Gli spettri che vivono – Il cinema di Brad Silberling

Frammenti di memoria privata dentro “Moonlight Mile”: vita vissuta, canzoni che lo hanno segnato, ossessioni ricorrenti della mancata rimozione della morte che è già stata ossessione degli altri due film diretti dal regista, “Casper” e “City of Angels”

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C’è la morte mai rimossa dentro il cinema di Brad Silberling. Con Moonlight Mile – Voglia di ricominciare, suo terzo lungometraggio, il cineasta statunitense continua a lasciar vivere uno spettro (quello di una ragazza, Diana, uccisa da una pallottola in un bar) nella sfera affettiva dei suoi genitori e del suo ex-ragazzo. Non è il ricordo che ritorna a farsi presente nel film di Brad Silberling. L’immagine della ragazza non ri/vive mai infatti attraverso flashback ma soprattutto nelle fotografie e in visioni oniriche. “Amo i momenti di transizione della vita“ ha affermato Silberling. “A volte ci ritroviamo ad affrontare rapporti di coppia o lavori senza futuro in circostanze di vita senza uscita o piene di sensi di colpa, come Joe (Jake Gyllenhaal). Volevo ambientare la storia in un’epoca che potesse riflettere un senso di cambiamento. Nel 1973 la guerra in Vietnam stava per finire, mentre in America avevamo una crisi energetica. Nella piccola cittadina dove Ben Floss (Dustin Hoffman) lavora come agente immobiliare, la tradizionale vita economica è diventata molto più vulnerabile”.

Nato in California l’8 settembre e figlio di un produttore televisivo, si è prima laureato in lingua inglese presso la University of California di Santa Barbara nel 1984 e poi si è diplomato alla U.C.L.A. Film School nel 1987. Ha cominciato a lavorare come assistente di produzione in una televisione speciale per bambini. Alla U.C.L.A., sotto la supervisione di Martin Ritt, scrive e dirige il suo cortometraggio di tesi, Repairs, che attira l’attenzione del produttore televisivo Steven Bocho che gli fa ottenere un contratto presso la Universal Studios. Tra la metà degli anni Ottanta e l’inizio degli anni Novanta realizza alcuni episodi di alcune serie televisive di successo come L.A. Law (1986), Top of the Hill (1989), The Antagonists  e Civil Wars (1991), N.Y.P.D. Blue (1993).

Nel 1989 la sua vita è stata segnata dalla morte della sua fidanzata, l’attrice Rebecca Schaeffer (apparsa in Radio Days di Allen e Scene di lotta di classe a Beverly Hills di Mazursky), uccisa da un suo fan quando aveva appena 21 anni. Forse da quel momento lo spettro della morte è diventata l’ossessione del suo cinema. Il tema influenza sia il suo esordio nel lungometraggio, lo straordinario Casper (1995), film prodotto da Spielberg che incassa oltre 300 milioni di dollari in tutto il mondo, sia il successivo City of Angels – La città degli angeli (1995). Se in Casper il personaggio di animazione diventato popolare negli anni ’50 nei cartoon della Harvey Comics è solo un pretesto per materializzare visivamente un continuo cortocircuito con l’aldilà (come nella struggente scena del ballo tra Christina Ricci e il “fantasmino”, ritornato provvisoriamente bambino), in City of Angels riprende la struttura narrativa di Il cielo sopra Berlino di Wenders per trasformarlo in’opera epidermica, di luci provvisorie che accolgono corpi, che fanno sentire continuamente addosso il respiro, il tatto del fantasma (Nicolas Cage). La luce nel cinema di Silberling – il blu di Casper, l’alternanza tra il giallo spento e il grigio di City of Angels – sembra mantenere in uno statyo di transizione, tra la vita e la morte, personaggi che appaiono come congelati, come immessi in un set/luogo provvisorio da dove aspettano di essere liberati.

Nello stesso anno in cui dirige Casper, Silberling sposa l’attrice Amy Brennemann (Heat – La sfida, Daylight- Fuori dal tunnel). Insieme lavoreranno in un’altra serie televisiva che ha avuto un enorme successo negli Stati Uniti, Judging Amy; Silberling è regista della puntata pilota, la Brennemann è invece la protagonista che interpreta un giudice rigoroso ma anche anticonformista.

La vicenda di Moonlight Mile – Voglia di ricominciare richiama per certi versi la storia personale dello stesso Silberling. A questo proposito il regista ha dichiarato: “Anche se il film è frutto della mia immaginazione, le sue origini emotive sono legate ad un periodo della mia vita nel quale ho sofferto per una perdita simile a quella di Joe”. Non è un caso che, per la prima volta, Silberling è anche sceneggiatore, oltre che regista, di un suo film. Memoria privata ma anche memoria emotiva, istintiva, fatta di frammenti deboli di un’epoca (“Anche se frequentavo solo le elementari ho una forte memoria visiva dei primi anni Settanta”) e soprattutto di una serie di canzoni che, come in Cameron Crowe in Almost Famous – Quasi famosi sembrano costituire un vero e proprio diario di formazione. Il titolo del film è infatti lo stesso di una canzone meno famosa dei Rolling Stones. Ma gli anni Settanta in Moonlight Mile vengono davvero ricostruiti tramite la colonna sonora (“Dopo la scuola si andava a turno a casa dei compagni e c’era sempre quella musica che veniva dalle camere di un fratello o sorella maggiore. Questi pezzi erano tutti meravigliosamente romantici e misteriosi”). Per ottenere i diritti delle canzoni, il regista ha dovuto faticare parecchio. “Gli Stones sono molto selettivi quando si tratta di concedere i loro pezzi per dei film. Ho iniziato a lavorare per ottenere l’autorizzazione nove mesi prima che cominciassero le riprese. Ho scritto varie volte alla band e all’etichetta, ho proiettato la primissima versione del film per i loro manager a New York. E’ stato così anche per Van Morrison. Van ha chiesto di vedere tutte le sequenze dove volevo utilizzare la sua musica, prima ancora che il film fosse finito”. E, a proposito di alcuni canzoni utilizzate in Moonlight Mile ha aggiunto: “Per me Razorface è sempre stato un inno malinconico alla ricerca di una direzione durante la mia gioventù, per questo accompagna Joe quando deve fare delle scelte difficili. Buckets of Rain, il pezzo di Dylan, mi è sempre sembrato uno dei brani più lirici, descrivendo come perdita e speranza riescano ad andare di pari passo

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