GERMANIA 2006 – Mondiale… e "Chi l'ha visto?"

Il calcio è adesso, tra le maglie larghe e accoglienti degli sconfitti. Attenzione a lasciarsi scappare questo calcio polveroso, alla "carlona", perché il rischio e di perdersi nelle solite trame complicate, imbriglianti, ermetiche, manieristiche, per esteti ed intellettuali, mai domi, sempre in agguato, se pur abili "catenacciari" mascherati.

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Il calcio sembra non aver mai visto un'origine; sembra non aver mai avuto un inizio, ma solo una venuta improvvisa, inaspettata. Perché la palla dovrebbe entrare in una porta di sette metri e non semplicemente centrare un canestro di circonferenza poco più grande? Perché non c'è una rete in mezzo al campo a dividere i contendenti? Perché non tutti possono usare le mani e abbracciare la sfera (o l'ovale) fino alla meta? Perché "sprecare" 90 minuti (più recupero) anche per uno zero a zero? Non c'è ragione, ma solo stupore: il calcio è una pantomima euclidea fondata sul nerbo atletico e sull'abilità giocolieristica. Sul campo eccellono coraggiosi (Perrotta) e furbi (Sorin), generosi ricchi di estro (Rosicky) e metodici legati ai propri schemi di manovra (Pirlo). È un mondo ingiudicabile, per un dramma completo. Il calcio è davvero lo sport più strano del mondo (se non il più bello) per  chi ha giocato, chi gioca o vede semplicemente giocare. Per gli altri non so, ma il calcio è ingiusto almeno come chi scrive, che non si interessa a loro. Alla fine del primo tempo della partita d'esordio contro il Ghana, facendo zapping, si sono aperti allo sguardo set deserti. A "Chi l'ha visto?", sul Monte Faito, dove molti anni fa è scomparsa una bambina, oltre alla giornalista e all'ufficiale dei Carabinieri intervistato, pochi stoici e nessun altro pronto a farsi inquadrare per lo stupore e l'invidia degli amici del baretto. Il baretto a quell'ora è gremito in ogni ordine di posto e le strade vuote sono set cinematografici in presa diretta, con luci intermittenti defenestranti, rumori e gesti ca(ta)todici che fuori/escono da chi si sente perfettamente in grado di discutere della materia calcio. Il calcio scavalca le barriere: non è solo trama per chi legge il suo primo libro o vede il suo primo film, non ci sono solo simboli da dilatare all'infinito per l'esperto critico. Chi coglie tutti i segni per ricostruire una partita deve ancora nascere, ancora non si è visto. Allora godiamoci la prima fase, le prime sfide, quelle dove ci sono squadre ancora (fortunatamente) sprovvedute, in cui vedi undici uomini (o bambini) correre verso l'oggetto del desiderio, famelici e incuranti dell'attesa, del calcolo, della tattica, dell'estetica in campo lungo. Ho visto il Giappone difendersi nella propria area, arretrando la linea di difesa quasi sul dischetto del rigore, l'ho visto fare anche all'Italia, ma trattasi di atavica reazione. Ho visto gli Stati Uniti incassare una sconfitta bruciante con l'umiltà del Paese che non ti aspetti, ho visto l'Iran, la Costa Rica e l'Angola lottare vanamente senza risparmio. Ho visto e avrei voluto vedere di più, ma più che vedere, avrei voluto capire. Il calcio è adesso, tra le maglie larghe e accoglienti degli sconfitti, i mondiali sono evidentemente un'altra cosa, forse devono ancora cominciare. Ma attenzione a lasciarsi scappare questo calcio polveroso, alla "carlona", perché il rischio e di perdersi nelle solite trame complicate, imbriglianti, ermetiche, manieristiche, per esteti ed intellettuali, mai domi, sempre in agguato, se pur abili "catenacciari" mascherati.

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