HORROR & SF – Safety Not Guaranteed
Se i riferimenti scientifici sono ben nascosti o lateralizzati, è il cuore della vicenda che muove e giustifica l’impossibile vicenda scientifica. I nativi digitali Jeff e Darius, si ritrovano catapultati ad Ocean View, in un luogo che è assieme la loro adolescenza e la loro maturità
50 giorni fa, nel 2012, la Philosophy of Science Association e il British Journal for the Philosophy of Science (tra gli altri) hanno festeggiato il mezzo secolo di una delle grandi rivoluzioni scientifiche del ‘900, una rivoluzione che è scientifica e letteraria assieme, una rivoluzione osteggiata da Karl Popper, una rivoluzione che si può trovare non in un laboratorio o in un centro di ricerca, ma in una qualunque illuminata biblioteca, sotto la classificazione decimale Dewey “Kuhn, Thomas, La struttura delle rivoluzioni scientifiche”. Testo fondamentale dell’epistemologia contemporanea, è dal 1962 che tira fuori la scienza – e i ragionamenti attorno ad essa – dalle secche di una visione personale, solitaria, romantica, spostando la riflessione storica e filosofica sui rapporti di forza, sulle dinamiche interne, sulle comunità.
Nel ristretto spazio di questa incommensurabile recensione, tenteremo timidamente ed ereticamente di tracciare un rapporto tra la “comunità scientifica” e la “comunità cinematografica”, in ossequio all’idea che se nell’opera di Kuhn la riflessione è posta sulle scienze naturali e sui vari periodi di rifiuto-elaborazione-accettazione cui vanno incontro le teorie che portano ad un cambiamento di paradigma, nelle scienze umane il risultato più significativo potrebbe essere quello di spostarsi di 180° gradi e valutare come nei vari segmenti della società vengono segnalate, analizzate, affrontate, respinte, metabolizzate tali rivoluzioni scientifiche. E lo facciamo a partire dalla fisica e da termini come entanglement quantistico, universo olografico, wormhole, materia oscura, sempre più familiari per lo spettatore medio di un gran numero di trasversali produzioni americane – blockbuster, indie-movie, tv-series, web-series. Rispetto ai ’90 di Terminator 2, Jurassik Park, Independence Day, caratterizzati da una fantascienza teorica di conoscenza e comprensione comune, e dopo le forche digitali di Matrix e eXistenZ, siamo adesso investiti sullo schermo da tutta una serie di concetti e dati provenienti dalla cosmologia e dalla meccanica quantistica più avanzate e audaci, che offrono spesso conseguenze e soluzioni di non immediata – appunto – conoscenza e comprensione. Dalla nidiata televisiva Lost/Fringe/Flashforward/The Event a pellicole come Pandorum, The Box, Star Trek, Source Code, Looper, la “crisi del paradigma” è pienamente consumata, con l’individuazione delle “anomalie” nell’avvento dei superhero-movies, che con la loro biologia e fisica “straordinarie” hanno portato alle avvisaglie del passaggio di paradigma.
Frammento di questa “rivoluzione cinematografica” è Safety Not Guaranteed, primo lungometraggio per il regista Colin Trevorrow – autore nel lontano 2002 di Home Base, uno dei primordiali video virali della rete – e lo sceneggiatore Derek
SNG è un indicatore per misurare il livello di inoculazione del cambio di paradigma di cui sopra, che arriva a lambire una pellicola indie e un genere come la commedia – movimento avvistato negli ibridi Another Earth e il prossimo Upside Down –, trovando una naturale e continua congiunzione nello spettro emozionale del film. Se infatti i riferimenti scientifici sono ben nascosti o lateralizzati – Kenneth che parla della forma a “V” degli eventi, come l’Ipertempo di Grant Morrison, come la teoria a molti mondi di Hugh Everett III –, è il cuore della vicenda che muove e giustifica l’impossibile vicenda scientifica. I nativi digitali Jeff e Darius, adulti in una città che ha visto l’ascesa del grunge e dei movimenti antagonisti, e che adesso è la sede di multinazionali come Amazon e Starbucks, si ritrovano catapultati ad Ocean View, in un luogo che è assieme la loro adolescenza e la loro maturità, confrontandosi nei brevi e dolorosi giorni del viaggio con rimorsi, rimpianti, ricordi indifferentemente di quello che è stato e che poteva essere e che sarà. Così mentre la diade Jeff/Kenneth si dispiega nella ricerca non tanto del tempo passato, ma dell’attualizzazione di quanto perduto, Arnau fa le sue prime esperienze sessuali, alcoliche, per niente ottenebrato dai colori algidi della cittadina, della vicenda. Nonostante infatti gli spazi siano wide, la luce che li illumina è quella dell’inverno, il freddo che li spazza è quello proveniente dall’oceano, e Trevorrow sottolinea questo inscrivendo i vari personaggi in luoghi sì accoglienti e minuziosi, ma lontani programmaticamente dall’essere quello che il redattore e la stagista possono avere. Tanto che l’intera Ocean View si può identificare in Liz, l’amore sfiorito e abbandonato, che nel corso della storia viene di nuovo e per sempre allontanato, perdendosi nelle pieghe del non-detto, del fuori campo, come avveniva con l’abbandono del grande amore di Steve Carell in Cercasi amico per la fine del mondo. Alla fine, non ci può essere disgiunzione tra la persona e il luogo, tra il tempo e le emozioni, si tratta della stessa trafalmadoriana sfera, poiché come afferma lo schroedingeriano pazzo-non pazzo Kenneth, “it’s not about a girl, it’s about a time and a place”.