Hello! Spank – Il film. Le pene d’amore di Spank, di Shigetsugu Yoshida
Non solo conserva lo spirito caotico della serie animata, ma esalta tutte le formule che hanno permesso al suo eponimo e deliberatamente ridicolo protagonista di entrare nell’immaginario collettivo

L’eponimo “eroe” di Hello! Spank è sempre stato un personaggio deliberatamente ridicolo. Il suo ruolo all’interno della narrazione, oltre a quello di figura accentratrice delle storie e delle (dis)avventure a cui va quotidianamente incontro insieme alla sua giovane (e solitaria) proprietaria, è da osservare alla stregua di un vero e proprio catalizzatore umoristico: tanto che lo spirito caotico dell’esilarante cagnetto non solo lo porta ad essere costantemente fuori contesto, in qualsiasi luogo o cornice si trovi – suo malgrado – ad operare; ma consente agli autori di mettere in moto quell’escalation di situazioni/azioni al limite dell’assurdo, necessarie per generare l’investimento emotivo del pubblico (o del lettore) in intrecci contraddistinti da una carica anarchica spesso travolgente. Un portato di registri e di esigenze drammaturgiche che questo Hello! Spank – Il film. Le pene d’amore di Spank indubbiamente pone al centro del suo racconto, con l’obiettivo di condurlo verso nuovi – e più enfatizzanti – orizzonti.
Adattato dall’omonimo manga di Shun’ichi Yukimuro e Shizue Takanashi, poi trasposto dalla TMS (lo stesso studio di Lupin III) in una popolarissima serie anime del 1981, il primo ed unico lungometraggio di Hello! Spank non ha alcuna intenzione di tradire la materia di partenza. Anzi, sulla scia delle migliori trasposizioni cinematografiche degli shōjo (fumetti nipponici tarati su una platea di giovani lettrici) individua nella macchina-cinema lo strumento con cui rielaborare i codici contraddistintivi dell’opera cartacea/televisiva, per poi portare definitivamente a sublimazione i temi e le ricette (narrative, estetiche e tonali) che hanno permesso in primo luogo al manga e all’anime seriale di trovare il successo presso un pubblico ampio e trasversale. E non sorprende, da questo punto di vista, che Hello! Spank – Il film. Le pene d’amore di Spank ragioni sulla carica autoironica del suo eponimo protagonista, restituendo ulteriore risonanza allo spirito dissacrante della storia che andrà a raccontare per mezzo proprio della naturalezza con cui lega la condizione “esistenziale” del personaggio a quella della giovane Aiko: il cui spettro emotivo funge sempre da specchio rifrangente delle emozioni provate dal suo animale domestico.
Sin dall’incipit, il lungometraggio mette perciò in sovrapposizione i cammini dei due personaggi. Spank, folgorato dalla visione di una cagnetta di nome Anna, cerca di convincere la ragazza ad intrecciare un’amicizia con Sho Shimada, il giovane proprietario del cane appena arrivato in Giappone con la madre violinista dopo una lunga tournée all’estero. Il ragazzo, proprio come Aiko o lo stesso protagonista, lotta interiormente con un senso di solitudine derivato dall’assenza genitoriale e dalla sua natura di apolide, da cui nasce una desensibilizzazione emotiva che i suoi nuovi compagni tenteranno in ogni modo di disinnescare. E più il racconto sovrappone gli esilaranti tentativi del protagonista di sedurre Anna alla costruzione, da parte di Aiko, della complicità con il suo coetaneo, più il lungometraggio connette le figure centrali di Hello! Spank – Il film. Le pene d’amore di Spank ad uno stesso filo, restituendo ancora più enfasi allo spirito anarchico dell’opera originale.
Poi certo, rispetto ai grandi adattamenti shōjo degli anni Ottanta – si pensi ai deliri onirici di Lamù – Beautiful Dreamer di Mamoru Oshii o di Kimagure Orange Road: I Want to Return to that Day – Hello! Spank – Il film. Le pene d’amore di Spank non traghetta mai la sua storia in territori precedentemente inesplorati, sia dagli autori del manga/anime, sia da altri esponenti dell’animazione nipponica. Però la propensione con cui gli sceneggiatori di TMS scardinano in profondità il cuore tematico del testo originario, replicando organicamente i codici che lo hanno reso così popolare, non può che risultare encomiabile, anche agli occhi di chi non gode di una totale familiarità con il racconto di partenza e con il suo imbranato, e meravigliosamente ridicolo, protagonista.
Titolo originale: Gekijôban Ohayô! Supanku
Regia: Shigetsugu Yoshida
Voci: Kei Tomiyama, Mari Okamoto, Noriko Tsukase, Rihoko Yoshida, Kazuhiko Inoue, Minori Matsushima, Masako Sugaya, Yoneko Matsukane, Daijiro Tsutsumi
Distribuzione: Nexo Digital
Durata: 99′
Origine: Giappone, 1982