"Ho diretto Zatoichi a occhi chiusi, il problema è che non ricordo mai le mie battute" – Intervista con Takeshi Kitano.

Dopo essere stato presentato in concorso all'ultima mostra di Venezia, esce in sala "Zatoichi" del giapponese Takeshi Kitano. Il regista, in questa intervista, parla della costruzione del suo personaggio, della sua leggenda, della cecità, della danza finale. E di molto altro…

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a cura di Fulvio Baglivi e Francesco Zippel

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Seduto su una poltroncina bianca, il cineasta di Asakusa chiede se può accendersi una sigaretta prima di iniziare l'intervista. I suoi occhi tentano di schivare l'occhio dell'interlocutore proprio mentre lo guardano incuriosito. L'intervista inizia, la battuta è sempre pronta sulle sue labbra ma l'amore per il suo mestiere lo porta ad addentrarsi in questioni di ogni sorta. Ecco un ritratto inedito dell'eroe di Zatoichi.


 


Partiamo dal principio. Vuole parlarmi della leggenda di Zatoichi?


Zatoichi è uno degli eroi più celebri dei film storici giapponesi, penso che tutte le persone in Giappone di almeno trent'anni sappiano chi sia. Dato che è ormai da più di dieci anni che non è stato realizzato un film su di lui, ora ci sono però giapponesi che non sanno nulla di lui. La mia speranza è che questo film offra loro l'opportunità di conoscerlo.


 


Quando ha deciso di far tornare Zatoichi sullo schermo?


Il progetto mi è stato proposto abbastanza inaspettatamente dalla signora Chieko Saito, uno dei miei mentori durante il mio periodo ad Asakusa. Lei era un'ottima amica di Shintaro Katsu, l'interprete della serie di Zatoichi che è andata in onda dal 1962 al 1989. Pochi anni fa mi chiese se avessi voluto dare un seguito a quelle storie, la cosa mi interessava ma non avevo mai diretto un film storico. Quando poi mi disse che avrei dovuto anche interpretare Zatoichi mi prese un vero attacco di panico, ero convinto che fosse impossibile sostituire Shintaro Katsu. A quel punto rifiutai delicatamente la proposta ma la Saito non volle saperne, non esisteva la parola no per lei. Cedetti a una sola condizione: avere la possibilità di fare il film che avrei voluto, pur tenendo fermo il fatto che il protagonista si sarebbe chiamato Zatoichi e sarebbe stato un massaggiatore cieco esperto di arti marziali. Il resto avrebbe dovuto essere interamente frutto della mia fantasia. Così è stato.

Come ha costruito il suo Zatoichi?


La mia sceneggiatura non è basata su nessuno degli episodi delle serie di Katsu, né ho cercato in alcun modo di riproporre il suo personaggio. Dopo avere accettato di fare il film, uno dei produttori, che aveva lavorato con Katsu, mi ha dato venticinque vhs della serie originale, ma ne ho guardati solo due. La storia del primo episodio era raccontata in una maniera molto piana, standard direi, la seconda era fatta allo stesso modo, così ho deciso di non proseguire con le altre ventitré. La serie di Katsu era quasi una piattaforma predisposta per far risaltare le sue grandi abilità. Ho cercato di creare una nuova versione Zatoichi, diversa tanto dal punto di vista psicologico quanto da quello fisico. Lo Zatoichi originale aveva i capelli neri, era vestito con un kimono chiaro e portava con sé una bastone marrone. Ho subito pensato che il mio Zatoichi avrebbe dovuto invece essere un tipo piuttosto eccentrico, i suoi capelli sono infatti biondi e il colore del suo bastone è rosso sangue. Nella mia idea il personaggio avrebbe dovuto essere una sorta di specchio dei nostri tempi. Poi mentre lo Zatoichi originale era una persona aperta con gli altri, sempre amabile, il mio è invece molto appartato, difficile nei rapporti con gli altri. Il mio Zatoichi preferisce trucidare i cattivi piuttosto che familiarizzare con le brave persone. Arricchire il personaggio è stato il mio obiettivo. Ho così deciso di inserire altri elementi come il ballo, la commedia, il ritmo, la musica così da poter lavorare su dei sub-plots, su azioni secondarie piuttosto che su un'unica trama lineare, per poter così dare un tocco più moderno al tutto.


 


È stato difficile dirigersi a 'occhi chiusi'?


Non è stato così difficile, cercavo sempre di tenere gli occhi aperti fino a quando non sentivo la parola 'azione', per poi riaprirli quando sentivo 'cut'. Sul set non facevo che studiare le posizioni della mia controfigura mentre provavamo i ciak e immaginarmi a occhi chiusi in quel preciso momento. Poi non facevo altro che sbirciare le riprese sui video del set, non avevo dei così grandi problemi a 'vedermi' cieco. Il mio problema è stato invece sempre quello di ricordarmi le battute. Quando giro ho sempre avuto davanti a me l'assistente alla regia con cartelli scritti a caratteri cubitali dove ci sono tutte le mie battute. La parte complicata in Zatoichi è stata quella di leggere i cartelli avendo gli occhi chiusi.

Vede il suo Zatoichi come una sorta di supereroe nella concezione hollywoodiana del termine?


Penso che tu abbia ragione. Se lo guardiamo da una prospettiva realistica è indubbiamente facile sconfiggere Zatoichi perché è sufficiente un bastone più lungo del suo per ferirlo a morte. Devi per forza disinteressarti di questi aspetti quando ti metti a realizzare un film del genere. In questo senso Zatoichi è un supereroe dal sapore decisamente hollywoodiano.


 


Zatoichi è una sorta di angelo sterminatore, ovunque vada una striscia di sangue lo segue. Qual è il suo rapporto con la morte?


Ogni essere umano non può decidere quando nascere ne può stabilire, a parte casi disperati, per quanto tempo vivere. È facile ignorare la presenza della morte nella nostra vita e cercare di vivere facendo finta che non esista. La morte è qualcosa che ti segue in ogni momento. Per me sarebbe innaturale pensare alla vita e alla morte come a due elementi differenti. Io penso di essere sempre, costantemente pronto al suo arrivo, senza naturalmente essere attratto o, ancor peggio, ossessionato dalla faccenda. Piuttosto credo che se uno è ossessionato con la morte lo è di converso anche con la vita.

Il film si conclude con una magnifica danza. Da dove viene questo ballo?


Sin dalle prime fasi di stesura della sceneggiatura ho pensato di far terminare il film con una gigantesca danza finale. Questa scena viene introdotta idealmente sin dall'inizio quando vediamo i contadini zappare al ritmo di musica, in una sorta di intro dell'esplosione finale di musica. Il ritmo è stato un elemento cruciale in questo film, non solo nelle scene danzate ma anche in quelle drammatiche e soprattutto nelle sequenze dei combattimenti di Zatoichi. Ho avuto sempre presente la sua importanza mentre giravo ogni singola scena del film, cercando di mantenere una certa andatura che avrebbe poi portato alla sequenza finale. Una volta finito il film ho poi cercato di fare in modo che il montaggio, i rumori, le parole e la musica facessero il resto. La scena finale è stata possibile solo grazie all'opera del gruppo di ballo giapponese The Stripes. Il loro stile di ballo è completamente diverso da quello tradizionale a cui ero abituato e la loro scelta mi è sembrata la più adatta per quel tipo di finale.


 


A proposito di musica. Che fine ha fatto il suo compositore di fiducia Joe Hisaishi?


Joe Hisaishi è diventato sempre più popolare con il passare degli anni, ormai è uno dei più grandi compositori del Giappone, ed ormai è diventato troppo costoso per le nostre tasche. Ho pensato così di lavorare con uno più economico. Joe deve ridurre le sue pretese per lavorare di nuovo con me (segue la sua classica risata a scatti).


 


In Zatoichi lei ricorre a molti effetti di computer graphic.


Ho usato molte volte la computer graphic nel film soprattutto per tutti gli effetti legati al sangue. La mia intenzione era quella di esagerare gli spargimenti di sangue per dare al tutto un tocco da cartoon o meglio da videogame. Volevo rendere le scene dei combattimenti il più possibile surreali, divertenti, mi piaceva l'idea di rendere colpi e ferite il più possibile in una dimensione grafica.


 


Zatoichi contiene anche un esplicito riferimento ai Sette Samurai di Kurosawa. Vuole parlarne?


So che Kurosawa girava tantissimi ciak di un combattimenti, pianificati  sempre in precedenza nei minimi dettagli, così da ottenere un impatto tremendo. Bisogna avere una grande resistenza per lavorare come faceva lui. La scena sotto la pioggia è il mio omaggio a questo grandissimo regista. La cosa divertente di quella scena è che mentre la giravamo improvvisamente non solo ha iniziato a fare freddo ma l'odore della pioggia è cambiato. L'acqua di scorta era finita e i tecnici sono stati costretti ad attingere a quella del lago delle carpe. Un vero schifo, sembrava che piovessero carpe dal cielo.

Come nei film di samurai di Kurosawa, anche lei in questo film ha prestato un'attenzione particolare al montaggio.


Senza dubbio. Ho dovuto fare molti più tagli di montaggio in Zatoichi rispetto ai miei film precedenti. Avevo bisogno di molte riprese differenti per nascondere le imperfezioni, dal momento che gli attori indossavano parrucche e kimono e ogni dettaglio doveva comunque essere al suo posto. Utilizzare numerosi frammenti brevi è una norma soprattutto quando ci sono molti movimenti di macchina. Un film storico senza movimenti di macchina rischierebbe altrimenti di assomigliare a un film muto.


 


Dopo aver dato un seguito allo Zatoichi originale pensa di fare come Shintaro Katsu e riproporlo ancora in altri film o serie tv?


Forse farò un prequel che inizia con Zatoichi cullato dal padre mentre riposa ad occhi chiusi. Scherzi a parte non credo che farò un sequel.


 


Pensa di ripetere l'esperienza di Brother e di tornare a lavorare negli Usa?


Ti racconto una cosa. Nel mio paese non posso muovermi senza essere immediatamente riconosciuto. Al Lido sono uscito per vedere il poster del film che dista 50 metri dall'albergo e ci ho impiegato un'ora e mezza per arrivarci per la ressa che si era creata. Laggiù nessuno mi conosce, perché dovrei rovinarmi ancora di più la vita? (ride divertito).

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