Godspeed You! Black Emperor: nessun bisogno di un titolo
“NO TITLE AS OF 13 FEBRUARY 2024 28340 DEAD” è l’ottavo album in studio del collettivo canadese, che col suo sound monumentale costruisce una cattedrale per darle fuoco, pronti a ricostruire
“NO TITLE= quali gesti hanno senso mentre piccoli corpi cadono? quale contesto? quale melodia spezzata? e poi un conteggio e una data per segnare un punto sulla linea, il processo negativo, il mucchio che cresce”
Nota dei Godspeed You! Black Emperor al rilascio del loro nuovo album NO TITLE AS OF 13 FEBRUARY 2024 28340 DEAD
Alla presentazione del nostro ultimo numero di SentieriSelvaggi21st, Aldo Spiniello si è soffermato sulle misteriose parole dell’architetto Adolf Loos: “quando in un bosco troviamo un tumulo lungo sei piedi e largo tre, disposto con la pala a forma di piramide, ci facciamo seri e qualcosa dice dentro di noi: qui è sepolto qualcuno. Questa è architettura”. Un attimo di sospensione, la coscienza che sprofonda nel qui e ora per sentir penetrare una voce. Se questo pensiero, oltre che all’architettura, è applicabile al cinema, lo è anche per la musica e in special modo per quella dei Godspeed You! Black Emperor. La band canadese di culto nella scena del post-rock (un’etichetta impotente di fronte a un tappeto di gruppi che sperimentano con le membra esauste del rock, ormai decomposto), costruisce con NO TITLE AS OF 13 FEBRUARY 2024 28340 DEAD, ottavo album in studio uscito in questi giorni, non un tumulo ma una cattedrale. E la brucia fino alle fondamenta.
Il suono dei Godspeed You! Black Emperor è, fin dal loro esordio del 1997 F#A# ∞, monumentale. Nascono attorno al nucleo composto da Efrim Menuck, Mike Moya e Mauro Pezzente, che ben presto si allarga a più di 8 componenti e ancor più strumenti (chitarre elettriche, bassi elettrici, violino, violoncello, corno, batteria, percussioni e loop e registrazioni audio di voci lontane…), senza contare i musicisti del luogo che durante i tour si univano ai Godspeed anche solo per una notte, prima di sparire. In effetti, i Godspeed You! Black Emperor sono più vicino a un collettivo, a un orchestra che ha trovato il suo conduttore nel silenzio della sua assenza. È musica che cerca la sospensione, che si muove su coordinate eteree, come un filo argentato che si vede solo controluce per condurci fuori dal labirinto (o nelle sue profondità più recondite?) o una fitta nebbia. Appare consequenziale, date queste premesse, come le loro opere si posizionino in maniera antagonista nei confronti del mercato musicale e delle sue prassi: spesso i pezzi superano agilmente i 20 minuti, imponendo un ascolto raccolto, devoto come l’infante che ascolta il raccolto sussurrato alle sue orecchie dalla mamma mentre lo culla. In Sleep, terza traccia dell’acclamatissimo Lift Your Skinny Fists Like Antennas to Heaven, il racconto iniziale dei vecchi fasti di Coney Island è un’evocazione, una formula rituale che spalanca le porte del palazzo immaginario dei Godspeed e gli echi di balocchi e giostre ormai ferme.
Negli anni, la loro musica è andata sempre più verso la stratificazione, accogliendo influenze dall’elettronica al noise, dall’ambient alla musica neurale, 8 album che potrebbero essere visti anche come un’unica, lunga sessione in continua evoluzione. Questo flusso ha le sue fonti nella contingenza, nella materialità di un mondo che sembra scivolare placidamente nelle fiamme. In questa ambient continuamente sovraccaricata c’è il furore e c’è la bellezza, ci sono sofferenze immense e un orgoglio resistente che sono pienamente politiche. Il loro ottavo album NO TITLE AS OF 13 FEBRUARY 2024 28,340 DEAD lo esplicita chiaramente senza dire nulla. Perché in questo lavoro i Godspeed si affidano completamente alla musica per costruire qualcosa che è molto più di un’affermazione, è un monumento di resistenza. Sembra che la musica di quest’album sia un tentativo di rianimazione di quei numeri contenuti nel titolo, fredde e manchevoli constatazioni dell’orrore. E scrutando nelle sue profondità, i Godspeed You! Black Emperor scorgono barlumi resistenti di beatitudine.
Parlare dei singoli movimenti del disco risulta come al solito difficile (anche se stavolta ben tre tracce rimangono attorno ai 5 minuti), oltre che tedioso. NO TITLE AS OF 13 FEBRUARY 2024 28,340 DEAD è un disco che ti piove addosso, un edificio che crolla sopra le nostre teste. La stessa cattedrale sonora costruita negli anni dalla band/collettivo sembra implodere, inedite armonie che si formano nella nuvola di detriti. La polvere non si è ancora posata, che già i tamburi marciano tra di esse, le chitarre e i bassi scuotono ciò che resta delle fondamenta, i violini fuggono tra le rovine. Tutte insieme contano e piangono i morti di un genocidio per il quale non rimangono più parole. La musica però non diventa mai elegiaca (se non in un solo caso, BROKEN SPIRES AT DEAD KAPITAL), crea per la maggior parte del tempo un’ascesa inarrestabile e lenitiva, come se ci fosse una città spirituale impossibile da abbattere. Un seme vivo gettato in mezzo alle rovine. Come per evitare, con l’ultimo edificio raso al suolo, che le sue macerie vengano usate per creare un tumulo a memoria di ciò che è ancora vivo. Delle fondamenta, che si preparano a essere ricostruite ancora. E ancora. E ancora.