Gli uccelli, di Alfred Hitchcock

Forse il primo blockbuster. Ma anche un cinema pittorico, onirico e rivoluzionario nell’uso del suono. Da ieri in sala, in versione restaurata, distribuito dalla Cineteca di Bologna

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Forse il primo vero blockbuster. Con un finale così aperto, minaccioso, che ci poteva partire una saga. Per fortuna ci hanno provato in pochi (René Cardona jr. nel 1987 e Rick Rosenthal, che si è fermato Alan Smithee nel 1994) e hanno fatto danni colossali. Perché forse quel finale, con Melania che deve essere portata in ospedale per le cure e gli uccelli appostati sulla macchina, poteva dar vita ad altri quattro o cinque film. Ma appare al tempo stesso intoccabile.

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Tratto dall’omonimo racconto di Daphne du Maurier, Gli uccelli è un vero incubo a cielo aperto. Dove non sembra più esserci via di fuga, neanche dentro casa. Melania Davies (Tippi Hedren) arriva a Bodega Bay, cittadina californiana vicino San Francisco, per regalare una coppia di pappagallini “inseparabili” a Mitch (Rod Taylor), un avvocato che vive sul posto assieme alla madre e alla sorellina e che aveva conosciuto in un negozio di animali. Mentre sta attraversando la baia su un piccolo motoscafo, viene colpita da un gabbiano. Sembra solo un incidente. In realtà gli attacchi si faranno sempre più frequenti e arriveranno a minacciare l’intera comunità.

Parte come una commedia degli equivoci. Con Melania che si fingel a commessa del negozio. E Mitch che già la conosceva. Con la solita apparizione di Hitchcock in aperura che esce dal negozio con due cani terrier al guinzaglio. Poi la tensione diventa prima crescente. Poi sempre più devastante. Dove Hitchcock mantiene le tre unità di luogo, tempo, azione e fa diventare Bodega Bay sempre più stretta, claustrofobica. Ma Gli uccelli è anche una partitura visiva e sonora. Di 3000 inquadrature (quasi il triplo di quelle che il regista utilizzava normalmente), in circa 400 c’erano trucchi e fotomontaggi. E sono stati utilizzati diversi fondali perché Hitchcock odiava lavorare in esterno. Con mascherine e fondali illuminate con lampade al sodio su fondale giallo. Seguendo il metodo Walt Disney. Dove c’è tutto Hitchcock negli spostamenti. La magia, l’esposizione di un fondo artificiale. Come Caccia al ladro e Vertigo. Il cinema come gioco infinito. Con momenti altissimi: la corsa dei bambini in fuga dalla scuola, l’agricoltore trovato morto senza occhi. E l’esplosione dal distributore di benzina. Ancora, anzi già, un esplosivo blockbuster. In più, più dell’azione, nel cinema del regista conta come sempre l’attesa. L’immagine degli uccelli fuori scuola. Melanie seduta su una panchina che aspetta la sorella di Mitch. Altro sguardo. Gli uccelli che si sono tutti radunati. Pronti per il nuovo attacco.

C’è qualcosa di più della finzione. Un film tormentato. Già in preda all’isteria. Alla follia. Quasi ogni giorno un membro della troupe doveva ricorrere a cure mediche per l’attacco degli uccelli. Inoltre le riprese sono state interrotte per una settimana per un esaurimento nervosi di Tippi Hedren, nuova musa ossessiva di Hitchcock, protagonista anche del successivo Marnie.

Ma dove Gli uccelli appare ancora più rivoluzionaria è nell’uso del suono. Quasi un altro film insieme. Che scorre parallelamente. Che si concentra soprattutto sui rumori degli uccelli, il battito d’ali, il loro becco che s’infrange sul vetro. C’è un vero e proprio script dei suoni. Manca totalmente l’accompagnamento musicale tradizionale, tranne a un accenno di Première Arabesque di Claude Debussy e Risseldy Rosseldy, la canzone dei bambini nella scuola. Ma ci sono anche i gridi muti. I silenzi. Altra estensione di un lavoro infinito. Ancora oggi tra i film più inquietanti di Hitchcock. Che ha dato vita, nel corso degli anni, a letture religiose, ecologiche, politiche, psicanalitiche. Qui non ci interessa nulla. È un film sempre più sovraumano. Forse uno tra quelli in cui il regista ha messo in gioco se stesso. Anche perché veniva da Psyco, che è stato il suo maggiore successo commerciale. Gli uccelli invece è stato accolto tiepidamente. Anche stroncato. Per una trama non lineare, per un thriller che non seguivale regole canoniche. È stato invece uno dei film di Hitchcock più amati da Fellini. Forse perché il più onirico. Il più pittorico. Come un dipinto che prende forma. Sembra di vedere L’urlo di Munch. Che esce dalla tela e diventa un film.

 

Titolo originale: The Birds
Regia: Alfred Hitchcock
Interpreti: Tippi Hedren, Rod Taylor, Jessica Tandy, Veronica Cartwright, Suzanne Pleshette
Durata: 115′
Origine: Usa 1963
Genere: thriller

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
5

Il voto al film è a cura di Simone Emiliani

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Il voto dei lettori
4.6 (5 voti)
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