"Greene ha scorto una guerra che ancora non era in atto…" Incontro con Phillip Noyce

L'incontro per la presentazione di “The Quiet American” è stato un tripudio di domande a sfondo storico-politico, con la stampa che finalmente ha potuto sfogarsi a parlare di storia, politica, Osama, Saddam, l'America… e tutto quanto compone "le chiacchiere civili italiane". In cui non c'è il cinema…

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Nello sfarzo barocco dell'ex Grand Hotel, il regista australiano si presenta accompagnato dalla bellissima e trasparente Do Thi Hai Yen, che, data l'impossibilità (!??!) di trovare un interprete vietnamita, si è trovata costretta ad esprimere, in una lingua altra, la sua provenienza da un piccolo villaggio e la professione di ballerina, svelandoci anche che la sua partecipazione al film è stata del tutto "casuale" (aveva accompagnato il suo fidanzato, scelto poi per interpretare il Generale Thé). Per il resto è stato un tripudio di domande a sfondo storico-politico, con la stampa che finalmente ha potuto sfogarsi a parlare di storia, politica, Osama, Saddam, l'America…e tutto quanto compone "le chiacchiere civili italiane". In cui non c'è il cinema, se non come sfondo, o motivo.

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Sembra che lei abbia detto che con questo film vorrebbe che il pubblico si interrogasse se il fine giustifica i mezzi: lei ha delle considerazioni personali a riguardo?


Quando ho riletto il libro agli inizi degli anni '90 ho avuto la sensazione (confermatami da mia moglie e mia figlia) che vi parlassero i milioni di fantasmi vietnamiti morti in quella guerra. Accompagnavo in Vietnam ufficiali che vi si erano paracadutati nel 1945 per offrire armi e addestramento ad un piccolo gruppo di ribelli antigiapponesi capitanati da Ho Chi Minh. I giapponesi si erano arresi poco dopo e quei gruppi continuarono a combattere prima contro i francesi poi contro gli americani. Quegli stessi soldati, che si trovavano di fronte 50 anni dopo si ponevano ancora la stessa domanda: "Come è potuto succedere tutto questo?". In quel viaggio, in un museo, comprai un libro di poesie, ma quando aprii il pacco scoprii che mi era stato venduto un libro diverso, The Quiet American appunto…Subito ho avuto la sensazione che erano quei fantasmi a fare accadere ciò. Anche perché il mio paese, l'Australia, ha combattuto fianco dei fratelli americani, quindi quei fantasmi erano anche i miei vicini, i miei conoscenti, partiti per il Vietnam.


Tornando alle mie considerazioni personali, devo dire che questo è il segno delle capacità e dell'arguzia di Graham Greene di cogliere la potenza americana nel suo tentativo di aiutare tutti, di pensare di fare del bene e pianificare il futuro di un altro paese si ritrova a combattere guerre come queste. Greene ha scorto una guerra che ancora non era in atto grazie alla sua arguzia.


Come mai ha scelto di girare con una larga parte della troupe vietnamita?


Sebbene la maggior parte dei vietnamiti occupi ruoli secondari, abbiamo voluto che una parte della troupe fosse del luogo per captarne lo spirito. Alcuni però sono stati fondamentali, come il regista della seconda unità, Dang Nhat Minh che ha organizzato tutta la parte dei dettagli della piazza distrutta dalle autobombe, curandone il casting e dirigendo le comparse.


Lei ha visto il film di Mankiewicz, a cui la CIA aveva creato tanti problemi nella realizzazione?


La CIA non ha creato problemi, anzi ha caldeggiato la realizzazione del film. Un agente ha mandato una lettera, conosciuta, in cui suggeriva al regista di cambiare soltanto il finale, facendo apparire che gli autori degli attentati erano i comunisti e non gli americani. La CIA sosteneva che questa era la realtà dei fatti quindi era un finale più giusto, in cambio offriva al regista di accontentare le sue richieste di girare in Vietnam gli esterni.

Il suo film ha avuto problemi per essere distribuito in America, ancora non è uscito in General Release, ha subito la sorte che stanno subendo altre pellicole e altri artisti: Oliver Parker non riesce a trovare i fondi per girare una pellicola simile alla sua ma ambientata in Italia, Michael Moore non riusciva a pubblicare il suo libro Stupid White Man…Si può parlare di censura, in questo momento, per chi in America non è allineato sulla politica di Bush?


Il film era stato acquistato dalla Miramax prima che fosse prodotto, e noi abbiamo fatto una proiezione otto mesi prima del final cut, e lo abbiamo proiettato la sera precedente agli attentati di New York: i risultati non furono esaltanti ma ci fu l'OK. Poi abbiamo continuato a proiettarlo nei mesi successivi, da masochisti sempre nell'area di New York, con commenti che andavano sempre peggio. Questo vale solo per gli USA, perché contemporaneamente lo abbiamo mandato più volte in Australia, dove la risposta del pubblico è stata esattamente opposta. Risultava chiaro che il pubblico statunitense era snervato soprattutto dalle scene in seguito alle esplosioni e conteneva, ai loro occhi, la supposizione che anche gli attentati dell'11 settembre potevano essere conseguenza di una provocazione americana. Da qui la Miramax è stata riluttante alla distribuzione finché l'animo degli americani non si è ripreso dallo shock.


In realtà è stata la proiezione al Festival di Toronto a convincere la Miramax alla distribuzione del film che, dal New York Times ai giornali del West, ha provocato un forte dibattito…Inoltre il protagonista americano è un idealista, crede alla possibilità della terza via, che sembra quasi quella politica "di destra fatta da sinistra" tanto cercata da alcuni politici contemporanei…


Di dibattito c'è n'è stato molto, forse più fuori dagli Stati Uniti…Forse l'articolo che mi ha colpito di più è quello di un giornale filogovernativo australiano che accusava me e il mio film di antiamericanismo, e questo mi ha ferito molto. Penso che The Quiet American celebri invece i valori americani, come l'autocritica…Per quanto riguarda la figura di Pyle ripeto quanto detto riguardo a G. Greene e alla sua capacità di stigmatizzare le personalità politiche degli anni '50 impegnate in una guerra contro il comunismo che possiamo definire l'islam di allora. Greene mette in questo personaggio il senso di responsabilità che gli USA hanno ancora oggi verso questo crogiuolo di razze che è il mondo; il problema è il metodo…Credo che oggi siamo sull'orlo del precipizio e un errore potrebbe farci precipitare.


Come si pone Noyce di fronte allo strabismo americano di questo "senso di responsabilità", che li portava ad appoggiare dittature come quella cilena negli anni del Vietnam e ancora oggi capita che aiutino personaggi come Osama Bin Laden o Saddam che poi gli si ritorcono contro…


Mi sono sempre chiesto perché in Australia, Inghilterra e tanti altri paesi i politici siano professionisti, mentre negli USA può capitare che ci si ritrovi per quel periodo a gestire il Paese e poi si ritorni a fare un altro mestiere. Questo capita anche con gli ambasciatori che spesso sono amici del presidente…ancora oggi abbiamo Bush che non era mai stato in Europa prima dell'elezione alla Casa Bianca e non credo che questo lo aiuti nella politica estera… Questo è uno dei motivi su cui mi sono interrogato di più…ce ne sono anche altri ma poiché The Quiet American non è solo un film politico potremmo parlare anche un po' d'arte!?..

(Forse alla domanda successiva…) Quanto c'è di fatti accaduti e quanto è invenzione di Greene nel romanzo?


Parte del romanzo è tratta proprio dall'esperienza personale di Greene che era stato più volte in Indocina nei primi anni '50, ci sono particolari visti -il massacro nel villaggio, l'amante vietnamita, il fatto che abbia fumato oppio e incontrato un americano che gli parlasse di una terza via- e altri assenti nel film, che sono riportati anche nel suo libro autobiografico Ways of Escape. Per quanto riguarda le autobombe l'attentato si verificò il 9 gennaio del 1952 e fu rivendicato dal generale Thé, quello del film. Non ci sono prove che la CIA abbia sostenuto l'attentato se non la lettera arrivata a Mankiewicz in cui l'agente parla di forti rapporti con il generale.


Michael Caine è perfetto…come è stato lavorare con lui?


Credo che sia molto interessante ciò che Michael ha fatto per questo film. Dopo tanti film mi sembra sia arrivato ad arrivare a quella recitazione invisibile in cui non si vedono le rotelline girare. Questo forse non gli darà l'Oscar, nonostante la candidatura, a discapito di interpretazioni più marcate, mentre lui è riuscito ad elaborare un metodo che rende invisibile la sua recitazione, è reale, ha superato quel grosso limite hollywoodiano. Inoltre, anche per i suoi 70 anni, può essere considerato il miglior amico del regista, poiché non commenta come fare o non fare una scena, un dialogo…ti chiede ciò che vuoi e lo fa!  Preparandosi, ha trascorso diverse settimane in Vietnam a contatto con europei che vivono lì, per comprendere il loro rapporto con belle vietnamite o con il luogo, come Fowler. Perciò ha dato cose che non si vedono ma traspaiono dal suo personaggio, come una certa tristezza che gli deriva dal fatto che, ancora a dispetto di tanti altri attori di Hollywood, non ha avuto solo una vita di recitazione, ma, ad esempio, ha combattuto con le truppe del Commonwealth che avevano combattuto in Corea. E' stata questa l'esperienza che ha portato nel film oltre al suo senso della mortalità che ha acquisito con l'età. In più essendo Caine un appassionato di letteratura ed avendo incontrato Greene più volte mi ha detto che, per lui, Fowler ha tanto del suo autore e questa è stata la sua motivazione più grande nell'affrontare The Quiet American.


Qualcosa sulla fotografia…


Il direttore della fotografia è Cristopher Doyle, che è un po' lui stesso un Fowler, avendo abbandonato da giovane l'Australia senza tornarci mai prima di girare il mio Generazione Rubata, più di 20 anni dopo. Per le luci mi sono ispirato al ricordo che ho di Hanoi durante il mio viaggio del 1995, quando ancora vi erano flebili luci al gas. Sei mesi dopo era già invasa dal neon.


Lei a Toronto ha dichiarato che vorrebbe fare un nuovo film con Nicole Kidman (che pare a Berlino abbia dichiarato esattamente l'opposto…ndr)…


Da quando ho fatto quell'affermazione le richieste, per la Kidman, sono ulteriormente aumentate… Comunque abbiamo parlato dell'adattamento di un romanzo australiano intitolato Dirt Music, però siamo ancora in fase di sceneggiatura che io non ho letto e tanto meno lei. Ci vorranno almeno un paio d'anni, ma il libro piace a lei come a me.

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