GUERRE DI RETE – Ulbricht, la grazia al fondatore di Silk Road
Carola Frediani ricostruisce la grazia al fondatore di Silk Road, condannato all’ergastolo per aver creato il sito crocevia per gli scambi illeciti del deepweb, dalle armi, alle droghe, ai sicari

Guerre di Rete – una newsletter di notizie cyber
di Carola Frediani
N.199 – 25 gennaio 2025
SILK ROAD LEGACY
Ulbricht libero, come si è arrivati al perdono del fondatore di Silk Road
Il 29 maggio 2015 una giudice di Manhattan condannava Ross Ulbricht all’ergastolo, con una serie di capi di imputazione legati al traffico internazionale di droga e al riciclaggio (e con l’ombra di aver provato a commissionare degli omicidi mai avvenuti, in un filone parallelo e controverso della sua vicenda, mai del tutto chiarito).
In ogni caso era un ergastolo senza possibilità di sospensione o condizionale. Insomma, fine pena mai, come venne titolato allora. A quel tempo il giovane texano, ex studente di fisica, ex boyscout dalla faccia pulita, divenuto un improbabile “American kingpin” (come il titolo di un libro a lui poi dedicato), aveva 31 anni.
Era stato arrestato dopo una lunga e complessa indagine, che lo aveva colto in flagranza, ovvero col computer acceso, in una biblioteca di San Francisco. Online era noto come Dread Pirate Roberts, il fondatore di Silk Road, che allora era il più grande e popolare mercato online per la compravendita di sostanze illecite. 14mila inserzioni nel settembre 2013, feedback degli utenti, forum di discussione, meccanismi di risoluzione delle dispute e garanzia sulle transazioni (tutte fra utenti anonimi), e una sorta di servizio clienti. Il tutto ammantato da una spiccata e sbandierata ideologia libertariana, nutrita di letture e filosofie anarco-capitaliste, come l’agorismo: l’idea di realizzare mercati neri basati su liberi scambi volontari, senza interferenze statali.
Unendo crittografia, rete Tor e Bitcoin, ma anche l’idea della partecipazione degli utenti, dei forum, dei meccanismi reputazionali alla eBay, Silk Road fu un conglomerato di novità: criminali, tecnologiche, ideologiche, sociologiche. Mandò in fibrillazione sia le forze dell’ordine sia la nascente comunità delle criptovalute, ma era ovviamente una fibrillazione di segno opposto.
Martedì Trump ha concesso il perdono presidenziale a Ulbricht, che ora, dopo oltre dieci anni di carcere, è un uomo libero. Per chi non lo sapesse mi occupai in presa diretta di tutta la vicenda in quegli anni, con un libro intitolato Deep Web. La Rete oltre Google (del 2014, quindi ormai datato e anche di difficile reperibilità) e innumerevoli articoli.
La liberazione di Ulbricht, altamente improbabile fino a qualche anno fa, nasce da un lavoro sotterraneo portato avanti da un po’ di tempo, se non da anni.
Certo, negli ultimi mesi non erano mancati gli indizi. Uno dei più importanti era stato l’intervento di Trump, lo scorso maggio, alla Convention del Partito Libertario. Partito che l’allora candidato stava corteggiando in campagna elettorale. Qui, in mezzo a un’accoglienza non propriamente positiva, Trump era riuscito a strappare un consenso convinto su una sua affermazione specifica: che si sarebbe impegnato a liberare Ross Ulbricht il primo giorno della sua presidenza (qui il video).
Non era un’uscita casuale. Nel dicembre 2023, Angela McArdle, la presidente del Partito Libertario, si era recata da Trump a Mar-a-Lago perché l’allora candidato voleva sapere come conquistare gli elettori libertari, un gruppo elettorale che pensava potesse essere decisivo per riottenere la presidenza. Lei aveva risposto: libera Ross Ulbricht.
E poi c’era stata una seconda promessa pubblica, dal palco della Bitcoin Conference di Nashville, a luglio (qui video).
Libertari e appassionati di criptovalute: sono questi i due gruppi (in parte in sovrapposizione) che più hanno spinto per il perdono a Ulbricht, le due constituencies che hanno fatto pressione su Trump e che nello stesso tempo il presidente ha voluto blandire.
Si è trattato di un lavoro sommerso da parte di investitori di criptovalute, politici libertari e dalla madre di Ross. “Quando l’anno scorso è apparso chiaro che Trump sarebbe stato il candidato repubblicano – scrive il NYT – questo gruppo ha iniziato a condurre una campagna di lobbying dietro le quinte per ottenere il perdono – impegnandosi anche a raccogliere fondi per la sua candidatura alle elezioni – in quello che si è trasformato poi in un caso di studio su come un gruppo di interesse specifico possa mobilitarsi per influenzare il presidente”.
L’amministrazione Biden infatti non aveva mancato di perseguire società di criptovalute per violazioni della normativa sugli strumenti finanziari. Durante la campagna elettorale invece Trump aveva abbracciato il mondo delle criptovalute, promettendo di porre fine al giro di vite e di rendere gli Stati Uniti “la capitale delle criptovalute del pianeta”.
Per questo l’industria delle criptovalute ha considerato le elezioni 2024 come un momento cruciale, e ha speso decine di milioni di dollari per sostenere i candidati che erano a favore di una regolamentazione più morbida per il settore. “Un super PAC chiamato Fairshake e due organizzazioni collegate, Protect Progress e Defend American Jobs, hanno speso un totale di circa 135 milioni di dollari, finanziati dalle donazioni delle società di criptovalute Coinbase e Ripple e dalla società di venture capital Andreessen Horowitz, che ha sostenuto oltre 100 start-up di criptovalute”, scrive in un diverso articolo il NYT. Secondo il tracker di Stand With Crypto, alla Camera dei Rappresentanti sarebbero stati eletti 253 candidati pro-cripto, contro 115 candidati anti-cripto. Al Senato 16 candidati pro-cripto e 12 anti-cripto.
“Le società di criptovalute sono di gran lunga i principali finanziatori corporate della politica nel 2024, dato che quasi la metà (48%) di tutti i fondi corporate versati durante le elezioni di quest’anno (248 milioni di dollari finora) provengono da finanziatori di criptovalute”, scriveva ad agosto 2024 la no profit a tutela dei consumatori Public Citizen in un report. Il colosso industriale Koch stava a un lontano secondo posto. (Per una analisi più aggiornata e complessiva della spesa tech in generale, e crypto in particolare, rimando a questa analisi del Guardian).
“Per gli americani che sperano che il governo federale dia la priorità al loro interesse per un’economia stabile e che reprima gli schemi e le truffe di tipo Ponzi, la corruzione del nostro processo politico da parte dell’influenza corporate dell’industria di criptovalute non può che essere un peggioramento”, scriveva ancora il report.
Intanto oggi molti si chiedono che futuro ci sarà, quale ruolo, per Ross Ulbricht. La testata Fortune fa il punto sulla sua situazione legale e sui suoi bitcoin che furono messi all’asta (e, col senno di poi, svenduti).
Intanto lui ha rilasciato un video su X dove ringrazia Trump, “uomo di parola”. E dice che ora starà con la famiglia, ma che ci sarà molto di cui parlare.
Silk Road “ha fatto avvicinare un milione di persone a Bitcoin”, ha dichiarato al NYT David Bailey, amministratore delegato della testata giornalistica Bitcoin Magazine, che si è battuto per il rilascio di Ulbricht. “Lui rappresenta molte delle visioni ideologiche della nostra comunità”.
Indubbiamente se ne tornerà a parlare.
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