"Gli amanti passeggeri", di Pedro Almodóvar

Gli amanti passeggeri, Pedro Almodovar

Con tutte le carte in regola per “sfondare” al box office, l'ultimo lavoro di Almodóvar, nel celebrare il suo ritorno alla commedia, ne mette in luce anche i cambiamenti. Progetto sensato e a suo modo “delizioso” (con attori straordinari), ma dove non si ritrova più il meraviglioso caos, disarmonico e fulminante, dei film di un tempo

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Gli amanti passeggeri Pedro AlmodovarSembra innegabile che quest’ultimo lavoro di Almodóvar abbia tutte le carte in regola per “sfondare” al box office, ottenendo quel successo di pubblico (e critica) che da un po’ manca al 62enne cineasta di Calzada de Calatrava. Gli elementi ci sono tutti: il ritorno alla commedia, allo stile folgorante, comico e caustico degli anni ’80, in cui seppe raccontare quella voglia di libertà e cambiamento culturale del post-franchismo, insieme all’abbandono del suo cinema degli ultimi anni, in cui la venatura mèlo del  suo cinema lo aveva spinto verso le derive di un cinema gelido, cupo e pessimistico.

Ed eccolo Almodóvar “risorgere” con questo film esplicitamente teatrale, con un gruppo di strambi e folli passeggeri di un aereo che, causa un guasto tecnico, si ritrova a girare in tondo in cerca di un aeroporto che possa ospitare un atterraggio di emergenza senza un carrello. Film corale, con le tendine tra la cabina di pilotaggio e la Business Class che, come spiega il regista stesso, “ricordano volutamente il sipario di un teatro”.  Teatro dove si esibiscono a turno, con una spiccata prevalenza per il monologo, i protagonisti principali della storia, una “commedia irrealistica e metaforica”, per dirla con Almodóvar: i due piloti, i tre assistenti di volo omosessuali, la sensitiva, il misterioso killer, la escort attempata, la coppia di sposini, il finanziere in fuga con problemi familiari, l’attore bugiardo e spezza cuori.

La scelta dei tipi è già tutta dentro il cinema di Almodóvar: non persone “normali” poste in una situazione eccezionale, ma un’umanità disparata che ha ormai messo il concetto stesso di “normalità” in naftalina, come reperto quasi archeologico di una società ormai definitivamente mutata. E quindi le pulsioni primarie (il sesso e i sentimenti) di questi personaggi esplodono nel luogo chiuso dell’aereo, soprattutto nel momento in cui tutti i protagonisti si ritrovano terribilmente “disconnessi” con il mondo esterno (“La disconnessione, la mancanza di collegamento, rappresenta la maggiore solitudine che oggi si possa immaginare” dice Almodovar). Unico elemento di contatto con il mondo esterno è un telefono pubblico che, però, rimanda la comunicazione attraverso gli altoparlanti trasformando la conversazione privata in uno spettacolo di pubblico dominio.

Ci troviamo quindi di fronte e un microcontesto dove alcolici, droghe, sesso (persino con passeggeri addormentati da un sonnifero) e confessioni mirabolanti sono al centro della “disconnessione” con l’esterno, creando però una quasi miracolosa “connessione” tra i personaggi, che si ritrovano inevitabilmente a mettere a nudo le proprie vite, in un “piccolo gruppo” che sta vivendo un momento di terrore, nell’approssimarsi dell’atterraggio di emergenza.

Gli amanti passeggeri Pedro Almodovar

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Gli amanti passeggeri è un film sulla falsità, sui nostri rancori sociali che sembrano “naturalmente” indirizzarci verso comportamenti scorretti e menzogneri. Alla fine del viaggio tutti saranno cambiati e, forse, non avranno più questa necessità di mentire. Almodóvar in questo microcosmo teatrale cerca da un lato di uscire dalle pastoie del suo cinema “disperato” degli ultimi anni, dall’altro di provare simbolicamente a raccontare l’empasse della Spagna di questi tempi. Il risultato è un musical mancato (nonostante il ballo dei tre assistenti di volo sulle note di “I’m so excited” delle Pointer Sisters), una commedia folle che – curiosamente – non scatena le risate, mentre l’aspetto melodrammatico delle storie viene ammorbidito da una esibita accondiscendenza verso i proprio personaggi, come se dovessero essere tutti salvati messianicamente dal regista demiurgo, che gli permette un finale di “resurrezione personale” dove non ci sono vincitori e vinti, ma tutti diventano migliori.

Alla fine, forse, questo ritorno alla commedia di Almodóvar, ci appare quasi più cupo e disperato dei film precedenti, proprio mentre cerca di replicare le tonalità calde e dolcemente provocatrici del suo cinema degli anni ottanta/novanta. Oggi la società, i costumi, il cinema, sono molto cambiati, e Almodóvar – che stava all’epoca non uno ma due passi avanti – sembra non riuscire più a stargli dietro. Non intellettualmente, perché il progetto è sensato e a suo modo “delizioso” (con un gruppo di attori straordinari), ma emotivamente: tutto il film, i personaggi e le loro microstorie, sembrano troppo costruiti su un freddo e calcolato progetto “a tesi” (esplicitate dallo stesso Almodóvar nei materiali stampa: “L’aereo gira e rigira, non è difficile ravvisare in questo una metafora della sociatà spagnola, guidata dal suo attuale governo, che vive una situazione di rischio galoppante…”). Niente di più lontano dal meraviglioso caos, disarmonico e fulminante, di film come “Che cosa ho fatto io per meritare questo?”…

 

Titolo originale: Los amantes pasajeros
Regia: Pedro Almodóvar
Interpreti: Antonio De La Torre, Hugo Silva, Miguel Angel Silvestre, Laya Martì, Javier Càmara, Carlos Areces, Raùl Arèvalo, Josè Maria Yazpik, Guillermo Toledo, Josè Luis torrijo, Lola Duenas, Cecilia Roth, Blanca Suàrez, e con Antonio Banderas, Penélope Cruz, Paz Vega
Origine: Spagna, 2013
Distribuzione:  Warner Bros. Pictures Italia
Durata: 90’
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