Ghezzi il Filosofo

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#SENTIERISELVAGGI21ST N.17: Cover Story THE BEAR

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Il primo pensiero che passa per la mente, quando si assiste ad un discorso di Enrico Ghezzi, è che il suo cervello, in qualche modo, vada ad una velocità differente rispetto a quella di un normale essere umano.
Ogni frase non è altro che un piccolo tronco dove concetti prendono vita in modo stupefacente come fossero rami di un albero che sta fiorendo. Probabilmente si rimane un po’ spaesati, inizialmente; una volta capito il meccanismo, si rimane risucchiati in questa marea di pensieri e parole. Se avesse vissuto nell’antica Grecia, non c’è dubbio, sarebbe stato un filosofo.
Probabilmente la figura del critico cinematografico, ai giorni nostri, è quella che si avvicina di più a quella di un filosofo. Ma Ghezzi non è solo questo; è già un’importante fetta della storia della televisione italiana. Chi non ha mai visto, almeno di sfuggita, Blob o Fuori Orario. Chi non è rimasto colpito dall’assoluta originalità del suo lavoro.
Con noi di Sentieri Selvaggi ha voluto condividere opinioni su ciò che più ci sta a cuore: il cinema. In quest’anno di svolta epocale, l’ennesima, in un mondo sempre in via di sviluppo. Dove ogni istante passato sa già di vecchio. Nell’anno di Avatar. Difficile capacitarsi di come, nell’arco di poco più di un secolo, si sia passati dall’infilare un occhio nel kinetoscopio all’inforcare un paio di occhialetti che, come per magia, trasformano in immagini tridimensionali tutto ciò che una volta era fisso sul lenzuolo bianco del grande schermo. Eppure ci si trova in questa condizione, non tanto pronti a salire sul pulpito per esprimere un giudizio, quanto a valutare una situazione.
Sì, il mondo è indubbiamente cambiato, dice Ghezzi unendosi ad un coro tanto unanime quanto oggettivo. Persino lui, che afferma non essere un estremo amante della tecnologia, si è dovuto piegare a questa realtà. Youtube, il 3D. Internet, dove il peggior video del mondo, con protagonista un bambino sotto i fumi dell’anestesia appena uscito dal dentista, può essere visto tante volte quanti sono i biglietti venduti da un ottimo film. Sicuramente sconcertante. Un mondo dove persino l'attesa di dieci secondi del caricamento di una pagina diventa più estenuante del tentativo di un cane che si morde la coda.
Ma la verità è che ciò che davvero importa, alla fine dei conti, è ciò che arriva non come arriva. Se vale, poco importa che ci sia un Na’vi praticamente seduto accanto a te. Porterai comunque il mondo di Pandora e i suoi abitanti con te, ben oltre la fine del film. La poesia e la magia da cui ci si trova ogni volta avviluppati, quando si spengono le luci e inizia lo spettacolo, sono gli unici beni primari di sostentamento di cui si nutre il cinefilo o anche solo l’appassionato. Ghezzi docet.

 

 

 

 

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