High Maintenance. Vita e opere di Dani Karavan, di Barak Heymann

Documentario davvero riuscito, a tratti assai coinvolgente, su un grande artista, lo scultore israeliano Dani Karavan, scomparso nel 2021, dopo aver diffuso il suo genio in ogni angolo del mondo

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“Non voglio essere un eroe in cultura, in guerra dovresti essere un eroe. Nella cultura devi essere anticonformista”. Queste sono le parole dello scultore israeliano Dani Karavan che fanno da incipit al bel documentario del connazionale regista quarantasettenne Barak Heymann. La natura per lo scultore, scomparso nel 2021, era il suo capo. Arrivava in un luogo e quel luogo gli parlava. La sua natura era politica e lui rispondeva agli eventi in modo politico. Dani Karavan, uno dei più importanti artisti dell’arte contemporanea, si lascia intervistare percorrendo le sue monumentali opere e discutendo con ardore e trasporto a tutte le sollecitazioni del regista. Esilarante quando Karavan scopre che l’operatore verso il quale si rivolge durante le riprese, non conosce “Guernica” di Picasso e allora a quel punto gli viene il desiderio di abbandonare l’idea di prestarsi alla realizzazione del documentario. Poi, accompagnato sempre da una delle sue figlie, si lamenta dell’incuria verso cui versano le sue opere e cresce forte a quel punto anche un sentimento di scoramento. Davvero un documentario da vedere, perché capace di avvicinare l’arte di Karavan e di far conoscere l’uomo nella sua quotidianità da persona anziana e con le sue difficoltà naturali.

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Appunto, la natura, ancora una volta. Ad un certo punto appare Wim Wenders e parte una lunga chiacchierata. Il regista tedesco scopre che il sogno più grande di Karavan è ricreare “Il giardino dei Finzi Contini”, ricreare qualcosa che non esiste, ricreare il vuoto. Nel 2018 il MEIS – Museo dell’Ebraismo Italiano e della Shoah gli ha dedicato una grande mostra “Il giardino che non c’è” ispirata a “Il giardino dei Finzi Contini” di Giorgio Bassani. Non c’è nel documentario, ma sarebbe stato bello ci fosse stato. C’è un vuoto ed è caratterizzato dall’assenza di quel video realizzato dall’artista durante l’installazione creata per la Kunstsammlung Nordrhein-Westfalen a Dusseldorf (8 luglio-27 agosto 1989). È un montaggio di sequenze in cui appare l’immagine di un uomo che percorre delle rotaie fino a quando non svanisce, in lontananza. Completi di traversine e di massicciato, i binari terminano contro un muro sul quale compare il numero dell’ultimo prigioniero liberato ad Auschwitz. Karavan sembra esortarci a seguire l’uomo, come atto di partecipazione e di adesione a una memoria dolorosa e collettiva, rivissuta al presente.

Una memoria che si trasforma in proiezione e immagine nello spazio, evocatrice di un contesto socio-politico che ha generato ciò che è stato. In questo senso il ricordo si fa garante di un futuro che non ha nessuna intenzione di dimenticare. Dani Karavan ha nutrito da sempre un forte legame con la terra, realizzando strutture primarie e minimali che vengono accolte nel paesaggio diventando tutt’uno con esso. Autore di memoriali monumentali, tra i quali: Passages – Omaggio a Walter Benjamin (Portbou, 1990-1994); The Way of Human Rights – La via dei Diritti Umani (Norimberga, 1993); The Sinti & Roma Memorial (Berlino, 1999-2012), le opere di Karavan manifestano un collegamento con la storia dei luoghi, perpetuando la memoria di persone e popoli che hanno subito violenze e discriminazioni. Nel 1976 Karavan ha rappresentato Israele alla Biennale di Venezia con un’installazione intitolata Ambiente per la pace e un anno dopo è stato invitato a partecipare a Documenta 6 di Kassel. L’artista è stato insignito di prestigiosi premi come l’Israel Prize (1977) e il Praemium Imperiale – Premio Nobel per le arti (1998). Come un politico, perché le sue opere sono carichi di messaggi non sempre comprensibili, praticamente mai, anche se tra il politico e Karavan c’è una leggerissima differenza di profondità…

 

Titolo originale: Dani Karavan
Regia: Barak Heymann
Distribuzione: Bloom Cinema
Durata: 66’
Origine: Israele, 2020

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3.7
Sending
Il voto dei lettori
5 (1 voto)
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