GOLDEN GLOBE 2015 – Boyhood pigliatutto

Se c’erano ancora dei dubbi su quale fosse il film da battere ai prossimi Academy Awards la premiazione della notte scorsa dei Golden Globe dovrebbe averli fugati. Con i suoi tre premi (Film, Regia, Attrice non protagonista) Boyhood sembra sempre più lanciato nell’Olimpo di Hollywood. Lo avevamo previsto già qualche settimana fa, eppure questo largo consenso è un po’ inaspettato, lo confessiamo. Quello di Linklater non è certo un brutto film, anche se non è probabilmente il capolavoro assoluto a cui in molti gridarono durante la sua presentazione allo scorso Festival di Berlino, dove vinse l’Orso d’argento. Del resto che il regista texano possa fare bottino pieno di nomination e in seconda battuta di statuette non ci disturba particolarmente. La sua è una filmografia che tra alti e bassi rispettiamo e in un’annata non esaltante come quella in corso (parliamo ovviamente riferendoci ai contendenti più accreditati) può anche permettersi di vincere degli Oscar.

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Certo non ne sarebbe particolarmente felice il messicano Alejandro González Iñárritu, il cui Birdman è l’altro grande film in lizza e che a proposito di Globe si è portato a casa quello per il miglior attore comico (Michael Keaton) e per la sceneggiatura. Le nomination agli Academy verranno rese note tra pochissimi giorni, precisamente giovedì pomeriggio, ma possiamo facilmente ritenere che con molta difficoltà questi due film saranno assenti dalle categorie principali. Così come molto ben piazzato sembra essere il Grand Budapest Hotel di Wes Anderson, che qualche giorno fa ha ottenuto 11 candidature ai Bafta e ieri s’è aggiudicato il Golden Globe come miglior commedia. Segnali che indicano come per il regista de I Tenenbaum sia ormai arrivato il momento della consacrazione autoriale e mediatica anche in America e non soltanto in Europa.

photoshop_1400_800In merito allo statuto dei Golden Globe intanto ci sono spunti che andrebbero approfonditi. La suddivisione tra film drammatico e commedia/musical è sempre più arbitraria, discutibile, ma allo stesso tempo affascinante. Lo scorso anno, ad esempio, come attore nella categoria commedia vinse Di Caprio per The Wolf of Wall Street! Quanto alle candidature di quest’anno siamo proprio sicuri che Birdman e Big Eyes fossero commedie? Classificare certi film contemporanei in rigide categorie lascia perplessi. La formula probabilmente andrebbe ripensata, ma allo stesso tempo mantiene un fascino concettuale interessante. Così come è interessante il prestigio che questi premi si stanno guadagnando. I Golden Globe per anni sono stati visti e giudicati come una manifestazione importante ma certamente secondaria rispetto agli Oscar, meno lussuosa e “alta”. Eppure un domani potrebbero diventare i riconoscimenti più ambiti. Forse lo sono già. A farcelo pensare è la loro caratteristica di mescolare cinema e televisione, riuscendo a captare prodotti sempre più originali e in bilico tra i due linguaggi e formati. Che le serie Tv stiano diventando terreno fertile per acute riflessioni sulla narrazione e sull’immagine ce ne stiamo accorgendo da qualche anno e ieri notte, se togliamo l’assenza gravissima di The Knick di Steven Soderbergh (rappresentato soltanto dalla nomination a Clive Owen), a Los Angeles si è visto il meglio del meglio della serialità contemporanea: da Fargo ad House of Cards, da True Detective (uscito clamorosamente e dolorosamente a mani vuote) a The Normal Heart (strameritato il premio a Matt Bomer). I Globe oggi sono quindi lo specchio più fedele della produzione audiovisiva tra grande e piccolo schermo, spesso capaci di scelte modernissime come il riconoscimento quattro anni fa a uno dei cineasti contemporanei che più amiamo, Olivier Assayas. Vinse grazie al potentissimo Carlos. Alla faccia delle palme d’oro e dei César che non ha mai avuto.

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