Glory – Non c’è tempo per gli onesti, di Kristina Grozeva e Petar Valchanov

Il secondo lungometraggio dei registi bulgari si fissa sul tempo come personaggio e sull’incontro di due persone collegate da un orologio, che provano a riprendere la tempistica delle loro vite

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Tsanko Petrov (Stefan Denolyubov) è un ferroviere solitario e balbuziente, che vive quasi nell’indigenza e passa la giornata tra conigli e cani, lavorando in silenzio e sincronizzando orologi. La sua vita va avanti in linea retta come una rotaia, senza la velocità di un treno ma con la stessa rigorosità nel ritmo, costante, preciso. Nel suo mondo – quello di Glory, non c’è tempo per gli onesti, secondo film dei registi bulgari Kristina Grozeva e Petar Valchanov non c’è musica, non c’è ralenti, flashbackflash forward, soltanto il rumore di una radio ascesa che gli concede una certa connessione con la realtà, forse voluta, forse incosciente. L’interesse di Tsanko si fissa nel suo piccolo universo, vissuto in tempo reale, assente di vittime e cattivi, logica e giudizi; paradossalmente, essendo il centro del suo spazio, lui sembra essere più uno spettatore passivo del tempo che il protagonista.

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Ma stiamo parlando di Cinema; qualcosa deve capitare e sconvolgere il tempo. Lo spin accade proprio nelle rotaie sospese del percorso quotidiano di Tsanko: un giorno, trova sui binari milioni di lev (moneta bulgara), sparsi per terra. Subito, decide di consegnare l’intera somma alla polizia, atto che il governo, la stampa e la società bulgara riconoscono come eroico. Dopo aver partecipato ad una cerimonia con il Ministro dei Trasporti – al centro di un’indagine sulla corruzione – e aver ricevuto come riconoscimento un orologio, Tsanko s’incrocia con Julia Staikova (Margita Gosheva), PR del ministro; questa volta Julia, manipolatrice e workaholic, in lotta con le sue ossessioni e con il “dovere” di diventare madre, non prenderà soltanto il vecchio e amato orologio di Tsanko – un glory, regalato dal suo padre – ma anche un bel pezzo della sua dignità.

Proprio come il cinema, che arriva sempre un secondo dopo – quando l’immagine è già stabilità, la realtà è già accaduta, l’attimo è già sfuggito – entrambi i personaggi

glory19sembrano muoversi contro il tempo; Tsanko si trova all’improvviso fuori dal suo mondo sospeso, con il suo orologio capovolto come una clessidra, mentre prova a trovare un senso in una realtà che lo respinge e riprendere il filo di una logica che è stata già interrotta. Julia, invece, è intenta a fare artifici con il tempo: con quello degli altri, con le ore di una giornata, con il corso della natura e il suo tempo di diventare madre, come se cercasse di rallentare o mettere fast forward su un DVD che non si legge più. Questa volontà si rende evidente, quasi palese, con il fatto che lei perda l’orologio di Tsanko e non abbia nemmeno la minima coscienza di averlo avuto tra le mani, dimenticanza che alla fine diventerà la sua sentenza definitiva.

Glory03-1158x720Come i fratelli Coen con Non è un paese per vecchi, Grozeva e Valchanov determinano la loro visione del mondo dal titolo: “non c’è tempo per gli onesti”. Un’affermazione almeno attendibile che nel caso di Tsanko – e del suo disperato intento di respirare in un mondo che non riesce a capire – può rendersi pure vera. Ma la premessa diventerebbe più lucida se venisse scoperta, al suo proprio tempo e come un atto naturale, invece di rendersi evidente sin dall’inizio. E come se esistesse una fretta prematura per raggiungere un senso, per manipolare un discorso e sottolineare una premessa morale, quando il bello è giustamente lasciar parlare il tempo, l’immagine, seguendo di più la freschezza e la parsimonia di Tsanko che l’ansia di controllo di Julia Staikova. Perché alla fine è tutto un miraggio; anche se riesci a manipolare un orologio, il tempo rimane sempre immutabile.

 

Titolo originale: Slava
Regia: Kristina Grozeva, Petar Valchanov
Interpreti: Stefan Denolyubov, Margita Gosheva
Distribuzione: I Wonder
Durata: 101′
Origine: Bulgaria, Grecia, 2016

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