Gli Sguardi di SUCKER PUNCH: Emily Browning, Jena Malone, Abbie Cornish
In Sucker Punch lo sguardo creatore di mondi di Baby Doll filtrato dalla consapevolezza del martirio di Rocket arriva a destinazione poggiandosi sulla predestinata Sweet Pea, che da lì in poi ne sarà la depositaria. Emily Browning, Jena Malone e Abbie Cornish incarnano pertanto le perfette artefici di quella “terroristica” riformulazione dell’immaginario odierno all’interno del Luna Park Sucker Punch. E dimostrano evidentemente che a Zack Snyder interessa ancora l’utopia avanguardista dello sguardo
Emily Browning configura qui lo sguardo/cinema Baby Doll. Attrice australiana nata a Melbourne nel 1988, Emily calca i set cinematografici dall’età di dieci anni acquisendo una certa notorietà con Ned Kelly e La Nave Fantasma. Ma è con la quattordicenne Violet Baudelaire nel sublime Lemony Snicket che la sua carriera assume definitivamente i connotati di giovane star a Hollywood. Film, quello di Silberling, dove i fantasmi dell’infanzia e i timori primordiali della morte si materializzano attraverso le varie trasformazioni dell’orco cattivo Olaf che sfida continuamente la purezza infantile dei tre ragazzini protagonisti. Dove in una straordinaria scheggia di metacinema la giovane inventrice Violet erige per i fratellini un «piccolo posto sicuro in un mondo inquietante» costruendolo con un telone bianco e una luce calda che proietta le loro sagome nel buio. È già tutta lì la bellezza folgorante di Emily Browning che “produce” cinema come reazione e scacco continuo alla morte che incombe.
In Sucker Punch l’agnello sacrificale che ridà speranza attraverso il martirio del proprio sguardo è rappresentato dalla Rocket di Jena Malone. Attrice statunitense, nata nel 1984 a Lake Tahoe, che ottiene il suo primo ruolo importante addirittura in Contact di Zemeckis. Film seminale (per certi versi diretto genitore del cinema di Snyder) dove la sovrapposizione pedissequa del possibile e del visibile viene inscritta proprio nello sguardo fiducioso di Ellie/Jodie Foster irriducibilmente attratto dall’altrove. E la piccola Jena interpreta appunto Ellie da ragazzina: il suo “occhio” diventa il punto d’arrivo della celeberrima sequenza iniziale del film che ridiscute nell’arco di un abissale piano sequenza ogni coordinata spaziotemporale. La sua carriera
E andiamo ancora avanti in questo bislacco e rapsodico percorso: in Sucker Punch lo sguardo creatore di mondi di Baby Doll, filtrato dalla consapevolezza del martirio di Rocket, arriva a destinazione poggiandosi sulla predestinata Sweet Pea che da lì in poi ne sarà la depositaria. Ossia Abbie Cornish, ancora un’attrice australiana (Australia sempre più nuova frontiera del cinema odierno), nata nel 1982 a Lochinvar e presto ribattezzata in patria l’erede ideale della “Eyes Wide Shut” Nicole Kidman. Abbie
Quindi, potremmo dire che lo statuto iconico delle tre principali artefici di questa “terroristica” riformulazione dell’immaginario odierno all’interno del Luna Park Sucker Punch dimostra evidentemente che a Zack Snyder interessa soprattutto lo sguardo. Lo sguardo straziante e bellissimo della Browning puntato dritto verso la Cornish dopo pochi minuti dall’inizio del film: campo e controcampo tra due anime perse che si (ri)conoscono al di là e al di sopra della loro vera identità (privata, cinematografica, sociale, di gender…) e fondono indissolubilmente i loro destini inseguendo una libertà sentimentale strenuamente voluta e difesa. In Sucker Punch – regno dell’effimero/cinema e della superficie (auto)riflettente – è ancora e sempre l’apertura sentimentale verso l'altro che segna uno scarto nella visione, elevando i destini degli abitanti del cinemondo al di sopra di un’identità “singola” già ampiamente smarrita nel nostro (neo)reale (si pensi ai loro nomi: Baby Doll, Sweety, Rocket, Blondie…non sembrano dei nick name per social network?). Snyder, quindi, in una operazione consapevolissima decuplica il potenziale segnico di queste giovani icone della sensualità nell’era del digitale, e lo fa “equipaggiando” la loro immagine con un’arma potentissima e dirompente: che non è certo quella della spada o del mitragliatore che utilizzeranno in tutto il film, ma bensì quella dello sguardo. È solo negli occhi di queste giovani ambasciatrici del nuovo modo di raccontare “storie” al cinema che si annida l’ultima salvezza: il saper conoscere attraverso l’atto rivoluzionario del guardare, tramandando così il proprio punto di vista – non più limitato ad un unico corpo – come in un istantaneo contagio sentimentale. Il cinema si piazza ancora una volta (e ancora di più) nell’arco di un singolo frame, in quello stacco di montaggio prepotentemente negato su un martelletto lobotomizzante puntato dritto verso l’occhio di Emily Browning. Stacco che avverrà solo due ore dopo – a fine film! – quando lo sguardo di Baby Doll sarà già volato via (noi spettatori non la vedremo più in viso), migrato verso Sweet Pea, verso la libertà, verso una resistenza cinepartigiana che nel frattempo ha fatto piazza pulita di una moltitudine di costrutti materici novecenteschi: alleggerendosi finalmente dai corpi – «attraverso te vivremo tutte!» dirà Emily Browning ad Abbie Cornish – per divenire un puro occhio nella luce. Ancora, sempre di più, l’utopia avanguardista del cinema: si parte dalla moltitudine dei corpi per arrivare all’estasi dello sguardo…
ma che roba vi passa il pusher? 🙂
Avete colto il senso di un film da alcuni sottovalutato.Un'opera barocca,che si fa però spettacolo soggetto a profonde interpretazioni,come voi stessi avete dimostrato."il cinema in un frame".Quanto è vero.saluti e complimenti