#Giffoni2017 – Walter White sul Blue Carpet: Bryan Cranston incontra la giuria
Vera e propria icona della serialità televisiva, l’attore statunitense dispensa consigli, rivela aneddoti e ripercorre con i giffoners la lunga avventura di Breaking Bad e il rapporto Cranston-White
È Bryan Cranston il mattatore assoluto della settima giornata del Giffoni Experience 2017. Il 61enne attore, regista e produttore losangelino incanta la platea della “Sala Truffaut” e dimostra una straordinaria vocazione all’intrattenimento ed un’insospettabile simpatia. L’incontro con i giurati, che precede l’assegnazione del Giffoni Experience Award 2017 al “famigerato” Walter White di Breaking Bad, comincia in largo ritardo: Cranston, infatti, si concede “anima e corpo” alla folla osannante del Blue Carpet, firmando dediche ed autografi ed utilizzando gli smartphone degli stessi fan per immortalare la propria immagine iconica assieme ai volti, sconvolti dall’emozione, dei tantissimi fortunati. Intanto, in sala, l’attesa è fremente. C’è persino una giovanissima insegnante di chimica di una scuola superiore di Salerno che, su consiglio di un’amica, ha cominciato a seguire Breaking Bad solo un paio di anni fa: da allora non ha più smesso, sottoponendosi a “massacranti” maratone televisive ed arrivando persino ad assegnare ai suoi allievi dei “compiti a casa” sulla celeberrima serie statunitense. Sullo schermo scorre la consueta rassegna di calorosi “benvenuto a Giffoni” da parte dei ragazzi delle giurie, sapientemente cadenzata da frammenti delle pellicole che hanno consacrato Cranston come attore versatile e di culto: lo vediamo così recitare in Argo, di Ben Affleck (2012); Godzilla, di Gareth Edwards (2014); Little Miss Sunshine, di Jonathan Dayton e Valerie Faris (2006); Saving Private Ryan, di Steven Spielberg (1998); il recente Wakefield, di Robin Swicord (2016); Drive, di Nicolas Winding Refn (2011); The Infiltrator, di Brad Furman (2016); Trumbo, di Jay Roach (2015); Why Him?, di John Hamburg (2016); il film per la televisione All the Way, di Jay Roach (2016).
“Non ricordavo neppure di avere interpretato così tanti personaggi”, scherza l’attore americano, impegnato di recente nelle riprese di Untouchable, di Neil Burger, con Kevin Hart e Nicole Kidman, e di Last Flag Flying, di Richard Linklater, con Steve Carell e Laurence Fishburne (in sala il prossimo autunno). Cranston, inoltre, ha da poco vestito i panni di Zordon in Power Rangers, di Dean Israelite (2017) – “ho cominciato la mia carriera doppiando in inglese i cartoni animati giapponesi dei Power Rangers, per cui quando di recente mi hanno offerto il ruolo, è stato per me un onore ritornare indietro e completare il viaggio” – mentre il 19 maggio scorso è uscito per la IFC il film indipendente Wakefield. Il debutto di quello che diventerà per tutti Walter White avviene sui palcoscenici di Broadway nell’opera All the Way, diretta dall’autore vincitore del “Premio Pulitzer” Robert Schenkkan, in cui Cranston veste i panni del presidente statunitense Lyndon B. Johnson. Anni dopo, l’attore produrrà l’adattamento cinematografico della pièce teatrale con la sua società di produzione, la Moonshot Entertainment, insieme alla Amblin Television e alla Tale Told Productions di Spielberg (il film è stato trasmesso in anteprima su HBO nel maggio 2016 e ha ottenuto otto nomination agli Emmy Awards, tra cui quella a Cranston per miglior attore protagonista in una mini-serie o film per la televisione). Candidato agli Oscar 2015 per la sua interpretazione in Trumbo – che gli è valsa un Golden Globe, uno Screen Actors Guild Award, un BAFTA Award ed un Critics’ Choice Award – Cranston ha esordito sul piccolo schermo nel film Love Without End, che gli è valso poi un ruolo nella produzione della ABC Quando si Ama (Loving, 1985). Dopo aver presto parte a qualche episodio di numerose serie televisive più o meno note al grande pubblico, ha raggiunto una certa popolarità con il ruolo di Hal nella serie televisiva della FOX Malcolm in the Middle (2000-2006). Come regista, Bryan ha ricevuto una nomination ai Directors Guild of America Awards per Breaking Bad (di cui ha diretto tre episodi tra il 2009 e il 2013) e Modern Family (di cui ha diretto un episodio nel 2012) e ha scritto, diretto e interpretato la commedia romantica Last Chance (1999). Ma è sicuramente il ruolo di Walter White in Breaking Bad della AMC che lo ha consacrato allo status di attore di culto per un’intera generazione: quattro Emmy Awards (di cui tre consecutivi, un primato!), quattro Screen Actors Guild Awards e un Golden Globe, tra i tantissimi riconoscimenti assegnatigli, ma soprattutto la costruzione di un personaggio indimenticabile che si è scolpito indelebilmente nell’immaginario di milioni di fan.
Come sei riuscito ad “entrare” in Walter White, a stabilire una connessione emotiva e mentale con un personaggio così ricco di sfaccettature? “Innanzitutto non l’ho giudicato. Non giudico mai un personaggio. White è una persona che, almeno in principio, cerca di fare qualcosa di buono per la sua famiglia. Poi qualcosa in lui si rompe e il suo ego, diciamo pure la sua parte oscura finisce con il prendere il sopravvento”. L’attore ricorda che, quando lesse per la prima volta la sceneggiatura e “fece la conoscenza” di Walter White, non si sentiva affatto in connessione con il personaggio per il semplice motivo che si trattava di una figura estremamente lontana, per personalità e peculiarità, da Bryan Cranston. È stato quindi necessario studiare a fondo lo script, fare continue ricerche e, soprattutto, calarsi progressivamente nei meandri della psiche del professore di chimica più famoso al mondo. Ma affinché un prodotto televisivo o cinematografico abbia successo, sostiene Cranston, è fondamentale soprattutto una cosa: la qualità della scrittura della storia che si racconta. “Le storie devono essere scritte bene, soltanto se posseggono questo pregio un attore riesce ad entrare in sintonia con il personaggio e a renderne in maniera efficace le varie fasi di transizione psicologica ed emotiva. La scrittura è la cosa più importante per un attore”.
Qual è, invece, il personaggio con il quale Bryan Cranston si è sentito immediatamente a suo agio per via di una “comunanza sentimentale”? “Sicuramente il protagonista di Why Him?: ha la mia età ed ha una figlia più o meno coetanea della mia e che esce con quel tipo di ragazzi con i quali non permetterei mai a mia figlia di frequentarsi”, risponde sorridendo.
Hai diretto alcuni episodi di Breaking Bad. Come è stato per il regista Bryan Cranston dirigere l’attore Bryan Cranston? “Sono sincero. Da regista dico che Bryan Cranston attore è un completo idiota! È così egocentrico, un tipo così difficile che di tanto in tanto lo devo calmare e rassicurare sul fatto che la sua grandezza è indispensabile per proseguire le riprese”, scherza divertito l’attore.
Walter White è un insegnante liceale di chimica sottostimato e mal pagato. Per certi versi, questa situazione ricorda quella di molti insegnanti italiani: eppure si tratta di persone che svolgono una funzione culturale e pedagogica fondamentale. Hai memoria di insegnanti che per te sono stati importanti? “Posso dire di ricordarmene due: Mrs. Waldo e Mrs. Crawford, mie insegnanti alle scuole medie. Mi hanno dato tantissimo e mi hanno ispirato. Penso che ognuno di voi ricordi con particolare affetto quegli insegnanti che si sono dimostrati degli ottimi mentori. Ed è vero che in molti paesi si tratta di una categoria non abbastanza apprezzata e remunerata in maniera iniqua”. In Breaking Bad White subisce una trasformazione inaspettata. Bryan Cranston ha mai sperimentato una simile evoluzione emotiva nella sua vita reale? “Professionalmente, la trasformazione più importante della mia vita è avvenuta quando avevo 22 anni: all’epoca ho capito che c’era qualcosa che forse, in quel momento, non ero molto bravo a fare ma che avrei dovuto perseguire a fronte di qualcosa che, invece, ero bravo a fare ma che non amavo. Allora ho capito che era preferibile seguire la strada forse meno comoda e sicura. Personalmente, poi, la trasformazione più importante è avvenuta quando ho incontrato mia moglie Robin (l’attrice Robin Dearden – presente in platea con la ventiquattrenne figlia Taylor, pure attrice – conosciuta sul set della serie televisiva Airwolf, trasmessa in Italia con il titolo di Supercopter) che ha contribuito a trasformarmi in uomo da quel ragazzo che ero”. Alla domanda se abbia mai avuto delle difficoltà nel trasmettere determinate emozioni, in particolare all’inizio della serie, quando Walter White aveva enormi problemi ad esprimere i propri sentimenti, Cranston spiega che una delle cose che ha imparato dopo tanti anni di recitazione è quella di aprirsi e tirare fuori le emozioni anche se si è consapevoli che queste stesse emozioni non ci faranno apparire agli occhi degli altri come una persona piacevole e accomodante: “Nel corso di tante stagioni in cui interpreti lo stesso personaggio, impari molto di lui e ti senti parte di esso. Arrivi perfino a cercare di proteggerlo dagli attacchi esterni, diventi molto accomodante e permissivo nei suoi confronti, in sostanza diventi una sola cosa con lui”.
Cranston ha dimostrato di essere un attore particolarmente eclettico, spaziando dalla commedia al registro drammatico, dal noir all’azione. E spesso si è cimentato in ruoli di padre: in Malcolm in the Middle è Hal, un padre molto premuroso ed amorevole; in Breaking Bad è Walter White, un padre che produce in casa e vende droga e quindi non appare molto raccomandabile; in Godzilla è lo scienziato Joseph Brody, un padre tormentato dai sensi di colpa perché pensa di avere ucciso la moglie. Che cosa ti piace in particolare nell’approcciare al ruolo che devi interpretare? “La prima cosa che cerco è la storia. Se la storia mi è piaciuta e ha smosso qualcosa dentro di me, allora comincio a studiare il personaggio. Poi mi chiedo e cerco di verificare se quel personaggio è importante per raccontare quella storia. Se entrambe le risposte sono positive, comincio ad approcciarmi al personaggio per capire se sono in grado di indossare quella maschera e se quel ruolo è fatto su misura per me. Amo interpretare diversi tipi di personaggi, sia quelli realmente vissuti sia quelli creati ad hoc da una sceneggiatura. Per i primi mi piace trovare una connessione con la loro vita reale ed entrare emotivamente nella loro storia già vissuta; per i secondi posso naturalmente spaziare in più direzioni e cercare di dare una mia impronta più personale. Spero di essere un buon padre, lo spero per mia figlia ed è a lei che bisogna chiederlo. A causa della mia età mi vedrete spesso nella parte di un genitore. In Malcolm Hal è un tipo stravagante e sentimentale; in Breaking Bad trovo che Walter sia un buon padre o, almeno, avrebbe potuto esserlo. So di essere impopolare con questa dichiarazione, ma è la mia opinione”.
Come si relaziona un attore di commedia con il lavoro di regista? “Diciamo prima di tutto che andare a lavorare per far sì che le persone possano ridere è la cosa più bella del mondo. Ma va anche detto che la commedia è qualcosa di molto più difficile da realizzare di un dramma. C’è bisogno di qualcosa di più specifico, sono fondamentali i tempi delle battute, altrimenti non si ride. In un film come Why Him? ci sono delle scene scritte sul copione, quindi è già tutto programmato e si può procedere a girare. Ma quello che finisce poi sullo schermo è frutto dell’improvvisazione che un attore aggiunge a ciò che è stato scritto. L’improvvisazione è un aspetto fondamentale per un attore, per un regista e per uno scrittore. Il mio consiglio è proprio quello di lavorare sull’improvvisazione. Provate ad immaginare: dovete girare una scena provata più e più volte al punto da essere diventata meccanica, ma nel salire sul palco non sapete mai come la declinerete e pensate, invece, a cosa questa scena diventerà quando avrete un preciso piano di azione e tutto può filare liscio. Quando si riesce ad entrare in confidenza con una situazione difficile come quella di non sapere quello a cui si va incontro sul palco diventa tutto molto più semplice”.
Una giovanissima ragazza pakistana chiede all’attore se la circostanza di avere milioni di ammiratori in ogni parte del mondo sia avvertita e vissuta da lui come un peso ed una responsabilità, a maggior ragione nel momento in cui è consapevole di essere diventato un modello di comportamento e di vita per tante persone. Cranston spiega che si tratta di aspetti che fanno parte del suo lavoro: se è considerato un modello lo deve a ciò che realizza per il cinema e la televisione e la cosa non può che fargli piacere. E riconosce candidamente che parlare davanti ad una platea di giovani come quella di Giffoni è molto più gratificante che parlare alla stampa, senza offesa alcuna per chi opera nel settore: “Forse questo dipende dal fatto che ho raggiunto il successo in età adulta, avevo 40 anni quando ho recitato in Malcolm e quando ho girato Breaking Bad avevo già una moglie ed una figlia e questo mi ha fatto sentire già responsabilizzato e maturo per accettare tranquillamente la cosa. Se fossi stato più giovane quando mi è piombata addosso la fama forse non sarei stato così felice di essere un role model”.
In uno dei più rappresentativi e virtuosistici episodi di Breaking Bad, The Fly, ci sono sulla scena soltanto due personaggi che riescono a creare un’atmosfera davvero particolare, quasi teatrale. Si tratta di Walter White e Jesse Pinkman. La scena cambia continuamente il proprio punto di vista: dapprima è vissuta in prima persona da White, poi il regista ci porta a vederla con gli occhi di Pinkman. In tutto ciò non si perde quasi mai di vista la mosca e il suo volo, grazie anche alle improvvise inquadrature a campo largo che consentono al laboratorio artigianale di metanfetamina di palesarsi in tutta la sua interezza. Come e perché la scena è stata ambientata in quella maniera? “Devo dire in tutta onestà che quella scena è stata girata così per risparmiare denaro. Spesso i produttori si rivolgono agli autori delle serie chiedendo loro esplicitamente o facendo loro intendere che gradirebbero contenere i costi. Si tratta dei cosiddetti episodi in bottiglia, nel senso che l’azione scenica deve essere condensata nel minor spazio possibile. Dovendo lavorare al risparmio e raccontare delle cose interessanti in uno spazio esiguo, gli autori si sono scervellati ed è così che è nata la scena della mosca”.
In un divertente episodio di Malcolm in the Middle il personaggio di Hal viene letteralmente ricoperto di api. Ci racconti quei momenti e, a tale proposito, ritieni sia stato lo stunt più spericolato che hai girato fino ad ora? “In quella scena avevo addosso 70.000 api e diciamo che, quando sei ricoperto di così tante api e vieni punto, la cosa non dovrebbe costituire una sorpresa. In quell’occasione fui punto due volte. Quando indossi sulla tua pelle, per così dire, un simile numero di api senti di meno la puntura, non fa tanto male. Di solito è l’effetto sorpresa della puntura a rappresentare l’aspetto più doloroso. L’allevatore delle api mi chiese dove fossi stato punto, gli risposi sulla spalla e lui in men che non si dica estrasse il pungiglione dalla spalla. La seconda volta sono stato punto in una parte del corpo in cui non vorresti mai essere punto. La scena si è ripetuta: l’apicoltore mi ha chiesto dove mi avessero punto questa volta, gli ho risposto che si trattava delle parti intime e allora lui si è detto spiacente e mi ha consigliato di provvedere da solo”.
Non sono pochi i giovanissimi giurati che chiedono a Cranston suggerimenti e dritte per intraprendere una carriera nel mondo del cinema. Un bambino albanese quasi commuove la platea, implorando emozionato l’attore di dargli tre consigli per diventare attore: il primo come da un padre ad un figlio, il secondo da attore ad attore ed un terzo su cosa un attore non dovrebbe mai fare. “Se fossi mio figlio ti direi di essere un bravo ragazzo. Se fossi un attore, e te lo auguro, ti ricorderei che sei prima di tutto un bravo ragazzo e allora ti consiglierei di rischiare, di prenderti questa opportunità. Se sei una brava persona e cadi, vedrai che la caduta non sarà poi così lunga. Chissà, forse ci troveremo a lavorare insieme in futuro”. Il rapporto tra attore, sceneggiatore o scrittore e regista è basilare, spiega Cranston: deve trattarsi di una relazione costante, quotidiana e fluida che possa garantire un prodotto finale valido e brillante. L’attore invita i giovanissimi di Giffoni a non crogiolarsi mai su posizioni comode e apparentemente stabili, ma di scommettere sempre, di rischiare e di mettersi continuamente in discussione. Inoltre, li esorta a guadagnarsi il rispetto dei colleghi con la propria professionalità e dedizione e ad imparare i segreti di tutti i mestieri più importanti che ruotano attorno al mondo del cinema, per cui un regista dovrà sapere scrivere e recitare, un attore scrivere e dirigere ed uno sceneggiatore dirigere e recitare. Fare l’attore o fare il regista non è una cosa semplice, soprattutto agli inizi. Ci sono tante difficoltà, ci si può imbattere in persone che ti prendono in giro, che ti consigliano male e in maniera interessata o che ti manipolano. “Quello che sto per dire – conclude Cranston – è molto importante: dovete tentare di diventare un regista, un attore o un produttore soltanto se siete davvero innamorati dell’arte. Se pensate che potete essere più felici facendo altre cose, allora dovreste dedicarvi a quella cosa. Sappiate che non ci sarà mai penuria di attori, registi o produttori, quindi la vostra passione deve essere il tratto distintivo e deve fare parte del vostro modo di essere. Quando arriveranno dei momenti negativi ma siete innamorati di questo lavoro, vedrete che riuscirete a prendere il tutto con filosofia e non vi lascerete abbattere perché amate quello che fate”.
La chiusura è ancora una volta per Walter White. Per questa interpretazione Cranston ha ricevuto tantissimi riconoscimenti ed attestati di stima da parte di colleghi, come una lettera di Anthony Hopkins: “È stato un grande onore per me. Mi ritengo molto fortunato nel fare il lavoro che faccio e nel condurre il tipo di vita che conduco. Racconto delle storie, fondamentalmente. E tutti gli esseri umani hanno in comunque questa cosa: il piacere di ascoltare una storia. Tutti noi abbiamo il ricordo di quando, da piccoli, ci accostavamo ai nostri genitori con un libro di favole chiedendo loro di leggerne una per noi. Questa cosa non cambierà mai, sia che abbiamo 2 anni o 102 anni, ameremo sempre ascoltare una storia. Se poi riesci ad essere anche dall’altra parte, ovvero dalla parte di chi le storie le racconta, la cosa diventa ancora più bella”. Il protagonista di Breaking Bad attraversa un momento personale terribile come un cancro ai polmoni prima di cominciare a fabbricare e vendere stupefacenti. Simili esperienze così drammatiche ed avverse possono rendere malvagia ed egoista una persona o piuttosto malvagità ed egoismo sono, per così dire, genetici e connaturati all’essere umano: “Ritengo che ciascuno di noi abbia l’opportunità di essere sia il meglio che il peggio di quello che possiamo essere come uomini. Dipende da una serie di fattori: l’alimentazione, la scuola, l’educazione, la cultura, i soldi, l’influenza dei nostri genitori. Penso che White abbia avuto la possibilità di scegliere di diventare quello che poi è diventato, è una possibilità che faceva parte della sua natura. Certo, va anche detto che nella sua situazione chiunque di noi potrebbe diventare un individuo molto pericoloso. È vero che White attraversa molte avversità, ma in fondo ciò che diventa nel corso della serie non è dovuto alla sua famiglia, alla malattia o ai soldi: ciò avviene per egoismo. La moralità è una linea sottile e mobile, si sposta continuamente. Quello che è immorale e di cattivo gusto per me può essere morale e perfettamente legittimo per altri. Breaking Bad si è rivelata una formidabile esperienza sociologica. Un certo numero di prove sono state preparate per il protagonista, avvenimenti ed avversità che lo hanno messo alla prova. Il carattere di ciascuno di noi viene duramente messo alla prova quando siamo sotto pressione. Diciamo che Walter White ha fallito il test, ha sbagliato questa prova. È una storia tragica, ma è così”.