Greener Grass, di Jocelyn DeBoer e Dawn Luebbe

Esordio ai limiti del miracoloso per DeBoer e Luebbe che con quest’opera dagli abbacinanti colori pastello firmano una bislacca presa in giro dell’American Dream. Disponibile on demand

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Sarebbe un esercizio di scrittura stimolante ma forse ingiusto per Greener Grass, di Jocelyn DeBoer e Dawn Luebbe lasciarsi prendere dall’entusiasmo cinefilo e inquadrarlo in claim folgoranti da locandina come “un trip acido a metà strada tra Burton e Lynch”. Perchè il film applaudito anche al Sundance 2019 è uno strano oggetto che travalica, pur facendone consapevolmente parte, quell’immaginario da American Dream degli anni Novanta spesso raccontato dai due autori statunitensi sopraccitati per diventare sì un’opera sicuramente weird ma senza bisogno di ricorrere alla stucchevolezza della maniera. Non siamo quindi di fronte ad un indie one-shot che folgora un festival per la sua costruita stralunatezza, dimenticabile di fronte alla prima replica di un suo pari simil-artigianale. DeBoer e Luebbe, forti del consenso ottenuto per l’omonimo corto del 2018, esasperano l’universo diegetico di riferimento rinunciando del tutto all’originale patina di verosimiglianza per immergerlo invece in una ricostruzione pastellosa di grana anni 50 portata avanti a quei tempi da autori come Douglas Sirk. Di fronte alla maggior cura estetica, ravvisabile nella divertente sincronia cromatica di coppia e in interni di laccata perfezione borghese, le due autrici mantengono intatta la compilation di situazioni assurde esperite dalle loro due protagoniste, di cui sono anche interpreti. Compilation martellante e senza acme (come le migliori compilation) che rompe le catene della fisica euclidea ma che vede i sempre compunti personaggi riuscire ad accettare senza particolari traumi, ad esempio, la trasformazione corporale del figlio da bambino sportivamente inetto a cane atleticamente prestante. È proprio questo il maggior risultato di Greener Grass: riuscire a raccontare la quotidianità dell’upper-class statunitense di fronte ad eventi che non lo sono. Come se questo ceto, all’apparenza inoffensivo nei suoi giardini tagliati ad arte, nelle sue grandi piscine, nei suoi barbecue di fine-settimana, in realtà sia così parassitario da costringere pure il reale a sottomettersi ai loro riti.

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Il film di DeBoer e Lebbe parte proprio da una tipica scena domenicale. Mentre ragazzini tremolanti si accapigliano goffamente giocando a calcio due madri assistono partecipi da una piccola tribuna. Durante una discussione basata su un evento che ha sconvolto la placida cittadina in cui abitano la prima donna regala alla seconda la propria figlia per farle un piacere (borghese, ovviamente: si aiuta solo con ciò di cui ci si può disfare. Jill all’inizio del film è soprattutto orgogliosa mamma di Julian). Basta quindi un semplice “It’s so cute” pronunciato dall’amica per scatenare la serie di eventi che causeranno la dissoluzione famigliare della protagonista. Greener Grass non punta mai però alla forzatura grottesca né alla sottolineatura a matita grossa del demenziale contentandosi di un ritmo blando e di una sceneggiatura che s’appiccica indolente alle vite dei protagonisti come le giornate di sole accecante fanno con essi. In altre penne, trovate come quella di far diventare l’angelico bambino Bob dopo la visione del programma proibito “Kids with knives” un folletto satanico pronto ad aggredire a parolacce chiunque, sarebbe diventata una gag facile al riso.

DeBoer e Luebbe, nonostante questo sia il loro esordio su grande schermo, gestiscono la natura episodica della storia con molta oculatezza arrivando ad un crescendo rossiniano in cui le contraddizioni latenti della vita premiano inopinatamente la co-protagonista Lisa, diventata nel frattempo anche tenerissima madre di un rubicondo pallone di tela. Al quale probabilmente non potrà far mettere l’apparecchio ai denti che invece contraddistingue tutti gli altri suoi compaesani.

 

Titolo originale: id.
Regia: Jocelyn DeBoer, Dawn Luebbe
Interpreti: D’Arcy Carden, Dot-Marie Jones, Mary Holland, Jim Cummings, Beck Bennett
Durata: 95′
Origine: USA, 2010

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3.8

Il voto al film è a cura di Simone Emiliani

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