Gli occhi del diavolo, di Daniel Stamm

Un horror che parla sottotraccia di salute mentale e parità di genere, uniti in una narrazione intrigante che scorre fluidamente. Diretto dal regista di L’ultimo esorcismo.

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Anne è una suora-infermiera in una struttura postmoderna di Boston, in cui psichiatria e teologia collaborano per curare casi di possessioni dei pazienti ospiti. Dal passato segnato da droghe e perdizione, la protagonista vive ancora all’ombra della madre, anche lei afflitta da schizofrenia e depressione, poi morta suicida.

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Non esiste film sull’esorcismo che non sia figlio de L’Esorcista di William Friedkin, quando nel 1973 ha cambiato le carte in tavola del genere horror. Quella pellicola della New Hollywood ha tracciato dei paletti entro cui il discorso del genere poteva assumere svariate implicazioni politiche da nascondere lungo tutta la narrazione. In quel caso la possessione demonica parlava dell’isteria, la schizofrenia, malattie mentali. Daniel Stamm con Gli occhi del diavolo – Prey for the Devil il titolo originale – abbraccia gli spunti e li amplia, parlando sottotraccia di salute mentale e parità di genere, unendoli in una narrazione contemporanea intrigante che scorre fluidamente.

Sin da subito si avverte come nell’universo narrativo, che ricorda il cinema di Shyamalan – con l’inserimento dei dispositivi di sorveglianza, la totale automatizzazione dei sistemi, gli schermi dei monitor che si sostituiscono alla cinepresa – il rito di esorcismo, e prima ancora di analisi clinica dei singoli casi sia banalmente l’approccio per affrontare i disturbi psichici quali depressione, isteria, sindrome postraumatica da stress. Ogni caso è diverso. Ogni paziente ha bisogno di cure specifiche e mirate, come ci ricorda la Dr.ssa Peters. La scelta di raccontare questo mondo è da ammirare, perché ancora oggi si brancola nel buio quando si parla – dibattito pubblico e non – di benessere psico-fisico. Di fronte queste problematiche, oggi più presenti che mai troppo spesso si sminuiscono conseguenze ed effetti e con Gli occhi del diavolo si prova a puntare i riflettori sulla faccenda.

Notoriamente la pratica dell’esorcismo è qualcosa di circoscritto al mondo maschile di preti e sacerdoti. Ma Anne non ci sta, e inizia a spingere per cambiare le cose dall’interno. Già da questo presupposto si avverte come Gli occhi del diavolo strizzi l’occhio al movimento femminista. Dal togliere il velo nei momenti di pausa, all’affrontare il sistema prestabilito, la nostra protagonista si accinge a scombussolare le regole. Il culmine giunge nel momento di massimo ribaltamento, quando durante l’ultimo esorcismo, il climax, vediamo Anne indossare una tunica da prete. Ma le adesioni al femminismo continuano. Basti pensare ai continui giochi di scambi dei temi come gravidanza, maternità, stupro.

In definitiva, Daniel Stamm (che ha diretto, tra gli altri, anche L’ultimo esorcismo nel 2010), firma un’ opera aperta e non solo per il cliffhanger, anche se abbastanza cosciente dei limiti della struttura narrativa classica. Nonostante questo riesce a fregarsene e parlare al presente e il suo film scorre in maniera fluida. Non si pretenda piena coerenza nei personaggi o le loro scelte, ma piuttosto provare a leggere oltre la superficie del genere, la trama, lo splatter gratuito.

Titolo originale: Prey for the Devil
Regia: Daniel Stamm
Interpreti: Jacqueline Byers, Virginia Madsen, Ben Cross, Colin Salmon, Christian Navarro, Nicholas Ralph
Distribuzione: Eagle Pictures
Durata: 93′
Origine: USA, 2022

 

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3.5
Sending
Il voto dei lettori
3.17 (30 voti)
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