"Giù al Nord", di Dany Boon
La seconda regia di Dany Boon dopo La maison du bonheur continua la poetica delle origini che si scontra con l'omologata purezza di costumi, lingue e perfino paesaggi. Non è un caso che in originale il film si intitoli “bienvenue chez les Ch'tis” cioè “benvenuti presso gli Ch'tis”, marcando l'entrata in un paesaggio culturale molto forte, laddove non è soltanto la pronuncia a indicare pensieri, sentimenti, passioni, ma anche le case, il campanile, che non è attributo della Chiesa, ma semplice roccaforte contro gli stranieri. Certo in Francia quel pezzo di terra del Nord-Pas de Calais ha tutto un sapore di estraneità rispetto alle regioni più famose della Francia. Non quella metropolitana di Parigi, né quella del Nord più celebrata ovvero la Normandia, né la Bretagna. Nord-Pas de Calais è l'avamposto di una cultura differente, quella piccarda a sud, e il Belgio, Fiandra e Vallonia. Si affaccia sul mare del Nord e lo stereotipo vuole che il clima sia sempre rigido. Ma quanto è falso lo stereotipo. E gli abitanti biascicano le parole soprattutto quelle con la famosa “ch”, da qui il nome del dialetto “Cht'is”, originario da un miscuglio di più lingue, ma anche la “e” muta alla fine di molte parole sostituite da apostrofi
Questo estremo lembo nord orientale è la quintessenza di un passaggio, di un ibrido dell'anima. E allora perché non considerare significativi nel film anche quei momenti in cui la decifrabilità, il riconoscimento di una identità sessuale vacilla, di fronte al postino Dany Boon/Antoine Bailleul che Philippe (Kad Merad) scambia per travestito la prima notte a Bergues? Tutti gli equivoci linguistici nell'originale sono delicati e rappresentati con sottile ironia, quell'ironia che riflette su come il mondo possa cambiare soltanto a pronunciare due consonanti in modo diverso. Eppure, nonostante l'eleganza e la finezza di questa commedia, che ha dalla sua una naturale e sincera voglia di comunicare, il doppiaggio italiano protervo e malizioso rovina tutto. I personaggi nel misero lavoro di questi grandi “artisti” (non li ho mai considerati tali) diventano tutti dei burloni un po' tonti. La bonarietà e la solidarietà delle loro espressioni si trasformano in caratteri mattacchioni, laddove l'apparente disagio di Philippe non potrebbe certo sciogliersi tanto facilmente come poi succede nel prevedibile epilogo. Insomma i nostri “artisti” hanno, come spesso accade, spinto l'acceleratore sull'accentuazione di alcuni stereotipi: lo storpiamento della lingua, il dialetto, come incapacità individuale. Curioso invece che proprio il dialetto nella comicità italiana abbia una funzione simbolica molto forte. L'uso dei dialetti italiani è fatto mischiandoli un po' a caso tra loro forse alla ricerca di una via di mezzo per fare riferimento ad un'espressione unica da babbeo, da allocco, che non trova riscontro nell'originale dove prevale lo stupore per la molteplicità dei sensi. Insomma, se potete, non guardate solo la versione italiana ma anche quella originale, con o senza sottotitoli.
Titolo originale: Bienvenue chez les Ch'tis
Regia: Dany Boon
Interpreti: Kad Mérad, Dany Boon, Zoé Félix, Philippe Duquesne, Lorenzo Ausilia-Foret, Anne Marivin, Guy Lecluyse, Alexandre Carrière, Zinedim Soualem
Distribuzione: Medusa
Durata: 106'
Origine: Francia, 2007