"Gli indesiderabili", di Pasquale Scimeca

Scimeca disperde volutamente ogni tipo di coesione strutturale, articolando il percorso fantasmatico del racconto come successione di momenti sganciati da ogni contesto, assolutamente indipendenti e autonomi.

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Quando nell'ultima sequenza di Placido Rizzotto Scimeca incolla la macchina da presa sui corpi di Dalla Chiesa e di La Torre, il suo cinema sembra rigenerarsi in un sussulto improvviso di materia come evanescente, grezza, sul punto di essere lavorata in un fuoricampo in cui la fisicità dell'immagine si muta in spettro di sé. E' in questa sfasatura che si è perso il corpo di Placido Rizzotto, in quell'oblio della percezione in cui si agitano le creature indesidera(te)bili di un cinema che filma il mutamento di una materia indefinita, che è appunto liquida (lo scivolamento su falde storiche centrifugate dal mito di sé in Placido Rizzotto), gassosa, ma anche aereiforme, proprio nel suo disfarsi continuamente di uno stato, per riavvolgersi in organismi sempre differenti. Se dunque l'opera precedente si muoveva nella direzione di uno sguardo come mancante con cui però produrre cinema (parliamo chiaramente della presenza/assenza del protagonista), questa invece rilancia subito l'idea di un ritorno (l'arrivo dei protagonisti in Sicilia) e con esso la possibilità d'essere per uno sguardo/revenant che si riaffaccia, materico e leggero, sulla scena. Scimeca prende le mosse da una ricerca del giornalista Giancarlo Fusco che, colpito dallo sbarco in Sicilia nel 1951 di alcuni uomini espulsi dall'America perché sospettati di far parte di alcune cosce mafiose, scrisse un articolo per il Secolo XIX (poi trasformato in un vero libro) in cui appunto re/inventava il possibile seguito della storia, anzi, delle storie di questi uomini, disadattati in una Sicilia vissuta come luogo da cui fuggire. E' la finzione allora a mettere in moto il racconto di Fusco, così come una pulsione immaginativa quella che spinge Scimeca a superare di netto ogni tipo di contestualizzazione storica/filologica che appare come insufficiente, precaria, perché oscurata da un'azione che avviene appunto tra le pieghe del divenire storico, abitata da fantasmi che colonizzano la terra di nessuno che è il cinema in un frenetico susseguirsi di schegge narrative. In questo senso il lavoro del regista e di Nennella Bonaiuto, sua collaboratrice, disperde volutamente ogni tipo di coesione strutturale, articolando il percorso fantasmatico del racconto come successione di momenti sganciati da ogni contesto, assolutamente indipendenti e autonomi (la macchina da presa si sofferma continuamente su dettagli, frammenti di vite private che creano astrazioni e divagazioni impensabili, con un occhio forse ai mosaici sbilanciatissimi di Micheal Mann) in cui il cinema del regista si perde volutamente, rinunciando ad ogni tipo di precisione archeologica e intrecciando i corpi raccontati con quelli provenienti da altri schermi/storie/immaginari (il sublime Vincent Gallo anzitutto, che rimanda chiaramente alle sospensioni tra vita e morte a cui lo condannava il Ferrara di The Funeral). Scimeca ha capito che l'unico modo di ri/dare vita al cinema è quello di continuare ad osservare la sovrimpressione in cui è rinchiuso, riservandosi poi il piacere di liberarlo di tanto in tanto (come accade nella sequenza in cui appare la valigia in cui sono racchiuse le foto dei protagonisti del racconto), lasciandolo libero di incrociarsi con altri sguardi, altre miopie, altri modi d'essere in uno stesso desiderio.

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Regia: Pasquale Scimeca


Soggetto: Giancarlo Fusco


Sceneggiatura: Nennella Bonaiuto, Pasquale Scimeca


Fotografia: Pasquale Mari


Scenografia: Osvaldo Desideri


Montaggio: Babak Karimi


Musiche: Nicola Piovani


Scenografia: Osvaldo Desideri


Costumi: Grazia Colombini


Interpreti: Marcello Mazzarella (Lily Valentino), Vincent Gallo (Tony Bendando), Peppe Lanzetta ( Saver Lifonzi), Lynda Steadman (Rosy), Vincent Schivelli (Frank Frigenti), Antonio Catania (Giancarlo Fusco), Vincenzo Albanese (Lu Grisafi), Violante Placido (Agneska), Marica Coco (Katie), Franco Scaldati (Charlie Mincucci)


Produzione: Marco Poccioni, Marco Valsania per Rodeo Drive, Galliano Juso per Digital Film


Distribuzione: Metacinema


Durata: 94'


Origine: Italia, 2003


 

 

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