo del cineasta-rocker Danny Boyle – era davvero il più adatto a fornire la colonna sonora di un tempo mai così tanto vicino all’immaginario distopico. Così le oscure parole che accompagnano la presentazione del disco, alla cui produzione troviamo Jace Lasek dei Besnard Lakes alla prima collaborazione in questo senso con la band, salgono di livello.

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Insomma, le minacce ammonitrici del precedente Luciferian Towers sono diventate desolanti realtà: “Abbiamo acceso di nuovo le radio a onde corte, per la prima volta da molto tempo. E abbiamo scoperto che molte cose erano cambiate. I pastori dell’apocalisse erano ancora lì, ma urlavano LA FINE DEI TEMPI ADESSO dove una volta urlavano ‘la fine dei tempi presto’. E i detriti di trasmissione degli eserciti automatizzati occupano più larghezza di banda adesso, così che molte frequenze siano solo impulsi di elettricità statica bianca crescente, codici digitali che annunciano lo stato di varie macchine che guardano e uccidono. E i papà radioamatori parlano fra loro tutta la notte delle loro mogli morenti e di quello che hanno mangiato a pranzo e di quello che faranno con le pistole quando arriveranno gli antifa“.
Interessante a questo proposito la rivendicazione del ritorno all’uso delle radio a onde corte che non vuole essere un feticcio nostalgico atto a modellare la nostra idea di un futuro su un passato mai esistito ma diventa il fil rouge che unisce le tracce di questo album al consolidato immaginario della band fatto di tralicci di alta tensione, fumanti scariche elettriche, residuati automatizzati oramai inservibili.

Nell’evento visual trasmesso in streaming la scorsa settimana per la presentazione di G_d’s Pee AT STATE’S END! i registi / proiezionisti di GY! BE Karl Lemieux e Philippe Leonard hanno installato i loro sei proiettori analogici da 16 mm in un Cinema Imperial vuoto a Montréal, avvolgendo dozzine di loop di film e brevi bobine a corredo dei lunghi quattro pezzi dell’album. Musica e cinema uniti dall’assenza del pubblico e dalla relativa (com)presenza e con la parola “HOPE”, graffiata di bianco su nero sulla celluloide, ad aprire questa fantasmatica diretta come già in quasi tutti i concerti dei Godspeed. Forse però è proprio la speranza l’insospettata compagna di questo lavoro della band, meno funereo dei precedenti soprattutto nell’arioso pezzo di chiusura OUR SIDE HAS TO WIN (for D.H.). E dire che i presupposti – e la vertiginosa ouverture di A Military Alphabet (five eyes all blind), 20 minuti di sinfonia post-rock con un climax di insostenibile titanismo – erano invece sfrontatamente anarchici: sempre nel testo di accompagnamento si legge infatti “Questo disco parla di tutti noi che aspettiamo la fine. Tutte le attuali forme di governo sono fallite. Questo disco è la nostra attesa per l’inizio ed è ispirato dalle seguenti esigenze:
– svuotare le prigioni.
– prendere il potere dalle forze dell’ordine e darlo ai quartieri che loro stessi terrorizzano.
– terminare le guerre senza fine ed ogni altra forma di imperialismo.
– tassare i ricchi fino al loro totale impoverimento“.
Come è già stato detto da qualcuno non si può tornare alla normalità perché era essa stessa il problema e la causa, tra i tanti mali esiziali, di questa pandemia zootica. “Questi sono tempi di morte e la nostra parte deve vincere. Tanto amore a tutti gli altri perduti e adorabili. Ci rivedremo in giro quando i numeri cadranno” – avvertono i Godspeed You! Black Emperor. Perché l’unica vera apocalisse resta quella capitalistica.

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