"Ho voglia di te", di Luis Prieto

Manca l'immagine nitida di "questo" presente nel film di Prieto, una precisa corrispondenza tra plot e sfondo che sia emotiva prima ancora che sociologica. L'arresto sul "momento" è soltanto un tentativo vago, operato ad un livello superficiale del racconto, quello dei telefonini, dei nomi trasformati in nick e dei catenacci di Ponte Milvio.

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Arrivata al secondo capitolo, la trasposizione cinematografica del complessivo romanzo generazionale di Federico Moccia passa – senza grandi sussulti – dalle mani dell'italiano Lucini a quelle dello spagnolo Luis Prieto, ribadendo lo stesso formato da fast-movie: un film-snack pensato per rinfrescare senza appesantire, un cinema dal sapore tenue ma immediato.

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Rispetto al primo episodio, questo di Prieto accentua il tradizionale intrecciarsi di micro-storie – l'allargamento dello sguardo ai lati della coppia di protagonisti –  sviluppando la propria vocazione a farsi quadro, ritratto di gruppo, a mischiare insieme vicende, ruoli ed età diverse.


Eppure a conti fatti, a restare paradossalmente fuori – in un racconto che mira a filmare l'idea stessa di giovinezza e, gonfiandosi in saga, il suo inevitabile dissolversi – è una fondamentale dimensione del Tempo. Manca la percezione esatta di un presente collettivo a cui concedersi ed appartenere, quello che per la giovane Sophie Marceau sarebbe rimasto in eterno il suo "tempo delle mele" e che qui resta tempo anonimo, irriconoscibile perché senza forma, e per questo estraneo.
Manca l'immagine nitida di "questo" presente, una precisa corrispondenza tra plot e sfondo che sia emotiva prima ancora che sociologica.  L'arresto sul "momento" – il fotogramma della Storia in cui riconoscersi – è soltanto un tentativo vago, operato ad un livello superficiale del racconto, quello dei telefonini, dei nomi trasformati in nick e dei catenacci di Ponte Milvio. I personaggi restano invece rinchiusi nelle categorie atemporali della favola morale, nell'immobile reiterazione di ruoli eterni e dialoghi senza età.   
Nelle loro azioni non c'è ombra di ambiguità, nessuna resistenza all'inerzia conformista del narrato, né tracce di una verità esplorata e rappresentata.
Si tratta piuttosto della versione adolescenziale di tanto cinema ingessato e consolatorio, abitato da innamorati che cenano insieme alle otto, da giovani che lavorano per l'immonda televisione ma segretamente sognano di studiare a Parigi, ragazzine sempre pronte a passarsi preservativi ma che se mai finiscono incinte, alla fine decidono ovviamente di tenerlo
. 


La trasposizione di Prieto conserva, in questo senso, la stessa sottile consistenza della pagina di Moccia, la stessa natura volatile da consumo istantaneo, con le immagini che sembrano comporsi soltanto provvisoriamente per poi sciogliersi un secondo dopo, nell'urgenza di farsi racconto e trita lovestory.


Regia: Luis Prieto.
Interpreti: Riccardo Scamarcio, Laura Chiatti, Katy Louise Saunders, Filippo Nigro,
Distribuzione: Warner Bros. Italia
Durata: 110'
Origine: Italia 2007.

 



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