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GUERRE DI RETE – Il mistero dei droni sugli aeroporti

Nuova puntata della cybernewsletter di Carola Frediani, che affronta il mistero dei droni che hanno paralizzato il traffico aereo europeo e la resistenza del fediverso tra i social

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Guerre di Rete – una newsletter di notizie cyber
di Carola Frediani
N. 212 – 5 ottobre 2025


EUROPA
Il mistero dei droni degli aeroporti

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Da giorni, settimane, si succedono notizie di avvistamenti di droni in prossimità di aeroporti o basi militari del Nord Europa, con stop dei voli per alcune ore, indagini, ricerche. I casi ora sono numerosi, ma quasi tutti caratterizzati dal fatto che alla fine i droni non sono identificati, trovati o intercettati; non si sa o non si dice da dove arrivino e perché si trovino lì; non si sa se siano casi scollegati e fortuiti, o uniti da un piano; non c’è un’evidenza netta che si tratti in tutti i casi di droni.
In pratica, ci sono i casi di avvistamento, gli aeroporti che si fermano, le indagini della polizia e di altre autorità, i media che ne parlano, ma ancora non si capisce praticamente niente.

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Per quel che mi riguarda, questo è al momento l’aspetto più sconcertante di queste notizie. Se non ci avete capito molto, di sicuro non è colpa vostra. Per questo ho deciso di dedicare la parte centrale di questa newsletter a mettere in fila qualche fatto ed elemento. Non pretendo di arrivare da nessuna parte, ma magari a qualcuno sarà utile.

La cronaca
Ultima vicenda: aeroporto di Monaco di Baviera, hub della Lufthansa e snodo strategico per numerose compagnie internazionali. I primi avvistamenti iniziano la sera di giovedì 2 ottobre, alle 20.30, quando “diversi droni sono stati avvistati nelle vicinanze e all’interno dell’aeroporto di Monaco”, riferisce il comunicato dell’aeroporto. Inizialmente, sono state interessate le zone circostanti. Ma poi i droni si avvicinano.
“Verso le 21:05 sono stati segnalati dei droni vicino alla recinzione dell’aeroporto. Verso le 22:10 è stato effettuato il primo avvistamento sul terreno dell’aeroporto. Di conseguenza, alle 22:18 le operazioni di volo sono state gradualmente sospese per motivi di sicurezza. La chiusura preventiva ha interessato entrambe le piste a partire dalle 22:35”.

Nel frattempo si mobilitava la polizia (statale e federale), avviando vaste operazioni di ricerca con un gran numero di agenti nelle vicinanze dell’aeroporto e sul terreno dello stesso. Sono stati dispiegati anche degli elicotteri per monitorare lo spazio aereo. “Tuttavia, non è stato ancora possibile identificare il responsabile.”

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Le conseguenze però sono state pesanti: 17 voli cancellati e 15 quelli deviati quella sera. Ma non era finita. Gli avvistamenti si sono infatti ripetuti venerdì sera (con altri voli cancellati o deviati) e sabato mattina. Sabato le compagnie aeree hanno cancellato circa 170 voli per motivi operativi. Ai passeggeri è stato chiesto di verificare lo stato del proprio volo sul sito web della compagnia aerea prima di recarsi in aeroporto.

Un portavoce della polizia ha dichiarato all’agenzia AFP che “poco prima delle 23:00 [presumibilmente di venerdì, ndr], le pattuglie della polizia hanno avvistato contemporaneamente due droni nelle vicinanze delle piste nord e sud. I droni si sono immediatamente allontanati, prima che potessero essere identificati”.

Il livello di allerta delle autorità è piuttosto alto. Mercoledì il governo tedesco dovrebbe approvare una modifica a una legge per consentire all’esercito di abbattere i droni, se necessario. Mentre il ministero dell’Interno bavarese ha richiesto il supporto dell’esercito tedesco per la sorveglianza.

Ma Monaco è solo l’ultimo di una serie di episodi che, a fine settembre, hanno portato alla chiusura di diversi aeroporti in Danimarca e Norvegia. In particolare l’aeroporto di Copenaghen è rimasto chiuso per quasi quattro ore il 22 settembre, dopo che due o tre droni erano stati avvistati nello spazio aereo. La polizia danese ha dichiarato di aver visto diversi droni di grandi dimensioni, probabilmente pilotati da un “operatore esperto”, sorvolare l’aeroporto. Le autorità non hanno abbattuto i droni a causa della vicinanza delle abitazioni locali e degli aerei passeggeri pieni di carburante, riferisce il FT.

Anche l’aeroporto Gardermoen di Oslo è stato chiuso per breve tempo quella stessa notte. Negli giorni successivi, altri aeroporti danesi, tra cui Aalborg, Billund e alcune basi militari, hanno subito incidenti simili.

La Danimarca non ha ancora indicato chi sia il responsabile, ma alcuni funzionari hanno vagamente messo in relazione questi avvistamenti con una serie di accertate violazioni dello spazio aereo della Nato da parte di droni e jet russi in Polonia, Romania ed Estonia. (In quel frangente alcuni droni sono stati abbattuti da jet fighter della Nato).
Nel caso degli avvistamenti sugli aeroporti, le autorità danesi hanno descritto l’attività come una probabile operazione ibrida volta a destabilizzare l’opinione pubblica e a compromettere le infrastrutture critiche.

Il dibattito sulla difesa UE
Sulla storia degli avvistamenti ci torniamo dopo. Ma va detto a questo punto che quanto accaduto ha accelerato il dibattito sullo stato delle capacità di difesa aerea europee, in particolare contro i droni. Molti paesi della Nato dispongono di costosi jet da combattimento e missili terra-aria, ma pochi dei sistemi più economici che l’Ucraina ha sperimentato per combattere i droni russi, che spesso costano solo 20.000 dollari rispetto ai 500.000 dollari di un singolo missile occidentale, nota il FT.
La risposta alle violazioni in Polonia – dove si sono usati F-35 per abbattere dei droni russi usati per attacchi in Ucraina – non è scalabile, notano i siti di settore. Serve un sistema chiamato Counter-UAS (dove UAS sta per Unmanned Aerial Systems, in pratica droni, ma anche il sistema per gestirli). Ma, scrive Dronewatch, “il concetto di Counter-UAS – rilevare, disturbare o neutralizzare i droni – è semplice in teoria ma estremamente complesso nella pratica. C’è una grande differenza tra abbattere una manciata di droni kamikaze Shahed e respingere un attacco coordinato che coinvolge decine o addirittura centinaia di sistemi, che vanno dai droni FPV guidati dall’intelligenza artificiale ai modelli kamikaze a lungo raggio. Ogni tipo di minaccia richiede diversi sistemi di rilevamento e contromisure: cinetiche (come missili, proiettili o droni intercettori) e non cinetiche (ad esempio, jamming o armi a energia diretta). Non esiste una soluzione universale valida per tutti i casi. La Nato non è preparata perché le dottrine militari tradizionali non si sono quasi per nulla adattate alla realtà della guerra con i droni”.

A livello politico, i ministri della Difesa dell’UE hanno approvato il concetto di drone wall, un “muro di droni” lungo il fianco orientale del blocco: una rete di sensori, sistemi di rilevamento e tecnologie anti-UAS. L’idea del muro di droni è stata lanciata dalla presidente della Commissione von der Leyen nel suo discorso sullo stato dell’Unione a settembre. Si tratta di uno dei quattro progetti prioritari in materia di difesa, insieme a un rafforzamento della sorveglianza delle frontiere, a un più ampio investimento nelle difese aeree e missilistiche e al potenziamento delle capacità europee in materia di intelligence e ricognizione satellitare.

“Il piano del muro di droni creerebbe una difesa aerea “a più livelli”, con un miglioramento dei sistemi di rilevamento e tracciamento e un’intercettazione innovativa e a basso costo. Si tratta della prima grande iniziativa della Commissione nel campo delle capacità di difesa, al di là dell’allentamento delle regole fiscali o della creazione di una linea di credito di 150 miliardi di euro per la difesa”, scrive il FT. Aggiungendo però che non tutti i Paesi europei ne sono entusiasti (tra questi il governo italiano, preoccupato di portare l’attenzione sui confini a sud e non solo quelli a est, e poco propenso a incentivare l’idea di una difesa europea).

L’analisi
Ora, se il quadro geopolitico e militare è chiaro, la vicenda specifica dei droni su aeroporti di Paesi europei anche lontani dal fronte russo-ucraino resta però avvolta al momento in una nebulosa. Chi è più cauto nell’analisi degli avvistamenti sono proprio i siti specializzati sui droni.
Ad esempio, nel caso dell’avvistamento a Copenhagen, sostiene Dronewatch, “l’oggetto in questione era quasi certamente un piccolo aereo gestito da una compagnia locale… Ciò suggerisce che la chiusura dell’aeroporto durata diverse ore nella notte scorsa sia stata causata da un errore di interpretazione”. Su una linea simile anche il sito Helicomitro.

Dronexl sembra invece dare credito ai casi danesi e norvegesi, mostrandosi un po’ più scettico nel caso di Monaco. Ipotizza che potrebbero collidere e intrecciarsi scenari diversi. Per capirci, casi che corrispondono a minacce reali, e casi che possono avere spiegazioni più casuali e fortuite. Ricorda gli avvistamenti avvenuti in New Jersey a fine 2024, quando “migliaia di segnalazioni di “droni” sono arrivate dal New Jersey e dagli stati confinanti. Il fenomeno ha scatenato paura diffusa, audizioni al Congresso e ha persino costretto l’allora presidente eletto Donald Trump a cancellare un viaggio al suo golf club di Bedminster. Le indagini federali hanno poi rivelato la realtà: la maggior parte degli avvistamenti riguardava velivoli con equipaggio che operavano legalmente”.

Dronelife ricorda i casi in UK, nel 2018, “con l’interruzione delle attività dell’aeroporto di Gatwick, dove segnalazioni di droni in prossimità della pista hanno causato il blocco di centinaia di voli. Nonostante il caos, non è mai stata confermata alcuna prova evidente della presenza di droni, a dimostrazione delle conseguenze che possono derivare dal considerare come fatti accertati avvistamenti incerti”.

Ricapitolando, ci sono stati numerosi casi di avvistamenti vicino ad aeroporti e basi militari. Non sono uscite ancora informazioni sufficienti per capire la natura di questi avvistamenti. In ogni caso, ci potrebbero essere differenze qualitative tra i vari casi. Sappiamo però che l’aviazione civile è sicuramente vulnerabile, perché anche avvistamenti non confermati possono fermare i voli e provocare disagi; che il rilevamento e l’attribuzione sono difficili; che l’allerta sulla questione sta crescendo; e che c’è una tensione politica a livello europeo su come meglio difendersi.
Tutto ciò in attesa di avere elementi più concreti.

SOCIAL NETWORK
La resistenza ai social media riparte dal Fediverso e dai server ribelli
Una ricostruzione di internet “dal basso” per combattere le aziende che mercificano i dati personali. Un libro teorizza il fediverso come campo base per l’attivismo digitale. Intervista all’autrice, Giuliana Sorci. Sul sito Guerredirete.it.

Un estratto dell’intervista:
“Il Fediverso, essendo composto da piattaforme indipendenti, alternative e interoperabili, infatti, non può essere considerato soltanto un’infrastruttura tecnica, ma riflette un progetto politico, in cui ogni comunità può dotarsi di regole proprie che si basano sui principi comuni e sugli interessi della comunità.

Usare il Fediverso significa dunque aderire a un’altra idea di socialità online, basata non sulla profilazione e sull’engagement forzato, ma sulla costruzione di legami reali e condivisi che vengono coltivati anche online.

La filosofia che viene incoraggiata dagli hacker che lo implementano è, infatti, quella di costruire tante comunità fondate su piccoli numeri, in cui le relazioni sono basate sulla fiducia, il rispetto reciproco e la condivisione di valori e principi comuni.

In questo senso, è utile fare riferimento alla distinzione di Ian Bogost tra social network e social media, ripresa in Server ribelli. Il social network è la rete sociale vera e propria, fatta di legami forti e deboli, che riflettono le dinamiche umane fondamentali e che esiste prima, e al di fuori, delle piattaforme digitali. Il social media, al contrario, rappresenta la trasformazione del network in strumento di comunicazione di massa, dove le relazioni non servono più a rafforzare legami ma a spettacolarizzare la vita degli utenti, rendendoli essi stessi prodotti da monetizzare”.


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