Giuseppe Tornatore e Geoffrey Rush raccontano "La migliore offerta"

giuseppe tornatore sul set con geoffrey rush e donald sutherland

Il regista siciliano ha presentato il suo 10° lungometraggio. Costato circa 14 milioni di euro, esce in sala in 360 copie. Con lui erano presenti anche la giovane protagonista Silvia Hoeks e il compositore Ennio Morricone. L'attore australiano era in collegamento video da Melbourne

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giuseppe tornatore sul set con geoffrey rush e donald sutherlandIl regista siciliano ha presentato oggi il suo decimo lungometraggio. Costato circa 14 milioni di euro, uscirà in sala il 1° gennaio 2013 in 360 copie. Con loro erano presenti anche la protagonista Silvia Hoeks e il compositore Ennio Morricone. L'attore australiano era invece in collegamento video da Melbourne.

 

In quest'ultimo film ritornano alcuni temi ricorrenti del tuo cinema come l’isolamento, la memoria, il cinema (l'esempio casa come troupe)

Giuseppe Tornatore: Trattandosi del rapporto vero/falso il cinema finisce inevitabilmente per entrarci. La battuta della villa affittata per il cinema era solo un vezzo. Tra gli altri temi, quello della memoria è un po’ meno forte. Quello dell’ossessione dello spazio invece è presente anche in altri film come per esempio La leggenda del pianista sull’Oceano.

 

Per il suo personaggio sorge naturale un paragone con Peter Sellers di Oltre il giardino, figura che tra l'altro lei ha anche interpretato in Tu chiamami Peter

Geoffrey Rush: Ho appena visto sullo schermo che sono un gigante (e ride). Mi sento quasi come un burattinaio. Non ho pensato a Peter Sellers per questo personaggio ma dato che Giuseppe è un regista che non ha paura di ricorrere alle metafore, gli ho detto: “Penso che il tuo film sia una conversazione tra la vecchia Europa e la Nuova Europa". Il personaggio da l’impressione di essere spiazzato nel mondo moderno ma alla fine c’è un barlume di speranza,

 

Il finale?

Giuseppe Tornatore: L’ho vissuto come un finale non tragico. Non solo perché il personaggio è comunque trasformato e comunque è diventato più umano. L’ho visto come positivo perché in questa ostinazione dell’attesa c’è una forza incredibile, c’è l’essere fedeli a ciò che si ama.

 

giuseppe tornatore su piccolo e grande schermo durante l'incontroPerche intitolare il film "La migliore offerta"?

Giuseppe Tornatore: Dal momento in cui avevo deciso di fare del protagonista un battitore d’asta (e ho un po' frequentato  questo mondo), mi ha colpito che alcuni oggetti non hanno una valutazione di base e viene delegato al giudizio del pubblico. Il fatto che alcuni articoli venivano venduti al buon cuore del pubblico, ‘la migliore’ offerta' appunto, mi aveva incuriosito. Nelle gare d’appalto invece questo termine è utilizzato per l'offerta più bassa.

 

Come avete lavorato sul personaggio di Virgil Oldman e su quello di Claire?

Giuseppe Tornatore: Il personaggio era già così nel copione. Con Geoffrey ci siamo divertiti a mettere a fuoco le sue ossessioni e le sue manie come per esempio il suo rapporto con i guanti.

Geoffrey Rush: La migliore offerta è stata per me è stato lavorare con Silvia come protagonista. La sceneggiatura era enorme e impegnativa come una piece teatrale perché avevo dialoghi molto intensi nelle aste. Nei momenti più intimi la protagonista ce l’ho davanti ma non la vedo. Silvia è un’attrice divina ed è molto coraggiosa perché lascia che la macchina da presa si avvicini. Io sono invece uno di quegli attori da 19° secolo che, al contrario, si muove lui verso la macchina da presa.


Silvia Hoeks: Abbiamo fatto molte prove con Geoffrey. Per metà del film sono solo una voce e bisogna cercare di attirare il pubblico, di incuriosirlo, di portarlo a desiderare di conoscere questa ragazza. Poi con Geoffrey ci siamo anche molto divertiti. Consentire aun uomo di entrare nella vita del personaggio, era una scelta rischiosa. Ma questo rapporto mi ha coinvolta ed è stato per me un grande onore partecipare a questo film. Per me è stata sicuramente ‘la migliore offerta’.

 

La scelta dell'ambientazione nella Mitteleuropa?

Giuseppe Tornatore: Quando decido di fare un film, procedo per fedeltà alla storia. Se un villaggio siciliano non esiste, come per Baaria, lo ricostruisco. In questo film non riuscivo a immaginare un’ambientazione italiana e allora la scelta della Mitteleuropa mi è sembrata pertinente ai personaggi e al contesto produttivo.

 

L'automa sembra simile a quello di Hugo Cabret di Scorsese. Pira coincidenza?

Giuseppe Tornatore: Quando ho consegnato la sceneggiatura ad Arturo Paglia, nello stesso giorno ho visto un trailer e c’era l’automa del film di Scorsese che poi ho visto dopo. Qui però ha una funzione, lì ne ha un’altra

 

Il lavoro sulle musiche?

Ennio Morricone: La lettura del copione per me è stata decisiva. Alcune idee di un lavoro libero le avevo già dentro, ma alcune scene, dopo averle lette, mi hanno spinto ad osare. C’è quindi anche un’improvvisazione organizzata. Leggendo il copione, per esempio, con la scena dei quadri, già mi immaginavo come Peppuccio avrebbe girato questa scena,. Anzi, uno di quei momenti è stato composto prima di girare la scena. In qualche percentuale quindi Tornatore è anche coautore delle musiche.

Giuseppe Tornatore: Lui comincia a lavorare dopo che gli ho fatto leggere il copione. Dopo che sento i primi temi di Ennio, io sono già in fase di preparazione. E difficile che il tema musicale m’illumini su un personaggio ma mette meglio a fuoco quello che gia c’è. Il tema della voci? Lì ogni voce è un madrigale, Ennio ne ha composti circa 30.

 

Il valore della bellezza e dell’arte

Giuseppe Tornatore: Ho riflettuto a lungo su questo tema anche se non era determinante averne una precisa opinione per fare un film. Ma la bellezza era un tema di fondo del film ed è anche frutto dell’impostura dell’arte non è detto che debba essere solo di purezza. Poi, per esempio, a fine giornata noi tornavamo sempre nella stanza dei quadri per discutere

 

Tornatore ha detto che lei è un po’ Marlon Btrando per la precisione e Mastroianni per la simpatia. E' d'accordo e come valuta il suo lavoro col regista?

Geoffrey Rush: E’ interessante sentire queste cose ora perché Tornatore a me non l'ha mai fatto questo paragone con Brando e Mastroianni. Al limite con Bob Hope. Come regista è fantastico perché ha un concetto forte, viscerale di come deve essere la storia. Alcune location le ha rifiutate perché la porta era nel posto sbagliato rispetto a come se l’era immaginata lui. Sapevo che avevo difronte a me una partitura intrigata dove tutti gli elementi dovevano suonare in una certa maniera. E’ venuto a Melbourne, l’ho portato in  molti ristoranti italiani. A Trieste invece era lui che conosceva tutti i ristoranti. Come gruppo abbiamo trascorso un periodo molto speciale.

 

Le differenze con Il discorso del re?

Geoffrey Rush: Il mio background è in teatro e a volte mi piace fare un ruolo diverso dal mio repertorio. Con Virgil Oldman Giuseppe ha scritto un personaggio così complesso – è ricco, è solo – come se non appartenesse al mondo reale. E’ stato ovviamente un lavoro molto diverso da Il discorso del re.

 

geoffrey rush battitore d'asta in la migliore offertaCome è nato il progetto?

Giuseppe Tornatore: Questo film nasce dalle ceneri di due storie diverse che mi piacevano molto ma non riuscivo a fargli prendere forma autonoma. Sovrapponendoli ho trovato la storia. E’ stato proprio un lavoro di gioia della narrazione.

 

 

Come giudica i dati negativi del box office sotto Natale?

Giuseppe Tornatore: Il crollo degli incassi quest’anno  non è dovuto solo alla pirateria che è comunque da tempo una delle cause principali ed è il cancro del nostro mondo. Questa flessione ulteriore degli incassi a Natale smentisce la diceria che nei periodi di grande crisi economica il cinema se ne avvantaggia. A Natale le commedia erano i film che si salvavano.Forse c’è poca varietà nel ventaglio dell’offerta. Più invece questo è ampio, più è forte. Invece noi ci chiediamo sempre: quanto  ha incassato? Il cinema d’autore poi ha sempre faticato ad avere un rapporto col pubblico. Ci deve essere invece un maggiore incontro tra il cinema d’autore e quello popolare, come accadeva nella commedia italiana degli anni ’60.

Il tuo passaggio dalla pellicola al digitale?

Giuseppe Tornatore: E’ stato doloroso e con Fabio Zamarion (il direttore della fotografia) ci siamo interrogati a lungo, abbiamo provato. Se non avessi fatto la scelta oggi, l’avrei comunque dovuta fare. Ma non mi sono pentito neanche un secondo di aver fatto il film in digitale. Anzi, se tornassi indietro, lo rifarei di nuovo.

 

 

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