Hen, di György Pálfi
Tra il coming of age animale, l’umoristico e il thriller cupo, l’autore ungherese crede ancora in un cinema fatto di corpi o(n)sceni. #RoFF20. Progressive Cinema
Nel grottesco body-horror Taxidermia, che nel 2006 aveva lasciato il segno al Festival di Cannes in dove era stato presentato nella sezione Un certain regard, tra l’ossessione dei corpi “immagine” delle nevrosi di un soldato semplice, una gallina si muoveva come un’ombra in quella desolata fattoria dell’Ungheria in guerra. Quegli sguardi sporadici sul giovane Morosgovány – imprigionato nelle sue pulsioni masturbatorie – avevano tanto l’aria di una coscienza animale nella terra degli uomini.
E così, dopo quasi vent’anni da quello sguardo brutale sulla sua Ungheria del secondo Novecento, György Pálfi crede ancora in un cinema fatto di corpi o(n)sceni, e lo dimostra sin dall’incipit di Hen, in concorso “Progressive Cinema” alla festa del Cinema di Roma. Un dettaglio (schiacciante) in apertura sull’utero di una gallina che depone l’uovo e un pulcino viene al mondo. Ma un piccolo particolare, come il nero delle sue piume, lo risparmia al destino dei suoi simili.
Il pulcino cresce e diventa una gallina che la camera di Pálfi tartasserà nei percorsi del suo innocente vagabondare – prima nel mezzo del mercato, poi sballottolata in un autogrill, tra i manifestanti di un corteo e infine in una fattoria che guarda sulla costa greca.
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Pálfi struttura il suo racconto a partire dall’immagine smodata e sincera di una nuova vita: esito di un cinema che non conosce fuori-campo, ma solo l’empatia per quel che rientra nei confini del frame. La gallina vive i fremiti della paura, assiste alla violenza e sperimenta l’amore, mentre becca di qua e di là, tra schiamazzi e silenzi, a volte spassosi altre melanconici.
Si potrebbe parlare di Hen come un bestiario sensibile che guarda ai vari Cow di Andrea Arnold e alla rilettura bressoniana di Jerzy Solimowski in EO; e invece il film di Palfi sceglie di essere (anche) altro mentre si districa tra il “coming of age animale”, la commedia umoristica e il thriller cupo.
Certo, la regia dell’ungherese si compiace molto tra i chiaroscuri e i primissimi piani del pennuto, ma esplora nuove linee narrative allo stesso passo con cui la gallina conosce crepe e corruzioni del mondo umano attorno a sé.
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